Il glicine, la glicine, la pianta del glicine troneggia sulle tegole e sul filo del telefono, ignara delle parole sottostanti al brusio elettrico intermittente che lo percorre. Una natura a strati fra loro estranei sopravvive: nessuna interferenza fra le onde elettromagnetiche nate dalla voce di Claudio sul ricevitore della cornetta e le sue intenzioni, nessun disturbo fra il profumo violetto del vegetale là fuori e la serie di input che scuotono elettroni e metalli. Di tutto ciò la discussione fra i due amanti non tiene conto, ignora la mano della siepe e l’occhio dei circuiti, è presa dal livello umano già di per sé sovrabbondante.
«Gliela voglio proprio far pagare a quella maledetta… mi ha rovinato la vita da quando avevo 11 anni, a farmi test e terapie per “curarmi”… ma adesso vede, gliela faccio pagare»
«Senti chi parla di pagare! Ma se a quella “psicologa” – scusa la parola – sei tu che hai sempre pagato e di brutto!! Lascia perdere, è acqua passata, la legge è passata, abbiamo lottato per anni ma adesso abbiamo i diritti, dài Claudio, smettila, passo da te e ne parliamo. Magari di sposarci??»
«Amore passa quando vuoi, ma quella non la può passare liscia».
Via Mafalda di Savoia la si ricorda per un glicine, che la distingue dalle circostanti, visitate dalla parietaria. Questo o questa glicine, questi piccoli punti di glicine che colorano un’intera parete riscattandone strati di ocra vecchio e scrostato, tengono in mano le tegole l’antenna un camino, e nascondono un cavo del telefono. La pianta del glicine di via Mafalda è, pare, indifferente al cavo, o forse ignara delle parole sottostanti al brusio elettrico intermittente che lo percorre. Forse ricorda solo le sere senza luna.
«Felice? Felice un cazzo».
Dovrebbe sobbalzare, la / il glicine. Invece, nulla.
«E che reazione è? Non è quello che aspettavamo, Claudio?».
«Guarda che la mia vita non è stata come la tua. Tu le terapie e i campi di educazione sessuale non li hai mica fatti. Ma adesso io gliela faccio pagare, sai!».
«Senti chi parla di pagare! Guarda che la psicologa eri tu che la pagavi, e di brutto! Anzi, prima la pagavano i tuoi, hehehe. Lascia perdere, è acqua passata, la legge è passata, abbiamo lottato per anni ma adesso abbiamo i diritti, dài Claudio, smettila, passo da te e ne parliamo. Magari di sposarci??»
«Amore passa quando vuoi, ma quella non la può passare liscia».
Se tutto questo glicine volesse o sapesse ricordare, se li ricorderebbe questi due, cavo o non cavo, che la sera profittavano di via Mafalda di Savoia per chiedersi chi avrebbe comprato il pane, e chi stirato; soprattutto evitato era l’immaginario compito di rigovernare i piatti dopo omeriche cene a notte fonda con immaginari amici, amiche. Visioni di felicità implausibili.
Una cena fra amici. Gli immemori punti di glicine, solo a sforzarsi un po’, ricordano altre sere e altre scene. L’uscita settimanale dallo studio psicologico e psichiatrico Dott. T. Nannerini, i test, le misurazioni, i libri consigliati. E la sera senza luna.
Le mani si fanno liquide nelle sere senza luna.
Le voci improvvise mordono, nel silenzio.
«Guarda due froci».
«Che schifo. Ma non vi fate schifo».
«Rivestiti schifoso».
«lasciali stare, amo’. Lasciali».
«Vi piace prenderlo nel culo?».
«Lasciateli, smettetela».
Forse i glicini si fanno solo i fatti loro, e pensano a cose grandiose: che gli imperatori giapponesi, durante i lunghi viaggi di rappresentanza, portavano con sé bonsai di glicine – a questo pensano; quando giungevano in luoghi stranieri si facevano precedere dagli uomini del seguito, che sostenevano alberelli di glicine fiorito, al fine di rendere note le proprie intenzioni, amichevoli e di riguardo, per gli abitanti di quelle terre.
