aquattromani: 21

CONSEGUENZE NON MEDIATICHE DELLA VISITA UFFICIALE DI MUHAMAR GHEDDAFI IN ITALIA

Italia. Portava quel nome come una fusciacca colorata a coprire i fianchi, e a volte come un’eredità non ricusabile e molesta. Chiamarsi Italia ha un senso diverso se si postano addosso segni e suoni di un battesimo lontano. L’Asmara, 1954. Diversa complessità, chiamarsi Italia: diverso era stato vedere calare i fianchi, appesantirli, sotto quella fusciacca colorata.
Italia sente oggi il peso di quel bambino che ha sentito chiamare Mario, o Neghev da un amico, e in queste notti feroci lo ha sentito tremare di freddo. Non sempre lo vede, l’onda di mani e bocche lo sommerge senza dargli calore, e i parenti che deve avere con sé sono mani e bocche indifferenti fra altre bocche e mani. Mario non aveva mai visto il mare, e anche ora lo guarda solo quando deve consegnargli il fiotto di vomito acido, breve. Vomitare è un lusso riservato a chi mangia.

«Prof posso andare alla macchinetta?». Mara non è stata sicuramente attenta, quando il nutrizionista ha parlato di junk food: non vede l’ora di comprare un po’ di schifezze da sgranocchiare sotto il banco.
«Sto spiegando, nel caso non te ne fossi accorta. Esci al cambio dell’ora, o aspetta la ricreazione».
Mara sbuffa, si risiede e finge di ascoltare quella pallosissima pappardella sullo sbarco dei Mille. Italia… patria… unità… le parole arrivano appena all’ultimo banco, dove le più scafate – o le meno sgamate – riescono a nascondere il filo dell’i-pod.

L’uomo di Asmara è stato in piedi vicino a Neghev – «Mario, mi chiamo Mario» – il ragazzo con la mano alla bocca. L’anziano ha spiegato i venti, i loro nomi, e i misteri delle correnti. Come una bolla di ritmo e saggezza nella corrente, nel fracasso del motore a due tempi, nel dolore.

Dalla Sicilia la marcia dei Mille risale per l’Italia… Napoli… diplomazia… gli Inglesi, Cavour… Aspromonte… Obbedisco…
La spiegazione fiotta stancamente fino alla campana salvifica delle undici. Vaffanculo Garibaldi: bagno, panino, messaggino allo zito.

Questa bonaccia incantesima Italia, Mario e tutti gli altri. Cielo e mare sono lo stesso umido impasto che appiccica i corpi ai vestiti, la braccia alle braccia, pensieri a pensieri. Fradici. Appesantiti.
«Un capitolo intero è pesante, ava’, prof…». L’insegnante di storia segna le pagine sul registro di classe. È stanca e quasi afona. Insieme al pacchetto delle mentine tira fuori dalla borsa il giornale che ha appena scorso prima di entrare in classe, oppressa dal pensiero delle interrogazioni, del programma che s’ha da fare, delle strategie didattiche che valgono quanto quelle militari.
Inizia a leggere la cronaca, quella spicciola e quella politica. Si ferma a ogni capoverso. «Che vuol dire globalizzazione? Sai cos’è il liberismo? Colonizzazione… Mara, delocalizzazione. Intercultura».
Parla di banche. Risparmiatori in rovina. Torna alla storia, alla Banca Romana, alla bancarotta del patriottismo, alla delusione per un’Italia che si sperava diversa e che è venuta quella che è ancora adesso, a pensarsela se la Sicilia è Italia o no, figuriamoci gli extracomunitari. Fuori. Ma fuori da cosa?

