A 4 mani, 15° racconto: Complesso vocale

Non la trovava. Dopo un’altra ora di inutili affanni, sdraiato sul divano o accovacciato sulla poltrona, Filippo Tarchini cominciò a far i conti con la sconfitta: il nulla, il vuoto. Non un motto di spirito, una battuta valida, un’arguzia. Solo un continuo smarrirsi in una favola astrusa di cani parlanti con gatti sordi; una roba assurda, da autori privi di fantasia. Gli mancava qualcosa, stavolta. La sua padronanza, il suo slancio immaginifico, l’antica capacità di dar vita a un bisbiglio, un soffio o un sussurro, lo stavano abbandonando. Così, il discorso conclusivo di Mario Annibaldi, sindaco di Lucca, non quagliava. Il nulla, appunto, si stagliava ancora più nitido sullo sconforto, privandolo di un solo attimo di sano ottimismo. Il blocco si stava tramutando in doloroso ristagno.
Aprì un libro, il solito Fanfani, con la vaga fiducia di trovarvi una parola, una possibilità visionaria, uno spiraglio di sogno. Invano. Trovò solo una parola
arida, “infrastruttura”, non in grado, di sicuro, di procurargli stimolo alcuno. La mancanza continuava a circondarlo.
L’orologio a muro indicava l’approssimarsi di una nuova alba, un altro giorno infruttuoso stava spirando.
Allora, Filippo Tarchini, con la voglia di sgranchirsi un po’ muscoli, si alzò. I passi risuonarono sul tavolato in uno strano frastuono. I fogli, sparsi sullo scrittoio, sul tavolo riunioni, sul tavolino in soggiorno, continuavano a fissarlo. Bianchi, di un bianco immacolato, apparivano ora qua ora là, urlandogli in faccia tutta la sua incapacità. Dopo un po’, stanco di tali visioni, tornò a sdraiarsi, stavolta imbacuccato sotto un plaid di lana.
Ma, d’incanto, tutta la casa si trasformò ai suoi occhi. Intorno a lui sparirono i colori. I muri, i mobili di palissandro, l’abat jour ambrata, la natura morta di Jacopo da Cortona, il lampadario a soffitto, la sciarpa, i guanti, il soprabito, il portafoglio appoggiato su un ripiano: tutto bianco. Solo una mosca, volando da uno spazio all’altro, marcava di tanto in tanto un punto. Un punto sporco, sinistro, si mostrava a Filippo al modo in cui si mostra il maligno. Stava fissa solo pochi istanti, poi volava via. Ad ogni passaggio si udiva un ronzio via via più fastidioso, poi, quando di nuovo si posava, la sagoma scura appariva più voluminosa.
“Ora ti ammazzo, bastarda!” Lanciò una scarpa, con una forza smisurata, con tutta la rabbia accumulata dai giorni di stallo. Colpì la mosca, sopra l’armadio, vicino al soffitto. Un vaso di cristallo, urtato di rimbalzo, cascò, frantumandosi in migliaia di spicchi brillanti. Un rivolo limaccioso cominciò a mostrarsi intorno alla carcassa. Poi il liquido giallognolo colò piano sull’intonaco bianco, prima curvando a sinistra poi puntando in basso, in un tragitto bizzarro. Quando finì di aggrumarsi, lo sguardo di Filippo fu conquistato dall’impronta lasciata sul muro. Davanti a lui un simbolo, un avviso, una minaccia. Gli ricordava un film di Kubrick.
Pur raffigurata in modo approssimativo, appariva ora, con tutto il suo carico di ambiguità, una limpida,
grandissima E.
Ecco, disse, riconoscendo l‘impasse. Stupidamente, essere preda della privazione vocale è dannatamente esasperante e
d elimina qualunque possibile percorso semantico percorribile. Che succede? Perché queste E adesso entrano dappertutto? Liberatemi ve ne prego! E’ incredibile, credo che se continuerò per altre due, tre righe diventerò sempre meno libero e razionale. Ed esprimere pensieri, idee, istanze e desideri, speranze e convergenze politiche degne del Presidente della Regione (ché per quello concorre alle elezioni) diverrà difficile, forse impossibile. Me misero! Aiutatemi, deh!
Wilma Bellacci, la governante di casa Annibaldi, richiamata da un vociare sempre più concitato che sembrava provenire dalla biblioteca, si accostò per bussare. Quando entrò, trovò Filippo Tarchini, il ghost writer del Dottor Mario, come lei confidenzialmente lo chiamava, riverso
accanto al tappeto, la bocca spalancata e tanti piccoli frammenti scuri ai lati della labbra che sembravano colare come lava da un vulcano. Parevano schegge di natura ferrosa. Si avvicinò aggiustandosi gli occhiali sul naso: erano le minuscole lettere scivolate dai martelletti della Olivetti 32 con cui Filippo si ostinava a scrivere tutto, dai discorsi alle risposte di ringraziamento. Wilma diligentemente le raccolse. Qualcuno le avrebbe aggiustate, rimontandole ad una ad una da dove erano scivolate. Le ordinò scrupolosamente per facilitare il lavoro, ma si accorse che mancava la E. Dove diavolo era finita? Sollevò il tappeto: niente. Andò a prendere la scopa e passò ogni centimetro quadrato della biblioteca, sotto ogni mobile o suppellettile: niente. Filippo giaceva esanime, ancora svenuto. Avrebbe potuto essere sotto il suo corpo. Chiamò Osvaldo, il cuoco, e insieme lo sollevarono delicatamente e lo stesero sul divano. Niente nemmeno lì sotto.
Dato il protrarsi dello stato di incoscienza, fu chiamato il medico di famiglia. Costui auscultò Filippo Tarchini, il quale, dopo aver annusato un tampone imbevuto d’ammoniaca, si svegliò e incominciò a tossire. Il dottor Razio, gli sollevò la maglietta della salute e con lo stetoscopio premuto appena sotto le scapole gli intimò “dica 33”. Filippo, guardando nel vuoto, si sforzò ma non riuscì a pronunciare alcunché. Poi, d’improvviso, dopo l’ennesimo incoraggiamento del medico, finalmente parlò: “Tre, tre, tre belle pere, sette le mele delle megere, sette le pesche, sette le tette delle tedesche…”. Sembrava non potersi fermare più, continuò a cantare quella specie di filastrocca per alcuni minuti fino a che un conato di tosse un po’ più forte lo fece avvampare. E, prima che riuscisse a mettersi la mano davanti alla bocca, finalmente sputò il martelletto della lettera E.
Wilma, dopo averlo asciugato, lo allineò con cura fra la di e la effe.