Sangue fra Claudio, Giangiulio, e la terra madre dei glicini, sangue in ginocchio, illune silenzio.
Grandi i Blues Brothers:)
Io sto col glicine, colore splendido, profumo intenso. Sul resto: no comment.
non ho capito quasi niente se non il senso generale. credo che questo possa bastare a farmelo definire brutto, essendo io una persona di acclarata media intelligenza. :-)
Mi piacerebbe che in forma anonima mi fosse spiegato questo racconto, la scrittura è bella, ma è il più ostico di tutti.
benissimo! allora andiamoci cauti, non diamo cattivi esempi.
:D
lucypestifera: una sotto i 18 c’è
ciao
finalino di coda: commentatori insipienti: eh, elena!
per il resto abbasso il buonismo che fa malissimo, assolutamente d’accordo. e abbasso le animucce delicate: non credo che nessuno di quelli che hanno scritto abbiano meno di diciotto anni… magàra!!!
provate a scrivere a quattro mani, ma con il casco e il paracadute. che dite?
:D
Beh, Elena, mica hai torto…
Milvia
Scusate, non sono avvezza alla polemica né all’invettiva da blog né alle volgarità gratuite, ma a questo punto mi sorge spontaneo un: MA CHE DUE PALLE!!
Ma è possibile che ogni due, tre racconti si debba ripetere il teatrino del “insomma, un po’ di riguardo, c’è modo e modo, poverini questi scrittori”?
Io giuro che se avessi partecipato mi offenderei a sentirmi continuamente giudicata come una poveraccia che è una principiante (che chissà poi quando è che uno non è principiante? chi lo stabilisce il passaggio dal principiante al non principiante? Quando è che uno scrittore è “riconosciuto”? quando ha pubblicato qualcosa, magari per la casa editrice “Parole al vento”, a pagamento magari? O esiste un albo degli scrittori? rido per molto meno.) che deve essere scusata, anzi capìta se fa errori di grammatica, di sintassi, perché insomma, mica siamo al premio Strega, e poi via mail uno mica può controllare tutto, e poi poverina fa caldo, magari c’ha famiglia, magari c’ha la moglie/il marito che rema contro, magari ci vede poco, magari c’ha il mutuo da pagare, magari le è morto il criceto da poco!
E poi a quattro mani si fa più fatica che con due! e poi poverini, un tema libero! e tutto via mail con uno sconosciuto!!
Ma qualcuno ha forse costretto i partecipanti, pistola alla tempia, a partecipare a un “concorso” di racconti a quattro mani con uno sconosciuto, con un tema libero e a farsi giudicare liberamente dai commentatori di questo blog?
Allora vorrei dire a chi si firma L. con il suo finalino estetico (che i commentatori insipienti leggono come moralistico), vorrei dirti che se proprio vogliamo parlare delle sorti del nostro povero paese, più che di quello che tu definisci disprezzo (che io non vedo in nessun commento) e animosità, che vedo e che ci sta benissimo, visto che siamo qui a commentare, ti dico invece che io avrei paura, anzi ho paura, per questo paese, del pressapochismo, della mancanza di impegno, del massì poverini chissà che fatica, che invochi tu.
Mi fanno paura, perché questi istigamenti ad abbassare il livello, il livello in generale della conoscenza, dell’impegno e della correttezza, li trovo ovunque, come una gramigna che cresce senza controllo e senza alcun contrasto nel nostro povero paese. A cominciare dalla scuola, per finire in un call center. Tutti ne abbiamo esperienza.
Quindi termino anch’io con un finalino estetico moraleggiante: vediamo di pretendere quel minimo di più da noi stessi e dagli altri, senza scusarci di continuo.
Ultra finale per L.: se vuoi venire a dire cose urticanti nel mio blog sarai la benvenuta. E se penserò che hai ragione ti darò ragione, se penserò che non hai ragione invece no. Il garbo non è sempre necessario per vivere.
Sono d’accordo con Laura Costantini, ed è per questo che ogni anno partecipo a questo gioco, che spero continuerà anche nei prossimi: c’è la bellezza di essere letti e di avere subito un riscontro. Anche i giudizi negativi testimoniano il regalo che il lettore fa all’autore: la sua attenzione. L’anonimato di chi scrive garantisce la sincerità dei commenti.