Le undici, dappertutto in Italia. Le undici sul ventre di Italia, sulla pelle dei dannati, sulle immagini sacre e i rosari di nove religioni diverse, sul fetore. Le undici in classe significano ancora dieci minuti con la profe di storia, poi fumare baciarsi mangiare rimangiare ribaciarsi e fumare.
Le undici a Roma, sotto la tenda bianca.
Il Ministro si allontana, si finge interessato ai doni di Stato (il cofanetto di cedro cela discreto un coupon, una settimana, due persone, resort Stella della Sirte). L’uomo coi capelli corti si avvicina al tavolo e parla brevemente col suo omologo libico. Il colore di pelle non è importante, se si hanno gli stessi Rayban e identici occhi d’acciaio dietro. Si spartiscono il cuore d’Italia. Servizi, cooperazione, coordinate geografiche, duecentoquindici anime che vomitano bile sulla panza d’Italia, immagine, coordinate geografiche. Candeggina sui giornali del mattino. Alle tre, dappertutto in Italia, Mara e la profe si incrociano da Talelli che è di turno. Gli antibiotici della profe restano quelli sbagliati, e il test di gravidanza continuerà a dare due righe, anche al secondo tentativo. Alle tre e dieci le corvette libiche sono già dirette al porto militare. Silenzio radio e ancora sul mare un’eco di raffiche siluri grida. Certi lavori durano poco ma durano troppo. La mano di Neghev – ma lo chiamo Marco – non ha più una bocca a cui velare il conato. Afferra, mozzata, il seno metallico di Italia – Italia promessa, Italia volontà, Italia 2500 dollari dati via sulla battigia – la lamiera rugginosa orgogliosa di bianco che recita «ITALIA».

63 pensieri su “aquattromani: 21

  1. “quando un racconto devi leggerlo e rileggerlo per venire a capo di chi fa cosa, non è un buon racconto”.
    ?

  2. Io, intanto, sono contento che un racconto come questo, che dimostra di avere alle spalle una ricerca formale e stilistica e tratta un tema così complesso, abbia meritato la bellezza di 59 commenti, che con questo diventano 60.
    Credo che dare spazio a discussioni così accese sulla scrittura sia una delle prerogative di questa iniziativa. Pertanto, mi sento di ringraziare gli animatori del gioco anche quando dicono cose che a me sembrano insulse o spropositate.

  3. ah peccato, pensavo che t. fosse maschio e per giunta con nome Luisito… già me n’ero affascinata pure io :-)
    t+and= tandem, secondo me funziona, ne può uscire anche un blog “tandem.it”

    ciao Remo, buon appetito in ritardo!

    e ciao a tutti i commentatori

    Fra

  4. E.L.E.N.A., cara, dove ho privilegiato l’una parola piuttosto che l’altra? Io le ho accomunate. Rileggi ciò che ho scritto e quando sei a corto di argomenti, non scrivere nulla, che è meglio.
    Non ho dimestichezza con “l’idioma” siculo, mi dispiace solennemente, ma vivo benone lo stesso.
    E.L.E.N.A. per concludere, tu hai sempre e solo scritto cose basandoti sugli altri commenti, mai nulla di originale e di tuo. Lo so forse è difficile, ma lasciami perdere e cerca di concentrarti sui brani e vedi se puoi scrivere qualche breve periodo di senso compiuto.

    Remo forse ti è sfuggito quello in cui un ragazzo è caduto dal ponte ed è rimasto presumibilmente paralizzato, mentre il padre anzichè disperarsi andava dicendo al datore di lavoro che una mano lava l’altra, mentre l’infortunato si prefigurava già un futuro radioso da opinionista sugli incidenti sul lavoro. Un brano drammatico si, ma oltremodo inverosimile.

  5. OT:
    letta la recensione di remo ho una domanda:
    cara t., sei libera venerdì prossimo? Vorrei uscire con te (o con té / the / t.)
    Ho anche fatto l’anagramma del tuo nome: .t

    devotamen-t.

  6. anto, prendiamo atto che oltre ad avere difficoltà a capire i testi, ha difficoltà anche a capire i contesti.

    detto questo, attribuendo valenza qualitativamente superiore al cazzo piuttosto che alla minchia, dimostra, ahimè, tutta la sua avversione per l’idioma siculo.
    (già palesatasi con il povero zito, peraltro)

  7. @ Remo: pur condividendo il tuo commento, non sono d’accordo sul fatto che nella vita “si incontrano poche persone speciali”. Siamo tutti speciali, a nostro modo. Ma non sempre ci è dato modo di dimostrarlo. Non con tutti quelli che vorremmo, insomma. Spesso neppure con chi ci vive accanto.
    La vita è fatta di occasioni. Colte, perse, mancate. Ma sempre di occasioni si tratta. E le persone speciali abbondano. Basterebbe provare a guardarsi intorno.