Filippo Tarchini scrisse un discorso memorabile. Scaldava il cuore e accendeva gli animi.
Mario Annibaldi venne eletto con un plebiscito.

82 pensieri su “A 4 mani, 15° racconto: Complesso vocale

  1. complimenti per la ricerca! :)

    posto che la elena citata non sono io, ribadisco e confermo che jacopo da cortona pittore di nature morte non esiste!
    (anche se sicuramente, nel tempo, a cortona, qualcuno che si sia dilettato a dipingere ci sarà pur stato, questo è innegabile)

  2. “E per quelli che subito pensano che ci sia autocompiacimento e sfoggio di cultura: andate a farvi un giro su google. Verificherete che Jacopo da Cortona non esiste […]” (Elena)

    «La ricostruzione della fortezza viscontea, quasi subito iniziata, è giustificata agli occhi dei cittadini con la volontà di abbellire la città e di garantire la sua sicurezza contro eventuali nemici esterni. A conferma di questa intenzione il nuovo Signore, nel 1452, affianca agli ingegneri militari Jacopo da Cortona, Giovanni da Milano e Marcoleone da Nogarolo un architetto civile, il Fiorentino Antonio Averulino detto il Filarete, incaricato di progettare la facciata verso la città, con l’alta torre centrale d’ingresso.»

    (fonte: http://www.milanocastello.it)

  3. perché lucca?
    perché il protagonista, il ghost writer di un uomo politico, trae ispirazione da un testo del fanfani (amintore) e lucca è la più democristiana fra le province toscane.

    jacopo da cortona.
    non volevamo tramutarlo in un carneade. non esiste e nel gioco/racconto è un semplice ammicamento/omaggio all’ideatore e artefice dei “racconti a 4 mani” cioè remo bassini.

    un grazie a tutti.
    noi ci siamo divertiti.
    alla prossima.

    e.l.e.n.a. e bobboti.

  4. Un ultima precisazione prima che qualcuno magari pensi che ho scritto una mail di insulti a Remo Bassini.
    Quello che ho scritto via mail è quello che appare al commento 67.
    Se essere definito Veltroniano può essere considerato un insulto, il PD è davvero messo male.

    @Laura/Bri: ecco, mi pareva che non potevi essere tu!:)) ti ho risposto di là.

    @Laura: figurati, rancore per cosa? preferisco non continuare perché, come ho scritto sopra, mi è sembrato di capire di non essere gradita al padrone di casa, e siccome questa non è casa mia, ringrazio per l’ulteriore ospitalità che mi sono presa per questa precisazione e me ne vado.