Io come commentatrice latito e me ne scuso, ma mi è difficile esprimere giudizi dettagliati e poi ho il pregiudizio che alla fine si tratti sempre di gusto personale e sui gusti non si discute. Però leggo, leggo tutto. In effetti, piuttosto che avere lettori silenti è meglio averli urlanti, almeno per una stima oggettiva del fatto che il racconto è stato letto. E finalmente una stima che non coinvolge il denaro, come se le copie vendute facessero il valore del libro: se penso a quante fregature ho preso comperando libri che poi non mi sono piaciuti o che ho subito abbandonato… o a quanti libri ho imprestato perché li volevo condividere…
Il bello del blog aperto ai commenti è lo scambio fra lettore e autore, fantastico, secondo me. Anche se le esagerazioni e le liti sono all’ordine del giorno, nulla di nuovo.
Il tema di questo racconto in particolare è forte, a mio modesto parere, in un Paese come il nostro che nega i diritti alle coppie gay, che tenta di “curarle” con terapie psicologiche. L’ultima frase mi sembra un ritorno al contemporaneo italiano, al sangue che purtroppo ancora scorre su chi è discriminato.
L.: tu invece c’hai una pianta di w-isteria.
@L
TheFreeDictionary:
sarcasmo
n m sarcasmo: ironia amara e pungente
Copyright © 2009 K Dictionaries Ltd.
Almeno, questo è il significato che io intendevo, quindi non offensivo.
Comunque io non ho fatto commenti, sarcastici o no. Mi sono limitato a presumere che l’intenzione di chi li ha fatti fosse quella di sdrammatizzare con l’ironia giudizi altrimenti più pesanti se espressi “seriamente”.
maro’! ho scritto anaizzare, che potrebbe essere letto anche “a n(on) aizzare”
ma no, manca solo una l, piccola però…
Mi ripeto , a me piace la discussione tra i commentatori, leggo cose interessanti e utili , non lo dico per fare il simpatico, c’è da imparare e molto anche . Non mi ha dato fastidio nessun commento sul racconto al quale ho partecipato e farò altrettanto sull’altro non ancora pubblicato. Spero che ci sia lasciato lo spazio e il tempo quando tutto sarà finito di poter rispondere, giustificando o spiegando errori, imprecisioni o incomprensioni.
Ho riletto questo racconto mi piacerebbe ritrovarmi qui e sentire parlare gli autori , poter fare loro domande , perché sono convinto che poi la lettura sarà più facile e comprensibile.
Il bello di questi concorsi è che si incontrano persone molto diverse tra loro , qui addirittura si scrive in collaborazione con qualcuno che non conosci o che conosci solo per via telematica , non è semplice!
Andiamo avanti! Ho il desiderio di leggerne altri, leggere altre storie , belle, brutte, passerò un bell’agosto senza ferie ma almeno qui davanti a questa pagina so di aver buontempo.
Ringrazio tutti per il divertimento… perchè leggere è bello.
Il falconiere Marchetti Fausto
Intervengo di nuovo solo perché non voglio che ci siano equivoci:
@Lucy, le critiche di Laura Costantini non sono mai state né sprezzanti né animose.
Non ho niente contro la critica, è vero che i racconti sono qui con i commenti aperti per essere valutati e criticati, dico solo che c’è modo e modo.
Se io venissi nel tuo blog a riservarti il trattamento urticante che tu riservi ad altri, qui, accetteresti con garbo? Permettimi di dubitare.
@ Paul
Il sarcasmo è «ironia malevola, amara, pungente, offensiva.»
@entrambi
Quello che leggete come “finalino moralistico” è in realtà un finalino estetico, peccato che non lo capiate.
E adesso nothig else matters
Non ho trovato animosità e disprezzo nei commenti, tutt’alpiù sarcasmo.