  8. Anto,
    avrei voluto che “t” facesse parte della giuria, ma non ha voluto.
    io so – poi – che “t”, nel modo più assoluto, non conosce chi ha scritto questo racconto.
    lo so perché io conosco personalmente “t”, lo so perché io conosco personalmente un o una autore/trice.
    “t”, la mia amica “t” è una persona speciale e nella vita se ne incontrano poche di persone speciali come lei: diretta, generosa, dal cuore grande.
    se io menassi vanto di quel che ha fatto lei non vorrebbe ma, credimi Anto, quando commenta lei (e altri) io ascolto con attenzione: perché da “t” io imparo.

    stasera in pizzeria mia moglie (dopo aver chiuso il giornale, lei è una dei miei sette giornalisti) mi fa: Che hai?
    Ho nella mente parole, parole vere.
    Una mia amica mi ha scritto una lettera, folle: se non si fosse rivolta alla sanità privata su madre non ci sarebbe più.
    E’ una lettera che è molto più lunga di 5mila battute, con qualche refuso.
    Mi domandavo: perché in Italia non tuona la rabbia contro la sanità ingiusta, contro la magistratura quand’è ingiusta, perché c’è gente che crepa nei cantieri, ancora?
    Che tuoni la rabbia, ma dove occorre.
    Questi sono racconti, scritti in fretta oppure no, elaborati magari a fatica, ma nessuno si fa male cristoiddio.

  9. A me piace lo svolgersi su più piani contemporaneamente. Qui c’è un lodevole tentativo.
    Però a volte è un po’ confuso.
    Peccato.
    Sgnapis

  10. Gentile sconosciutissimo T. Rallegramenti per la tua bravura nel determinare gli stili altrui (chissà mai cosa avrai pensato per quella bestemmia scritta in qualche racconto fa!!). Mi rallegro anche con me stessa, visto che la tua bravura mi ha accostata all’altrettanto sconosciuta E.L.E.N.A. che per prima ha iniziato a dire parolacce sboccacciate.

    Ancora e ancora rallegramenti per la tua sconfinata cultura e perdonami se la mia non è al par tuo, tanto da non farmi cogliere le sottilissime vibrazioni di questo stupendo brano il quale mi da le stesse emozioni di un vecchio attacapanni traballante color giallo/verde in camera da letto (stile arte povera).

    Resta il fatto che io commento come mi pare e piace, non vado a ri/commentare gli altri commenti, non chiedo a nessuno di commentarmi (al massimo chiedo qualche chiarimento interpretativo) e non vivo di citazioni altrui, quindi sono desolata per la signora o signorina Carla Benedetti (sconosciuta al par tuo, per me) alla quale, stante la vostra contiguità, vorrà portare la mia massima ed assolutà indifferenza.

    Di quello che senti tu, egregio T, leggendo il brano, non me ne frega un cappero rugoso (sempre quello di prima solitario). Buon per te che sei così istruito. E se per caso fai parte della giuria scelta da Remo, evviva!

    Se sei invidioso degli applausi eccotene uno: CLAP CLAP.

    E si noti il TU che ho usato rivolgendomi a te.

  11. Mi godo lo spettacolo. Fino a ieri la cattiva del web ero io ( tutta scena, io dal vivo sono di marzapane) ed ora ho perso lo scettro. Siete proprio grami come la merda :-D

  12. a me l’anno scorso questa bella iniziativa è servita anche per conoscere e apprezzare autori che mi erano sconosciuti e così sarà anche quest’anno. E’ ovvio che quelli che non mi erano piaciuti sono rimasti tali (o almeno tutto il resto dei loro scritti). Non mi sembra di aver scritto nulla sui commenti negativi nei miei commenti precedenti. Mi scuso se sono stati troppo elogiativi, so che può dar fastidio ;-)