  5. Oh, che brutta roba! Peccato.
    Dico lo stesso la mia: mi piace, lipogramma o no. Il finale è bellissimo. Non mi pare autocompiaciuto.

  6. dovrei rispondere a chi mi insulta?
    ma per favore.
    allora, questa è l’ultima edizione dei racconti a quattro mani, e uno.
    questo blog è molto stanco, poi, molto, e due.
    si procede, comunque.

  7. Se la Elena torna, torno anche io, perchè ha ragione che l’importante è scrivere e, aggiungerei, leggere! Resettiamo, come dice la mia omonima e cerchiamo di capirci e di non personalizzare.. Senza rancore, Elena? :-)

  8. elena, non sono io quella lauraaa!!! :)
    vedi sopra
    ti vengo a trovare, sì, ogni tanto, e mi diverto molto a leggerti.
    io, invece, sono ferma al palo (della luce?)
    ora mi diletto, in tumblir.
    Di tanto in poco

  9. t: quella laura non sono io. Io, nel blog, mi firmo bri o con il codice fiscale? che tu sai.
    quindi resettiamo. ok?
    forse la laura si paleserà.
    sono tornata ieri, poi.
    mi devo leggere con calma tutti i racconti
    Io amo essere stupita. e qui il racconto lo fa.
    Poi che sia il primo o l’ultimo della mia lista non so. devo ancora concentrarmi. ciao t.

  10. Bellissimo il tuo non-commento alle mie parole Remo.

    Ma tra le righe, perché così bisogna interpretarti, come la Sibilla Cumana, e dalla tua non risposta alla mia mail di richiesta di spiegazioni, mi sembra di capire che non sono gradita al padrone di casa.

    Quindi chiudo qui, saluto tutti i partecipanti e auguro a tutti di continuare a scrivere. Ché quello è l’importante.

  11. Ritorno qui, ora che tutto é chiarito per confermare il mio commento n.6, soprattutto per dire ora che certo un lipogramma ho capito ora cos’é, ma nonostante io sia un semplice fornaio sono anche un esperto di giochi di parole, di rebus, di pagine della sfinge . Nella prima parte avevo notato subito la mancanza di E soprattutto quando le ho viste esplodere più avanti. E’ stata la filastrocca con le belle pere e le tette tedesche che hanno confermato la mia idea. Ho inventato con i miei figli e uso tuttora con le figlie di mia cognata questi giochi di parole, queste filastrocche che spesso si cantano in macchina per consumare chilometri in allegria.
    Ho fatto i complimenti agli autori e li rifaccio, son passato su wikipedia e mi sono informato su questo Perec, sicuramente altri autori ne approfitteranno dei suoi giochi di parole, speriamo per scrivere qualcosa che mi faccia venire la voglia di proseguire la lettura.

  12. Ommadonna, e io che vorrei che Gippì – ma lo dico sul serissimo – commentasse sempre.

  13. Caro Remo, ti proclami anarcocomunista ma parli come il miglior Veltroni: un colpo al cerchio e uno alla botte e soprattutto fra le righe, queste righe: altri con dispiacere hanno dovuto smettere di commentare, il tuo modo garbato di commentare mi piace, è questione di toni e di grazia, ma al mondo c’è chi bercia e fa sobbalzare, ma una volta o due ho mandato qualcuno affanculo, ma questa è una piazza e chiunque può parlare con il tono di voce che ha nel dna.
    E intervenendo dopo i commenti di Gippì, di Laura e il mio è chiaro che, tra i tre, io e Gippì siamo tra le persone che berciano, che non hanno grazia e che hanno dovuto far desistere gli altri, dispiaciuti, dal commentare.
    Il mondo è davvero strano. Laura per prima ha dato, indirettamente, dei presuntuosi e degli esibizionisti agli autori del racconto dicendo che facevano sfoggio della loro cultura, io mi sono presa termini come arrogante, incivile, irrispettosa e maleducata, però alla fine lei ha garbo e io bercio. Che ridere. Dovrei imparare davvero a parlare tra le righe per poter commentare nel tuo blog, ma davvero non credo che mi piaccia.