Del resto chi decide di partecipare a una gara letteraria, esperto di scrittura o meno, si mette in gioco e deve saper accettare critiche. Laddove, com in questo caso, si rasenta la comicità involontaria con Giangiulio, mani liquide, cene omeriche etc.., il sarcasmo ci sta. E magari non per scortesia, anzi per sdrammatizzare un giudizio che espresso in termini “seri” sarebbe troppo pesante.
Non sparo sulla croce rossa esprimendo ulteriori giudizi sul racconto ma concordo con Lucy che il finalino moralistico sul paese si poteva evitare.. Anche perchè se proprio c’è qualcosa di cui, nel paese e non solo, si abusa ed è dannoso, è il buonismo.
credo che laura costantini sia “abbastanza” esperta per dare giudizi e fornire motivazioni. dice cose spesso, se non sempre, assolutamente condivisibili e per niente buoniste. rifacciamoci a lei quando dice:
“Quello che noto quest’anno come negli anni precedenti è l’incapacità di accettare che i lettori possano non apprezzare le cose che si scrivono. Eppure, udite udite, succede. Anche ai migliori che, ovviamente, non siamo noi. E l’attenzione che viene posta nella lettura (anche di racconti che di letture ne richiedono fin tre o quattro per essere vagamente compresi) dovrebbe essere interpretata per quella che è: un regalo a chi ha scritto, un regalo che chi ha scritto ha espressamente richiesto nel momento in cui è entrato in questo gioco”.
io, invece, sono irrimediabilmente urticante, anche quando critico un decimo degli altri. so’ ‘ntipatica, che te devo di’, L. mi faccio sempre beccare da qualcuno, anche quando mi esprimo entusiasticamente.
(animosità è un po’ troppo, però, e il finalino moralistico sul paese etc. de ppiù)
@T.
La mia classifica in questo gioco è una specie di tradizione che va avanti fin dalla primissima edizione. Ed è umile perché è esclusivamente ad uso e consumo della sottoscritta. Alla fine i mio voto varrà uno e non credo deciderà delle sorti di chicchessia. Nessuno, in tre anni, l’ha mai trovata fastidiosa e ingombrante, perché al’occorrenza basta bypassare il commento firmato da Laura Costantini con tanto di faccina esposta e risparmiarsi l’immane fatica di sei titoli uno dietro l’altro.
Quello che noto quest’anno come negli anni precedenti è l’incapacità di accettare che i lettori possano non apprezzare le cose che si scrivono. Eppure, udite udite, succede. Anche ai migliori che, ovviamente, non siamo noi. E l’attenzione che viene posta nella lettura (anche di racconti che di letture ne richiedono fin tre o quattro per essere vagamente compresi) dovrebbe essere interpretata per quella che è: un regalo a chi ha scritto, un regalo che chi ha scritto ha espressamente richiesto nel momento in cui è entrato in questo gioco.
Ribadisco, poi però me ne vado, perché non mi piace l’aria che tira, questi racconti non sono stati chiesti a scrittori riconosciuti, ma a persone che amano scrivere e che hanno partecipato a un gioco proposto da Bassini [così almeno ho capito] persone che hanno blog dove scrivono liberamente, come molti dei loro commentatori, ma che qui hanno accettato la doppia contrainte del racconto breve e delle quattro mani, ci vuole perciò un’idea narrativa condivisa, anche se breve, sulla quale possano convergere le diverse sensibilità di due persone che magari si conoscono poco.
Trovare una buona idea narrativa non è facile, gli autori dei racconti ci hanno provato, non sempre ci sono riusciti, avere una scrittura senza pecche è altrettanto difficile. Chi ha idee narrative eccellenti e stile sopraffino magari ha anche un buon editore.
Alcuni commentatori che hanno scritto pezzi buoni e lodati nei loro blog dovrebbero ricordare che scrivere “liberamente”, esprimendo se stessi, parlando di cose che si conoscono per esperienza diretta, è sempre più facile che non darsi un tema e doverlo condividere con una persona che si conosce magari superficialmente.
Ho visto accanimenti sulla punteggiatura e ho pensato, ma alla decima mail che viaggia come una pallina da ping pong magari la punteggiatura sfugge, come sfugge il refuso, non lo si vede più, mentre sul proprio pezzo, scritto da soli a casa propria, magari letto e riletto, non sfugge.
