Esce il 13 ottobre, per la casa editrice Perdisa Pop diretta da Luigi Bernardi, collana I corsari
La copertina è questa:
Questo è l’incipit.
Sotto i portici, di notte passate le tre, il manichino nudo e senza sesso del negozio d’abbigliamento non si vergogna, come succede di giorno, se qualcuno, per caso, si ferma e lo osserva.
E’ una notte di marzo. Sta diluviando.
In questo momento Paolo Limara, fissando la vetrina col manichino nudo, ha appena incrociato i suoi occhi. Non l’ha fatto apposta, non avrebbe voluto, eppure è successo. Fissando le palpebre di plastica, socchiuse e spente del manichino, è successo che Limara ha visto i suoi, di occhi, persi come due monete nel tombino, bersagliato dalla pioggia e che, proprio adesso, è stato scosso violentemente da un’auto in corsa.
Eh, Remo, è complicato, sai? Il fatto è che ho tirato a indovinare, cioè ho fatto 2 + 2 tra un po’ di capisaldi dell’arte novecentesca; gli oggetti che ti vedono sono proprî della natura morta da Cézanne in poi, come anche le bottiglie, chessò, di Morandi e della natura morta che conta nel ‘900 – compresi anche il dadà e il surrealismo, che decontestualizzano, e lasciano gli oggetti liberi di avere una vita autonoma (la bottiglia non “serve” più a contenere necessariamente liquidi, un orologio non è uno strumento per misurare il tempo e osservare le scadenze, e ceci n’est pas une pipe). Insomma, ho fatto libere associazioni.
Quanto al cambiare la propria vita, tiro il concetto fuori da Rilke, ovvio:
Archaischer Torso Apollos
Wir kannten nicht sein unerhörtes Haupt,
darin die Augenäpfel reiften. Aber
sein Torso glüht noch wie ein Kandelaber,
in dem sein Schauen, nur zurückgeschraubt,
sich hält und glänzt. Sonst könnte nicht der Bug
der Brust dich blenden, und im leisen Drehen
der Lenden könnte nicht ein Lächeln gehen
zu jener Mitte, die die Zeugung trug.
Sonst stünde dieser Stein enstellt und kurz
unter der Shultern durchsichtigem Sturz
und flimmerte nicht so wie Raubtierfelle;
und brächte nicht aus allen seinen Rändern
aus wie ein Stern: denn da ist keine Stelle,
die dich nicht sieht. Du mußt dein Leben ändern.
Io il tedesco ovviamente non lo capisco, quindi mi sono servito d’un’ottima versione inglese (quelle italiane sono terrificanti, a quello che ho visto, necessiterebbero di traduzione a loro volta) per cavarne ‘sta gnagnera:
Torso arcaico d’Apollo
Non possiamo conoscere il leggendario volto
Con – frutti che maturano – gli occhî; ma il torso splende
Ché lo soffonde intrinseco splendore che l’accende,
Come fa d’una lampada l’occhio quand’è in giù vôlto,
Che il suo brillio intensifica; o non t’avrebbe côlto
Stupore il petto a scorgere che tonda forma prende,
E in fianchi e cosce ridere la linea che discende
Fino all’oscuro vertice in cui è il seme accolto.
O il sasso dovrebb’essere a vedersi consunto
Di sotto alla traslucida spalla all’ingiù scolpita,
Né di vello selvatico il lampo avrebbe assunto;
Da ogni esterna linea non sarebbe crinita,
Come stella, di folgori: ché d’essa non c’è punto
Cui tu non sia visibile. Cambia ora la tua vita.
[E in copertina c’è, effettivamente, un torso :-) ].
(peraltro allo ‘splendore’ del v. 2 dovrebbe essere sostituito ‘fulgore’, in modo da evitare ripetizione; avevo scritto così, ma mi sono evidentemente confuso. — Non mi pare abbia peraltro nessunissima importanza :-D ).
Sono contenta, Remo. E l’incipit è davvero bello.