  13. Io, che all’anagrafe corrispondo a Paola Mattiazzo (volendo vi riporto anche CV e cf), anche se per brevità mi sono registrata qui soltanto come Paola, preferisco mille volte affermare quanto affermava Socrate (pur senza alcun vanto) che assumere lo stesso atteggiamento di coloro che lo condannarono a morte.
    Per me gli autori sono tutti uguali ed ugualmente sconosciuti. E, sui racconti, esprimo le sensazioni che provo. Solo ed esclusivamente quelle. E non ritengo di essere mai stata offensiva.
    Dopodiché, se dobbiamo applaudire a tutti in egual misura, allora ditelo, che facciamo prima.
    Bastava semplicemente dichiarare, all’inizio del contest, che non si accettavano commenti o, quantomeno, commenti non elogiativi.

  14. Mi sono sbellicato sui fantasiosissimi commenti di Anto. Non certo leggendo i brani, tantomeno a sfregio degli autori. Ancor meno “catalogo” le persone (cioè lo faccio ma tengo per me le classifiche).

    Ammetto di essere ignorante, ma non ne facco un vanto. Semplicemente ignoro molte cose, come tutti credo. Il mio vanto, invece, è quello di cercare, continuamente, di ridurre la mia ignoranza. Ma ciò avverrà asintoticamente. Chido scusa se ho azzardato un’interpretazione e questa si è rivelata completamente sballata. Questo racconto non rientra tra i miei preferiti.

    Io sono uno degli autori, assieme a Paola. E dei plausi non me ne può calar di meno.

  15. amo leggere e non giudicare, ecco perchè anche l’anno scorso non ho partecipato alla votazione e non ho mai commentato. Però l’idea del concorso mi piace perchè è solo un gioco.

    Questo racconto mi è piaciuto moltissimo sia per lo stile sia per quello che dice. Inizia con una madre vera, quella che porta nel suo grembo il figlio costretto a emigrare nel ventre di una matrigna metallica. E poi passa ai nostri adolescenti che si ingozzano di schifezze e che «Un capitolo intero è pesante, ava’, prof…».

    “Le undici, dappertutto in Italia. Le undici sul ventre di Italia, sulla pelle dei dannati, sulle immagini sacre e i rosari di nove religioni diverse, sul fetore.” Ecco.

    complimenti agli autori, quando saprò chi sono andrò a leggere altro scritto da loro (a due mani singole) come anche di molti altri che hanno partecipato con racconti ben scritti e che ho letto con molto piacere

    Francesca E. Magni (fem)

    P. S. io credo che – a parte gli autori che devono restare anonimi pena l’esclusione – tutti gli altri dovrebbero avere il buon gusto di palesarsi con nome e cognome, altrimenti, per fare un esempio a caso, questa/o Anto potrebbe essere benissimo Remo che si sbizzarrisce a pigliarci tutti in giro….

  16. Gentile Anto, in piena libertà, inserisca pure il mio commento tra quelli “della minchia”, il suo linguaggio sta qui a testimoniare il suo stile. Resta però un fatto che non so chi siano gli autori, resta un fatto che non mi devo “lambiccare” (il cervello, s’intende) per capire questo testo. Se lei non ce la fa – perché Le sfuggono i riferimenti storici, geografici, linguistici ecc. -, pazienza. Il testo resta un buon testo. (Secondo me, s’intende. “Dall’altezza della mia saggezza”, se preferisce.)
    Un buon testo, al quale – aggiungo – è mancato forse soltanto un po’ di tempo di “maturazione”; un lasso di tempo/spazio che ci permette di vedere “da fuori” la nostra creatura, per scorgerci di quei punti che, altrimenti, potrebbe mettere in rilievo un buon editor (nel senso di “secondo occhio”, come lo definisce Carla Benedetti in un recente articolo su Il primo amore).
    Trovo che nei commenti ci sia uno spaccato del paese non meno che nei racconti.
    Un paese dove si fanno grasse risate in faccia a chi viene catalogato “intellettuale” e dove si mena vanto della propria ignoranza (voce del verbo ignorare).
    Strappando magari anche qualche applauso.