Non si tratta di essere buoni, si tratta di usare, anche nella critica, un minimo di cortesia, mentre in alcuni commenti leggo disprezzo e animosità. Ce n’è già abbastanza in questo paese, vogliamo contribuire?
qui non c’è un pelo nell’uovo, ma un’intera pelliccia in un uovo di dinosauro. semmai il pelo nell’uovo è trovare il buono esattamente dove una, nella fattispecie io, ha trovato, due su cento che poteva citare, difetti per lei più evidenti. comunque non mi hai risposto, L. : dove sono le citazioni? perché se basta mettere su delle pretese in un testo per far sostenere che ci sono delle citazioni… allora io mi metto delle cianfrusaglie sberluccicose al collo e poi vo’ dicendo che sono una copia conforme dei gioielli della corona d’inghilterra: tanto chi ha presente come sono i gioielli della regina elisabetta?
io sono accanita, è vero, ma non per cattiveria d’ indole, ma perché le cose buttate là e la critica un po’ inventata, quando si tratta di scrittura, mi urtano il palato.
se è un gioco, battiamo le mani, sempre, allora. vogliamoci bene. siamo tutti amici, non ci sono differenze. qui oggi invece siamo stati tutti brutticattivi.
cara Lucy, non m’interesso di etichetta, ma leggo nei commenti una propensione alla “critica della critica” che mi pare un po’ eccessiva.
Tutto qui.
Con questo chiudo e mi rimetto al lavoro.
piccoli universi paralleli, morena? in nome dell’etiketta?
qui ci sono tre commentatori che hanno posto domande, le domande di @Fratti mi sembravano dirette agli autori, le domande di @Lucypestifera ai commentatori, la domanda di Monia, la condivido, perciò non ho risposto. Cosa sia il sangue in ginocchio resta oscuro anche a me.
@Lucy
non ti agitare, altrimenti si pensa che ti agiti perché a un tuo commento sotto un altro racconto ho riportato un uso di “vergognosamente” un po’ più largo di quello da te contestato a non ricordo chi. Nessuno è nato imparato, né tu né io. Uno sa una cosa, uno ne sa un’altra. Uno vede una cosa, uno ne vede un’altra. Io trovo che gli incipit dei tre paragrafi siano buoni.
O il gioco è solo a lanciare freccette?
Un racconto breve e per di più a quattro mani è difficile da fare, e magari le persone che li hanno scritti si sono trovate di fronte alla difficoltà di comunicare via mail. Fruttero e Lucentini almeno si guardavano in faccia.
Auguro a tutti e in particolare ai commentatori, se mai dovessero scrivere e pubblicare, di incontrare lettori un pelo più generosi, perché la critica va bene, ma l’accanimento, soprattutto nel cercare il pelo nell’uovo, non serve a niente. O meglio, è uno spioncino sull’anima dell’accanito.
Meno male che è un gioco.
A volte penso come sarebbe se ci si limitasse a scrivere cosa si pensa del racconto senza rispondere a chi non la pensa come noi.
A volte.
Ma è agosto ed è, quindi, un pensiero ozioso. Come me.
cristina c’è una L che si aggira come uno spettro: è la L del letteraturismo. chiedi a “codella”, come ebbe a scrivere un mio studente. due cose che ho richiamato me le ribalta in positivo. ho come la sensazione che se avessi detto un gran bene delle liquide mano – alla ciociara, mano, òcio – e delle cene omeriche avrebbe scritto ma de che, ahò? una cosa kic è kic e guasta, se è kic, se no, non è kic e funzia.
citazioni di citazioni? fuori gli originali.
siamo seri, suvvia.
ribbbbbadisco: racconto “vorìamanoposso” – alla venexiana.
I tre incipit – belli – dei tre paragrafi e la chiusa sembrano della stessa mano, ottimi i primi due, un po’ traballante il terzo per quella terza rima [soprattutto evitato] che sembra sfuggita e suona impropria, ma è una cosetta. Buona la chiusa.
