E’ sabato e i Garlic hanno vinto ancora. Il radio cronista si eccita esaltando le virtù dei Garlattici, per dirla con Beatrice Caudera, la Presidenta che ha ereditato dal padre la squadra e tutto l’impero BC. BC come Bruno Caudera e come bañacauda. Un nome, un destino, ci scherzava il vecchio.
Il cronista sussurra esaltato dalla radio che José Pautasso tiene al minimo, mentre pulisce le acciughe con gesti nervosi, un orecchio alla partita, l’altro al silenzio della strada, attento a frenate improvvise e minacciose sirene. José suda e si asciuga la fronte con le dita che sanno di pesce. Se lo prendono ora non ha scampo, non c’è fuga se si puzza d’acciuga, e non si può non puzzare d’acciuga se questa è il baricentro della tua baña. José ama l’acciuga più delle verdure, più dell’olio d’oliva, persino più dell’aglio. Il profumo salato gli eccita la salivazione. Il corpo morbido gli scorre sotto le dita cha passano e ripassano alla ricerca della lisca. Ogni pezzetto è una tentazione a cacciarselo in bocca con le dita unte, ma deve resistere, con quello che gli altri hanno pagato quelle acciughe vere – non l’acciugosa sintetica della BC – e con i rischi che hanno corso per portargliele. Anchoa, fratello, eccoti le figlie del mare. Adesso però i rischi li corre lui, con i b-cops che si infilano nei cortili, entrano nelle case, perquisiscono. Forti del Decreto A-due-O, aprono dispense, sollevano coperchi, annusano dita.
Finito il lavoro, mentre la radio sussurra José si concede di leccarsi con metodo polpastrello dopo polpastrello, gli occhi chiusi, l’orecchio sempre teso al silenzio della strada. Oggi anche i b-cops festeggiano i Garlattici.
Che giorno per la Presidenta! Vincere nell’anniversario del B-day, l’inizio dell’impero Caudera, l’approvazione del Decreto A-due-O: “Aglio, acciughe e olio possono essere lavorati insieme, in processi industriali, artigianali o casalinghi, solo a fronte di concessione governativa. Ogni ricetta è coperta da brevetto”. Traduzione: la bañacauda si fa come dice la BC, tutto il resto è illegale.
A qualcuno il decreto non piacque. Come non piacque che il parlamento l’avesse approvato durante la finale del campionato, uno degli ultimi vinti dal Boca. Così la primavera fu calda, con cortei, fujot, cariche, manganelli e due poliziotti lasciati ammazzare come pretesto per la repressione. Così, a Natale le donne erano già belle che abituate alla bañacauda in lattina, o surgelata. Da lì a poco, l’avrebbero apprezzata anche liofilizzata, inodore, quasi insapore e perfettamente in linea con la legge. Cioè con la BC.
José è figlio di uno dei due poliziotti, ma è anche figlio del popolo, sa che la bañacauda è della tradizione e va restituita alla tradizione. Anchoa, fratello. Sa che la BC della Presidenta nella baña non ci mette aglio, ma tartufala bastarda fermentata, che neanche dio sa cos’è. Sa che dopo il Decreto A-due-O la gente ha cominciato a morire. È così, che è nata la Confraternita. E José è stato uno dei primi.
Naturalmente le morti erano un problema per la BC, andavano spiegate o meglio nascoste: prima si comprarono una bella fetta del Diario, il bugiardo di regime e tirarono fuori il cuoco sabotatore. Quando i morti diventarono troppi – dieci bambini di un asilo sono difficili da insabbiare – è stato il momento della Commissione d’inchiesta, in difesa della salute del popolo. Ovviamente, la BC risultò innocente, anzi vittima di un fornitore disonesto di confezioni cancerogene se esposte al calore. Insomma, tutta colpa dei pigri che scaldano la baña nelle scatole senza versarla in padella, non certo della ricetta, a base di acciugosa e tartufala fermentata, che a scanso di equivoci resta secretata.