  17. Io commento come meglio mi aggrada. Meglio commenti del cazzo, che commenti ipocriti (ossia della minchia) magari fatti da chi già sapeva i nomi degli autori.
    Bravi quelli che si lambiccano per trovare un senso a questo pezzo. Potrebbero cimentarsi con Nostradamus (che è più comprendibile).

  18. Moccia poi è bravissimo: mai che si debba rileggere.
    Bel racconto, con un refuso, bello, bello e ancora bello bello il commento di Elena.

  19. Credo che la cosa migliore di questo racconto (che a me comunque non è dispiaciuto tanto come a tanti) sia il titolo.
    Il montaggio parallelo delle storie di Mara e Mario/Neghev/Marco avrebbe avuto bisogno di più spazio per essere svolto più diffusamente e lasciare che il lettore si potesse abituare all’alternarsi di quelle trame che confluiscono nella descrizione finale della visita ufficiale.

    Forse qualche pezzo andrebbe anche limato e riscritto.

    (“Si postano addosso segni e suoni di un battesimo lontano” è un refuso?)

  20. Perché dire il proprio parere equivale ipso facto a lanciare ortaggi? E’ emblematico: quando i commenti sono tutti positivi (capolavoro, geniale, mai letto niente di meglio) c’è sempre il cappero solitario (troppo carina questa) che interviene per gridare dalli all’ipocrita! Quando i commenti sono critici (non negativi, critici e questi lo sono e non mi sembrano affatto maleducati) arriva invece un altro cappero meno solitario a gridare dalli al critico incapace.
    Questo racconto è confuso. I refusi sono evidenti, lo sforzo di scrivere qualcosa di originale e valide è evidente, il risultato finale è evidente. Ribadisco ciò che ho avuto modo di dire altre volte: quando un racconto devi leggerlo e rileggerlo per venire a capo di chi fa cosa, non è un buon racconto. Se questo è un ortaggio, spero che sia maturo e saporito almeno quanto quelli che sono stati lanciati a me e a Lory senza che sentissimo la necessità di gridare all’oltraggio.

    E ancora una volta la classifica resta quella:

    1) Miracolo italiano (l’Italia del GF e degli incidenti sul lavoro coniugata con originalità)
    2) Davvero. Nel sogno (il titolo ci azzecca poco, ma il racconto è una telecronaca appassionante)
    3) Come corpo morto (l’Italia dei nuovi poveri, con dignità)
    4) Lettera dal mio molino (un racconto credibile e ben scritto)
    5) 2 Italians (scontro barbone-spocchioso, vince lo spocchioso ma non è così che va il mondo?)
    6) solitudiniaffollate.com (racconto sulla solitudine del web con eccesso di neologismi a gogò)

  21. quando dichiarai che non mi piaceva il tono di certi commenti, qualcuno disse che in fondo non erano comunque offensivi o maleducati.

    io non so nulla degli autori e di come prendano certi commenti, dico solo, che, per quanto mi riguarda “è l’Italia di oggi vista dopo una nottata di alcol”, è un commento del cazzo.

    ecco, l’ho detto.

    (prosit)

  22. Mario è sicuramente un bel nome, a patto che non “trascenda” in Marco…. :-)

    p.s.: fuori tema? E chi se ne è accorto?

  23. Leggo certi commenti che mi fanno sbellicare scompostamente e senza ritegno dalle risa. Chissà cosa ne pensa il bravo e pazientissimo Remo.

    Il brano è troppo lontano da me. Non saprei cosa dire in proposito anche perchè non ci ho capito pressochè un cappero solitario (questa la rubo anche io). Ma non solo non ho capito il senso, l’ho trovato anche un po’ faticoso da leggere (sarà forse a causa della lamiera rugginosa ed orogogliosa di bianco?).
    Io spesso mi scrivo addosso cose stravaganti e assurde che capisco solo io.

    E quindi spesso – sono miope e mediamente ottuso – non capisco che mentre noi ci preoccupiamo (grottescamente) di non perdere il superfluo e di riparare i nostri grossolani errori, altra gente si preoccupa disperatamente e senza apparente ragione di sopravvivere, mentre grassi mafiosi internazionali mettono a punto le loro trame zampettando sulle nostre pance.