Deboli trovo invece i dialoghi, innaturali, un po’ forzati, rigidi.
Le “omeriche cene a notte fonda” non mi disturbano, sono echi, citazioni di citazioni.
«Le mani si fanno liquide nelle sere senza luna» è un’immagine erotica, è un po’ kitsch? sì, ma non guasta, fa venire in mente certi film del passato, anche qui citazioni di citazioni.
Consiglio la rilettura dei quattro passi che ho citato, chi li ha scritti ha orecchio musicale.
Non mi piace la pretenziosità: dello stile che vuole essere, forse, ricercato ma rischia di diventare, per me, sbruffone; della costruzione, con le riprese mal adoperate; della punteggiatura usata a sproposito ( a volte eccessiva,- i soliti odiosi doppi punti esclamativi- e mancante dove sarebbe stata necessaria “guarda due froci” […] “Che schifo. Ma non vi fate schifo” “Rivestiti schifoso” “[…] lasciali” – Se non si è Saramago, meglio usarla a proposito)
Poteva essere una buona idea quella che nonostante tutto si intravede all’origine, ma non è sostenuta con abbastanza strumenti. Anche se mi pare di sospettare una delle due mani un po’più sapiente dell’altra ( quella che scrive degli imperatori giapponesi )
“Illune” magari lo scriveva D’Annunzio, dice lo Zingarelli, ma qui è, appunto, pretenzioso. (La sua sostituzione avrebbe cambiato ben poco, per me). Giangiulio mi suona orrendo. Com’è il sangue in ginocchio?
Detto questo, come dicono i politici, sostengo e sottolineo che sono critiche personalissime di lettrice al racconto e non agli autori che saranno pur degnissimi di scrivere altro. Ma questo no.
Trovo anch’io questo racconto difficile da valutare. Due letture non mi hanno chiarito le idee. I due protagonisti, omosessuali, alla fine sono oggetto di aggressione. Piuttosto violenta, anche: perdono sangue, mi pare. Ma poco c’entra con il resto del racconto, che, peraltro, soffre di quella pesante ripetizione nella prima e seconda parte. Non ho davvero capito il senso di ripetere un discorso diretto. Infine non riesco a leggere eheheh in un dialogo. Mi spiace ma davvero non funziona, secondo me.
ma quanto è brava lucy ad anaizzare perfettamente laddove io non ci riuscirei nemmeno se stessi una settimana a lambiccarmi il cervello.
lo posso dire? mi incanta questo suo modo di intelleggere, e mi ci trova quasi sempre d’accordo.
vuoi tu, lucy, concedermene la condivisione?
grazie
c.
siccome molti qui si sono mostrati sensibili all’aggettivazione impropria o consunta, chiedo: vabbé che l’aggettivo “liquido/a/i/e” è di moda – io lo depreco –
ma che ci fanno le mani liquide nelle sere di luna? e le cene omeriche? com’è una cena omerica? è quella tra achille e patroclo?
brutto: senza scampo.
Una scrittura accurata e non superficiale. È forse un poco confuso, ma non è male.
Io il mio glicine lo chiamo al maschile ma ora cerco subito una verifica.
Giangiulio nun se po’ senti’ comunque :-)
ho letto solo il titolo e i primi due commenti. non sono riuscita ad andare oltre il titolo semplicemente perché ho pensato alla serie televisiva. intitolare così un racconto equivale a dare un nome tipo sue ellen ad una povera bambina italiana o, peggio, geiàr – vi giuro: esattamente così – o kevin etc.
ma chi mai si sognerebbe di dire “ho una pianta di wisteria sul terrazzo”? ma dài.
:(
Allora, quello che ho capito io è che ci sono due omosessuali, Claudio e Giangiulio, che usavano incontrarsi in via Mafalda di Savoia, dove si scambiavano intimità, nelle sere senza luna, e sognavano una immaginaria e impossibile vita in comune: chi compra il pane, chi stira, chi rigoverna, amici e amiche e cene omeriche.