In Plaza del Ajo, oggi, ricordano Abuela Anchoa – Gli ingredienti della bañacauda? Tradizione, innovazione e amore. Tutto il resto è banana calda – che ha cucinato la sua bañacauda senza mai farsi fermare da niente e nessuno. Persino in prigione, quando era dentro per propaganda clandestina. Clandestina in che senso, vostro onore? Ho sempre fatto tutto alla luce del sole, io.
Di Abuela Anchoa, la Confraternita continua a cantare l’inno.
Sfiletta le acciughe e dissala i filetti
Lavali, pesta, riduci in pezzetti
Trita l’aglio, marinalo in latte due ore
Sciogli l’olio ed il burro in tegame al tepore
Sciogli acciughe pian piano sul fuoco abbassato
Metti il trito dell’aglio ma ben sgocciolato
Poi, tenue calore per venti e un minuto
In centro alla tavola, il calor va tenuto
Perché le verdure, e non paia banale
V’immerga di gusto ogni buon commensale.
È sempre lei, che ha dato il via alla tradizione delle bañas in piazza. Perché niente è meglio che incontrarsi, condividere, cucinare e mangiare insieme. E la ricetta è sempre quella: aglio, olio, acciughe e amore.
È per questo che ora José travasa la sua baña in una tanica ed esce di casa. Per ricordare Abuela. Per onorare i morti avvelenati dall’acciugosa e dalla tartufala fermentata. Per dare a figli e nipoti la possibilità di farsi da soli la propria baña secondo la ricetta della tradizione. Per avere il diritto di scegliere quanto aglio sminuzzare, quante acciughe pulire, quanto far bollire l’olio. Per fare festa con la Confraternita e con chi vuole farla insieme a loro. Anchoa, fratello.
José sa che in Plaza del Ajo troverà le verdure e il pane, il fuoco e i tegami, i piatti e il vino. Sarà una condivisione fraterna, come Abuela Anchoa ha insegnato.
La strada è deserta. José si rilassa un poco. Anche i b-cops sono a godersi il trionfo dei Garlic. Gira l’angolo del Museo Historico ed entra nella Reconquista. Guarda giù in fondo, la piazza che è un tripudio di colori, odori, rumori. Affretta il passo e non fa caso alla gamba tesa che lo aspetta. Crolla. La tanica si apre. La baña si sparge lenta e oleosa sul selciato.
– Guardi qua, capitano. Un altro di questi finocchi dell’Anchoa. Vorrei proprio sapere perché non se ne stanno a casa a guardare la partita come tutti i bravi cristiani.
Concordo con chi scrive di lettura un po’ faticosa. Però mi è piaciuto il contenuto portante e importante. Sarà che due sere fa ho riascoltato gli Inti illimani dal vivo…ci trovo un nesso.
Originale, nel suo essere visionario. Tanto visionario che si capisce poco, anche se lascia una certa atmosfera. Però non posso dire che mi sia piaciuto anche se gli autori sanno scrivere
lettura faticosa, ogni tanto non è chiaro di chi/cosa si parla. ironica la collocazione di una materia “bassa”, cioè gastronomica, in un contesto drammatico come quello della repressione, tipicamente fantascientifico. mi piacciono molto, per ragioni affettive, i nomi tipicamente piemontesi, neh? e quello strano mondo eurasico per cui i piemontesi si mescolano con i catalani. che poi storicamente c’è di mezzo la fratellanza patou.
nel complesso mi piace. anche se somiglia più ad un incipit di romanzo che ad un racconto.
Mah, piuttosto Mario farebbe bene a preoccuparsene. Anche un segugio senza naso riuscirebbe a inseguire il suo puzzo per tutta la Sierra.
bacio le mani, signore Mario, pure quelle che non ci mise.
però bisogna dire che la sua di Lei presunta autorialità (toh, ci sono riuscita!) mi pare un complimento sia per gli autori che, me lo consenta, per lei :-)
per la copertina: come il gioco, a tema libero.
Non partecipo a questa lizza.
Non ho messo mani dita e testa in nessun modo in questo racconto.
Invece Anfiosso ci mette i suoi risentimenti.