    Allora mi domando: se i grassi raybanati e paludati non sono solo Italiani. Che tutto il mondo sia paese? Quindi non siamo solo noi i cattivi.

    Mi fermo perchè sto andando fuori tema. Però Mario è un bel nome, vero?

    Non so se mi sono capito.

  24. Viva l’Italia, l’Italia liberata,
    l’Italia del valzer, l’Italia del caffè.
    L’Italia derubata e colpita al cuore,
    viva l’Italia, l’Italia che non muore.

    Viva l’Italia, presa a tradimento,
    l’Italia assassinata dai giornali e dal cemento, e dai blogger
    l’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
    viva l’Italia, l’Italia che non ha paura.

    Viva l’Italia, l’Italia che è in mezzo al mare,
    l’Italia dimenticata e l’Italia da dimenticare,
    l’Italia metà giardino e metà galera,
    viva l’Italia, l’Italia tutta intera.

    Viva l’Italia, l’Italia che lavora,
    l’Italia che si dispera, l’Italia che si innamora,
    l’Italia metà dovere e metà fortuna,
    viva l’Italia, l’Italia sulla luna.

    Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre,
    l’Italia con le bandiere, l’Italia nuda come sempre,
    l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
    viva l’Italia, l’Italia che resiste.

    (OT: sarà che è una canzone, sarà che é di De Gregori, sarà che io adoro De Gregori, ma c è una buona fetta di Italia in memmeno 5000 battute…)

    (così… per sdrammatizzare un po’…)

  25. @refuso
    in effetti, dice:
    “Alle tre, dappertutto in Italia, Mara e la profe si incrociano da Talelli che è di turno. Gli antibiotici della profe restano quelli sbagliati, e il test di gravidanza continuerà a dare due righe, anche al secondo tentativo”.

    per cui, sì, se entrambe sono in farmacia, e la “profe” compra gli antibiotici (di nuovo sbagliati), è molto probabile che il test sia fatto da Mara.

    ma qui – come altrove – era sufficiente scrivere:
    “Gli antibiotici della profe restano quelli sbagliati, e il test di gravidanza *di Mara* continuerà a dare due righe, anche al secondo tentativo”.

    e il testo ne avrebbe guadagnato in chiarezza, senza perdere nulla.

    così come l’equivoco-sorpresa della nave che sembra una donna per gran parte del testo, ma alla fine è metallica, e quindi è una nave, non serve, secondo me.
    non rende il racconto migliore.

    ciò detto, ribadisco che è davvero un buon testo, un testo che andrebbe sviluppato – può diventare un ottimo racconto medio/lungo.

    e quindi: complimenti.

    e.

  26. Ohhhh scusate, adesso che “si postano” è stato corretto in “si portano”, è tutto davvero più chiaro: è l’Italia di oggi vista dopo una nottata di alcol.
    Come mai Mario alla fine diventa Marco?

  27. Ah ecco, è vero, al minestrone mancavano i Beduini Palestinesi e la nave del 1954. Davvero qui c’è uno spaccato dell’Italia dei giorni nostri.
    Adesso lo rileggo ancora qualche centinaio di volte, non si sa mai che trovo qualcosa sul Dalai Lama, sulle persecuzioni in Corea, sulla guerra civile in Congo, la guerra in Albania, sui Raeliani, sulla persecuzione degli albini in Africa – http://docs.google.com/gview?a=v&q=cache:aVVQ9YvUzl4J:www.matteofraschinikoffi.com/index2.php%3Foption%3Dcom_content%26do_pdf%3D1%26id%3D45+africa+persecuzioni&hl=it&gl=it – e forse anche sugli sciiti duodecimani.

  28. @ refuso: il refuso che segnalavo era “si postano addosso” invece che “si portano addosso” (III^ riga).
    Dopo aver letto la tua replica, confermo che è un racconto da premiare, almeno per la ricerca e perchè è un pò studiato nei riferimenti e nelle citazioni (al contrario di molti altri che mi sembravano buttati giù alla “come la và la và”).
    PS: in molte edizioni il dopofestival è stato più interessante del festival vero e proprio, anche le ns baruffe chiozzotte dicono molto sull’italia di oggi.