Allo stesso tempo per questa via passano anche i cavi del telefono sotto i rampicanti del glicine che, nella loro bellezza e immemorezza e indifferenza, non badano alle parole e ai tormenti degli umani che corrono nei fili telefonici: storie di psicanalisi, di terapie, di campi di educazione sessuale (!), desideri di vendetta contro la madre?, la psicologa? il dottor T.Nannerini? Tutto questo finché non passa la legge sui Pacs (o meglio sul matrimonio tra omosessuali) e Giangiulio parla di sposarsi. Claudio invece non vuole lasciar perdere il passato e i suoi tormenti ma pensa solo alla vendetta. Quindi, sangue o comunque discordia tra i due amanti mentre i glicini, simbolo di pace e gentilezza tra gli imperatori giapponesi, guardano dall’alto le umane miserie.
Ecco, se questo è quello che si doveva capire, devo dire che ho fatto uno sforzo di interpretazione degna di una lettura del Beowulf in sassone. Quello che mi pare di intuire è che qui i glicini stanno a guardare, un po’ come le stelle, le disavventure degli umani e se ne stanno indifferenti.
L’idea è bella, se la mia interpretazione è quella corretta, cioè di suggerire dei fatti, dei dialoghi, degli avvenimenti, rendendo personaggio principale e narratore- testimone inconsapevole il/i glicine/i di via Mafalda di Savoia, ma la cosa non mi sembra riuscita perché alla fine non si capisce una mazza.
Comunque, credo che i fili del telefono non siano più all’aria da un bel po’ di tempo, ma siano stati tutti interrati, che la scelta del nome Giangiulio renda involontariamente ridicolo il personaggio più che suggerire alti natali e che i campi di educazione sessuale non siano una pratica così frequente. Tutti gradini su cui un lettore inciampa. O almeno, io ci ho inciampato.
Sinceramente non ho capito dove il racconto voglia andare a parare e che cosa voglia raccontare. Forse è un problema mio di comprensione, può essere, però ho provato a leggere seguendo il filo della pazzia, ma non ha funzionato, ho provato a leggerlo seguendo il filo del glicine che se ne sta attaccato al suo cavo senza badare alle miserie umane che passano sotto le sue fronde, due diversi approcci alla lettura quindi, e non ha funzionato. Mah, forse sono stanca o, forse, il racconto è scritto male.
Ciao Lucia
@ Fratti
E per fortuna che avevo detto che la mia osservazione era in termini generali: cioè “non” riferita a questo racconto in particolare né – a maggior ragione – al mio interlocutore.
Come non detto. Anche perché non c’è nulla che io stia “lamentando” a titolo personale (non hai detto nulla che possa dispiacermi né di cui debba “fare ammenda”…). Come non detto, e sono d’accordo: siamo qui per commentare i racconti o tacere, cose più costruttive di una qualsiasi polemica (sterile, non cercata e non voluta).
Mi scuso con l’altra Laura, ho scritto il mio nome invece che il nick fratti
Scusi, gentile Stefania,
dove ho detto o lasciato intendere che il mio giudizio sia stato frettoloso?
Ripeto che ho letto il racconto più volte, e se non l’ho capito (e non mi sembra che sia successo solo a me) non vedo questa mancanza di rispetto nel modo di porsi.
Per quanto riguarda l’altra questione, io non ho mai espresso classifiche o preferenze, anche se non ci vedo niente di male, quindi non ho intenzione di combattere una battaglia non mia.
Peraltro penso che qui si debba commentare i racconti e non portare avanti sterili polemiche. Quindi faccio ammenda per qualsiasi cosa da me scritta che abbia potuto dispiacerle e taccio.
Scusa, Fratti: dove ho detto o lasciato intendere che sia illegittimo esprimere pareri personali?
Continuo a non capire perché, quando qualcuno osa alludere a un certo “modo” di porsi, dall’altra parte ci si senta lesi nella propria libertà d’espressione. Fraintendendo volutamente: chi mai può credere che qui si vogliano solo benevolenza e pacche sulle spalle? Boh.
In ogni caso, tanto per non tirarla per le lunghe, la mia osservazione – del tutto soggettiva – era in termini generali: dedicare attenzione (o rispetto) a qualcosa potrebbe anche significare (ad esempio) evitare giudizi “frettolosi”. Aggettivo che non fa riferimento alla qualità positiva o negativa del giudizio. E che c’entra un bel nulla con il diritto/dovere di critica/che.