Benché il protagonista di un mio racconto visible sul we si chiami Ernesto Caudera:
http://www.bon-a-tirer.com/volume7/mb.html
Mario Bianco
ciao remo, mi dici, per favore, con chi intreccia le mani mario bianco?
grazie :)
@t. hai ragione non mi sono spiegata bene. allora il racconto è drammatico, serio. la presenza della bagna cauda però mi sposta, mi a – me e probabilmente solo a me, la sfera della comprensione dalla drammaticità all’ ironia per cui alla fine il racconto a me appare dai toni confusi.
Anfiosso, l’abbiamo capito tutti che trattavasi di Mario Bianco – “incognito” che neanche Scajola – ma non si doveva dire perché il signore Mario vive in clandestinità in quanto perseguitato dai B-cops.
A Melania vorrei chiedere senza alcun intento polemico, davvero, soltanto per capire meglio: cosa intendi per “prendere seriamente”?
Originale, senza ombra di dubbio, una storia fantascientifica sulla repressione gastronomica. Però però però: che fatica leggerlo. Cercare di capire tutto il mondo che nasconde dietro a sigle, partite, decreti. Ben scritto, ma una lettura che non scorre. Al momento attuale la mia classifica (immancabile la mia classifica) è:
1) Il primo figlio (se non ricordo male il titolo)
2) la confraternita della banacauda
3) il cacciatore di arcobaleni
Il problema è che due delle mani erano le grinfie di Mario Bianco, ecco che cos’è.
Concordo con quelli che dicono che non si aregge fino in fondo.
mah…questo testo è originale, sicuramente però si legge con estrema difficoltà. le atmosfere orwelliane o comunque “fantascientifiche” secondo me sono rovinate dal tema bagna cauda. Dico, come si può prendere seriamente e sul drammatico un racconto dove si parla di bagna cauda? capisco che forse l’ intento era quello di parlare di manipolazione di cibi e quindi di coscienze ecc… ma devo dire che è proprio l’ utilizzo di quel cibo, esemplarmente, che rende tutto molto poco credibile, ai miei occhi.
Dei tre racconti pubblicati è quello che mi è piaciuto di più: per l’originalità, per la scrittura, per il significato. Davvero brave, queste quattro mani!
Milvia
Una bella scrittura e lavoro a 4 mani,il racconto però non mi piace, non riuscirei a reggere una storia così,mi disturbano i b-cops. il BC, i decreto A -due-O, la confraternita, I Garlic, troppe per il mio gusto di lettore.
Bella la canzone anche se mi ricorda tanto le canzoni di folk inglese dei Fairport Convention, Steeleye Span e Pentagle ma d’altronde le canzoni di mare hanno un pò tutte gli stessi argomenti.
Ho apprezzato la decina di righe con Jose Pautasso.
L’accoppiata ha funzionato non sono riuscito a distinguere le quattro mani.
Il falconiere
Mi fa pensare ai desaparecidos e alle donne di piazza De Majo.
Mi piace questo racconto sebbene anch’io ho fatto un po’ fatica nella lettura e ho dovuto rileggerlo. Ciao Lucia
Un racconto che un po’ si fatica a leggere ma con una personalità decisa.
Bene questo terzo quattromani.
sono entusiasta!
evviva le quattro dell’avemaria!!!
Mi ha fatto venire in mente Orwell, 1984, poi l’Afrodita dell’Allende, poi di nuovo 1984.
Non è un racconto è un incipit, forse nemmeno, è un estratto. O forse è un racconto. Sulla libertà. Mi sono un po’ confuso leggendolo, ho dovuto fermarmi e tornare indietro almeno due volte. Ma ben scritto.
Ma che bello! Bravi.
Me gusta mucho :)
Alle quattro mani degli autori e alle due di t. unisco le mie.
Va detto che detesto le acciughe. Passi per quelle fresche, ma sottolio… mammamia.
Maggiormente risalta, dunque, il valore culinar-politico-letterario di queste preparate con la ricetta tradizionale: ottimi ingredienti ben dosati e amalgamati con lodevole perizia.
A questa confraternita darei volentieri una mano. Anzi due.
:)