  29. @Anto: il cappero solitario mi piace!!!:-D
    Mi è simpatico, qualche volta te lo copio.

    @enricogreg: ho giusto un racconto che si svolge in Patagonia. Giusto all’inizio, poi continua tutto stretto tra i Dardanelli. Te lo mando?:-)

  30. per il mio gusto non è questione di asmara, eritrea o libia. il racconto mi annoia, e mi annoierebbe anche se vi fossero descritti la patagonia o lo stretto dei dardanelli.

  31. Se Italia è un barcone, il suo varo al porto di Asmara del 1954 non è un refuso. Se Italia è un barcone, è un barcone che non compare sui giornali.

    Una nota sul nome “Neghev”: … pochi osservatori si sono invece dedicati alle minacce che aleggiano sui diritti dei Beduini palestinesi della regione del Naqab (Negev), proprio quando il governo Sharon ha pianificato un assalto violento per porre fine a tali diritti. Nello scorso giugno, all’incirca 23 membri della tribù di Abu Elkian, in maggioranza donne e bambini, furono feriti allorché delle forze di polizia paramilitari penetrarono nel villaggio per distruggervi sette abitazioni (da: http://it.altermedia.info/mondo/la-pulizia-etnica-dei-beduini-del-naqab-negev_963.html).
    Nemmeno Mario è libico, insomma.

    Il test di gravidanza è di Mara, non della profe.

    L’idea era quella del margine, una “Italia” che è fuori d’Italia, e una storia che non verrà scritta.

    Se sono ortaggi locali, e di stagione, metteremo su un pranzo a chilometri zero.

  32. @ massimo bignardi: la mia era una battuta. Ma, visti appunto gli ortaggi che volano qui, lasciamo perdere va…..
    Dopofestival? Mah…. No comment.

  33. Io l’ho letto e riletto tutta la notte a metà tra un tantra e un rosario, ma ancora adesso non ci capisco un cappero solitario.

  34. Precisazione: non sono così perfido!
    era soltanto una reazione al fatto che gli ultimi 4/5 racconti che per motivi diversi mi producevano un: “boh?” o un “bleah!”, e questo, pur sconclusionato, alla prima lettura mi aveva emozionato.
    Da qualche giorno evitavo giudizi tecnici, visti anche gli ortaggi che volano in questo blog:
    certamente, questo, se analizzato in seconda lettura, presenta grossi limiti di stile, di sintassi e di precisione.
    PS: AUGURI ALLA GIURIA DI QUALITA’ E AVANTI COL NOSTRO DOPOFESTIFAL!

  35. @t. Dimmi, di grazia, perchè si dovrebbe stare zitti/e,visto che c’è la possibilità di commentare? Tu dall’altop della tua saggezza potresti speigarmi il senso ed il significato di questo brano? O preferisci criticare?

  36. Dal punto di vista emotivo: mi piace, poi penso e mi dico …ecco, c’è gente oramai convinta che scrivere le cose in modo piano, spiegando, facendo cronaca,anche se usando a volte un linguaggio diverso, creando neologismi se è il caso ( e non sempre lo è) non sia più di moda. Vuole dare un quadro veritiero dell’Italia di oggi però teme di farlo con le parole di ieri. Allora dobbiamo essere sibillini, si pare , in tal modo, più intellettuali. Così che si diventa semplicemente snob, per la paura di adoperare un linguaggio scolastico/vecchio/ piano e giornalistico/comune e chi più ne ha più ne metta.
    Allora: metto da parte la considerazione che ho per gli intellettualismi, che equivale a zero assoluto e dico: l’unica cosa vera che leggo è che i quattrini ed il potere annullano le differenze etniche e/o culturali.
    Io per prima non amo dover ascoltare ( nel mio caso apprendere dai mass media) le sparate del Libico, tuttavia sono perfettamente consapevole che tale signore raybanato ci serva come il pane, allora sto zitta. Piglio, incasso e porto a casa.

