Dal momento che non ho un dio, né una fede, né troppe certezze, tutt’altro, da un certo giorno della mia vita ho trovato nel pensiero della morte il pensiero guida. La più grande fregatura della nostra esistenza è il tempo che va.
Sono cresciuto a pane e olio del mio paese (Cortona) e canzoni di De André, ma, in assoluto, la canzone che preferisco è di Francesco Guccini: La canzone della bambina portoghese.
Ci sono due passaggi, che sento come miei.
Quello sul tempo
Ti accorgerai
che una sera o una stagione
son come lampi
luci accese e dopo spente
quello sulle certezze degli uomini
Tutti chiusi in tante celle
fanno a chi parla più forte
per non dir che stelle e morte
fan paura
Se non avessi vissuto, ogni minuto, sempre, col pensiero del tempo che va sarei qualcosa che non vorrei essere, anche se, certo, la mia vita sarebbe meno incasinata.
Ho un unico grande dispiacere: di aver fatto piangere qualcuno, a volte.
Ho da fare per un paio di giorni, ora. Incombe questa cosa qua.
Ho cose da raccontare, presto. Spero novità: sul mio primo libro-fantasma, Il quaderno delle voci rubate (dove il tempo che va e le certezze urlate ma che poi si sgretolano come argilla ci sono, certo).
E buone cose a tutti
Quella canzone è anche tra le mie preferite, e anche quel disco.