Quanto alle regole, non fraintendiamoci neppure qui: sia T. che la sottoscritta alludono a quanto Remo ha scritto e ripetuto più volte. A meno che non siano cambiate, sarebbe meglio tenerne conto (ogni gioco ha le sue, e senza non c’è gusto). Senza che alcuno si senta leso nella sua “libertà di espressione”.
sì, anch’io propendo per il glicine…
Preferisco tacere..
Tutta la mia comprensione va al povero glicine..
Gentile Stefania,
ho dedicato assoluta attenzione a questo racconto, più che agli altri, avendolo riletto attentamente quattro volte per spremerne il recondito significato.
E’ovvio che la sua nebulosità o la sua pesantezza siano meri giudizi soggettivi ma mi sembra legittimo esprimere il mio parere personale, come del resto è stato fatto finora da tutti. Ci sono racconti che hanno ricevuto commenti peggiori e molto più dettagliati e, trattandosi di una gara, non vedo dove sia la mancanza di rispetto nel dare un giudizio negativo o nell’esprimere le proprie preferenze.
Non mi sembra che sia vietato dal regolamento stilare classifiche di gradimento o fare critiche. Se fosse così basta esplicitarlo e mi atterrò strettamente alle regole.
Mah…
Le quattro mani non si sentono. E’ un pasticcetto molto omogeneo, mi sembra.
Milvia
@ Fratti
La “pesantezza” del racconto credo sia un dato assolutamente soggettivo.
Il racconto – esattamente come le regole esposte da Remo riguardo alle modalità di votazione – esige maggiore attenzione.
O “rispetto”, prima delle nostre personali classifiche.
:)
In effetti Desperate Housewives si svolge a Wisteria Lane! :)
@ Stefania Mola
Lo sapevo che Wisteria è il nome scientifico del glicine, la mia voleva essere una battuta, per alleggerire la pesantezza del racconto.
@t
non conosco Laura Costantini e non sempre condivido i suoi giudizi sui racconti ma il fatto che si esponga con la classifica e tanto di nome e cognome mi sembra del tutto degno di rispetto e assolutamente legittimo.
Laura, la sua classifica non mi pare poi tanto umile, immancabile com’è sotto ogni testo. La chiamerei ingombrante, visto che Remo ha ben specificato i termini del “voto”: in un determinato giorno, dopo la pubblicazione dell’ultimo testo. Però faccia come crede, i problemi del mondo effettivamente sono altri.
Wisteria invece è molto bella. O bello. Emozionante.
Wisteria è il nome scientifico del glicine. Ma questo – ovviamente – sarebbe il meno. :)
Non ci ho capito niente, giuro. Ho riletto, mi sono sforzata, ma niente. Limite mio, senz’altro ma la mia umile classifica resta immutata.
1) Take away
2) Anni sereni
3) Il primo figlio
4) beautiful monster
5) Antiferesi
6) la casa del mais
Forse a Giangiulio (ma chi è?? Mi ricorda i nomi pretenziosi dei figli del babbo logorroico interpretato da Verdone e abbandonato dalla moglie in Bianco, rosso e Verdone) é scappata una W di troppo e il racconto doveva intitolarsi Isteria?
Oppure l’autore della casa del mais,criticato perchè il mais nel racconto non c’era, ne ha scritto un altro mettendo il glicine dappertutto?
Stanotte, nell’ “illune silenzio”, invidierò i glicini che “si fanno i fatti loro e sono immemori” mentre io, purtroppo, ci metterò un po’ a dimenticare questo obbrobrio.
Mi ha talmente confuso le idee che nella quintultima riga ho letto “prendere” al posto di precedere: gli imperatori giapponesi….si facevano prendere dagli uomini del seguito….
Mah! stavolta non mi riesce di fare i complimenti a nessuno. Perciò mi scuso con chi ha scritto!
Il falconiere Marchetti Fausto
Ohibò! Qualcuno me lo spiega?