    Oramai è chiaro che si voterà un solo racconto.
    Riassumendo direi che, senza distinguere, i più aderenti alla realtà odierna siano, senza far retorica politicoide, per me,pur diversissimi:

    “Miracolo italiano”
    “Come corpo morto”
    “Servizio Ispezione lavoro”
    “Il passaggio del testimone”
    “Lettera dal mio molino”
    ” Davvero. Nel sogno”
    ” ww.solitudiniaffollate.com”
    “Scarpe”
    “Tresette a spizzichino”

    Il resto, abbiate pazienza, non mi piace.

  37. Non so pronunciarmi, forse perchè l’ho poco “sentito”.
    ma non è una critica alla scrittura, che mi pare dello stesso livello di molte qui lette.

  38. molto molto interessante.
    forse la volontà/necessità di descrivere i destini incrociati, i risultati reali degli accordi dei potenti, nega – in parte – una completa libertà di scrittura.
    però è la base per qualcosa di ottimo.
    [dico “la base per” perché è contratto. per esempio, per dirne una, mi interessa molto il test di gravidanza della “profe”, al di là della simmetria con la popolosità della nave. c’era un limite di battute, per caso?]

    e.

  39. “Da ammirare il coraggio di chi lo ha inviato”.
    Sì.
    In mezzo a questo vociare ce ne vuole, di coraggio.

    ah.
    “Mandare un messaggino allo zito” significa esattamente ‘mandare un messaggino allo zito’.

    Star zitti/e, qualche volta??
    (è solo un’idea neh?)

  40. @ massimo bignardi: ma il tuo commento iniziale era puro sarcasmo o no? Se no, ci puoi illuminare?
    A quanto pare abbiamo parecchi dubbi, qui…

  41. Ma tra Italia e Neghev, che rapporto c’è? Ma come fa una mano mozzata ad afferrare? Chi l’ha mozzata?

  42. @ Anto: vada per il paninazzo. Purché il salame non sia all’aglio. Non lo digerisco.

    Ma Italia è una donna o una nave? Sono sempre più confusa…. @_@

  43. L’8 agosto 1991 nel porto di Bari arrivò una nave gigantesca e debordante di disperati. Si chiamava “Vlora”, ed assomigliava moltissimo a quella che in questo racconto si chiama “Italia”.

  44. Mah. A me piace più un bel paninazzo col salame che deborda piuttosto che un elaboratissimo piatto di nouvelle cuisine macrobiotoica.

  45. Credo, sempre che il caldo non mi abbia cotto quel poco cervello, che il racconto volesse raccontare degli italiani in Libia (mah, o in Eritrea?) che si ritrovano a fare da narratori storici a ragazzi svogliati dei nostri tempi. Tralasciamo altre cose che non ho compreso. E degli accordi (sottobanco?) presi dal nostro governo con il tirannosauro rex libico (il collegamento Gheddafi-Eritrea esisterebbe anche politicamente…)
    Adesso, per favore, non ditemi che non era questa l’idea di base. Non ho più certezze.

    p.s.: Anto, eppure avevo detto che non ero in grado di raccontarlo…. :-)

  46. L’idea di base non era male. Ma poi, forse, le quattromani non sono andate nella stessa direzione. Al di là dell’idea di base, se mi chiedessero di raccontare cosa ho letto, non ne sarei in grado. Non ho capito nulla.

  47. Gheddafi è in Libia, Asmara è in Eritrea. Cosa vuol dire mandare un messsaggino allo zito? Che senso ha questo mucchio di frasi slegate? Sembrano prese da tanti racconti diversi e copincollate a vanvera.

  48. Scritto malissimo. Un minestrone. Un’accozzaglia di frasi buttate li a casaccio senza tener conto minimamente della sintassi e della grammatica.
    Non c’è un periodo comprensibile.
    Da ammirare il coraggio di chi lo ha inviato.

  49. anche se essere il primo a commentare mi responsabilizza un pò, lo dico:

    per me il racconto migliore in assoluto!

    ecco l’ho detto.

    PS ci sono un paio di refusi

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