  14. Laura il tuo modo garbato di intervenire mi piace; mi spiace se tu smetti di commentare (anche perché, detto tra noi e che non lo sappia nessun altro) altri hanno smesso, e m’hanno scritto mail su mail, dispiaciuti di dover smettere.
    E’ tutta una questione di toni, o grazia, fate voi.
    Io sono in ferie a Castiglione della Pescaia, con moglie e figlio di sette mesi; quando
    i lbimbo dorme sul passeggino e si va in giro son cazzi: ché qui a Castiglione della Pescaia tutti o quasi invece di parlare berciano.
    Oggi però ho fatto una puntata a Pitigliano, dove la gente parla con un tono di voce che non ti fa sobbalzare.
    Questo blog – ribadisco – non è una località turistica ma è una piazza; da quando ho questo blog, da buon anarcocomunista, non ho mai detto a nessuno “questa è casa mia”.
    Una volta o due ho mandato qualcuno affanculo, preferisco.
    Dal momento che è una piazza tutti possono parlare col tono di voce che prediligono o che hanno nel dna.
    Io pure, credo.

  15. Ma sei Laura/Bri?! :)) Eppure dovresti conoscermi, e conoscere il mio modo di scrivere, ormai dato che leggi il mio blog, e io leggo il tuo, da un bel po’ di tempo, con reciproca, suppongo, simpatia.

    E in ogni caso, se anche tu fossi una qualunque altra Laura, stai scherzando?
    Sinceramente dire “Che ti frega se tale Gippì si meraviglia che non sia stato colto il riferimento a Perec?” o “ringrazialo/ringraziamolo umilmente dato che ha spiegato a tutti quello che è alla base di questo racconto ” (e sottolineo che ho detto ringrazIAMOLO, mettendo tutti, me compresa, nel gruppo di chi deve ringraziare), francamente non mi sembra né maleducato né espressione di ingiustificata arroganza.

    Credo che il verbo “fregarsene” sia ormai ampiamente utlizzato, per quanto informale, e che non si possa considerare offensivo il suo uso in un contesto che suppongo sia da considerarsi amichevole e non formale.

    E non vedo perché il tuo abbandono , o quello di chiunque altro, dovrebbe essermi gradito o non gradito, dal momento che ho semplicemente espresso delle opinioni, come tu hai espresso le tue e che neanche ci conosciamo.

    Sinceramente mi pare che tu stia riconducendo a te stessa, e anche, scusami, con una buona parte di vittimismo, tutto quello che succede e anzi, a rileggerti, dovrei io sentirmi offesa per essere stata definita maleducata, arrogante, incivile e irrispettosa degli altri.

    Ma non mi ci sento, offesa, perché so che non lo sono stata. Tutti i miei commenti, per quanto diretti e senza giri di parole, sono sempre stati corredati di motivi e spiegazioni, tanto che qualcuno ha pure detto che non pareva opportuno che i commenti fossero più lunghi dei racconti.:))
    Per cui ti invito a rileggermi e rileggerti e a chiuderla qui: commentatori come prima.
    Ciao. :))

  16. Laura, la parole scritte talvolta sono pessime conduttrici di sorrisi.
    Per come le ho lette io, né la risposta di Elena né quella di gippì (chiunque siano) voleva essere sgarbata nei tuoi confronti. Non so come dirti (ti do del tu perché, spero di non sbagliarmi, sei Laura/Brì; altrimenti mi scuso con la Laura del caso :) dicevo, io percepivo soltanto qualcosa di buonario.
    In questo “gioco”, alcuni racconti-commenti fa, è stato tirato in ballo pure “mia sorella”, buonanima (che poco senso dell’umorismo aveva, perciò attenti… :-))
    Non tirarti indietro, Laura, persona gentile e sensibile che sei, si sentirebbe la tua mancanza. Davvero.

  17. Non mi sembra di essermi scomposta e ho sempre espresso la mia opinione con educazione e in assoluta tranquillità. Non apostroferei nessuno, tanto più se non lo conosco, con termini tipo “ma a te che ti frega” o “ringrazia umilmente chi ti ha insegnato” e un accanimento polemico francamente degno di miglior causa.
    Conosco una coppia che ha partecipato alla gara che mi ha invitato a leggere i racconti e ho cercato di svolgere il mio compito di lettrice con impegno e correttezza, non commentando, ad esempio, il racconto della coppia che conoscevo.
    Ma francamente non parteciperò più al forum perchè le persone che attaccano con ingiustficata arroganza chi esprime un civile dissenso (e su un racconto, non su importanti temi etico-sociali, oltretutto) non fanno una favore nè a questo bel sito nè a questa gara di racconti che mi ha molto appassionato e che mi dispiace davvero abbandonare.
    So che a chi non ha rispetto delle opinioni diverse e reagisce attaccando con poca educazione il mio abbandono sarà gradito. Ma forse non lo sarà a chi, e sono convinta che fortunatamente siano di più, pensa che la civiltà e l’arricchimento dato dal confronto fra opinione diverse, siano valori da salvaguardare.
    P.S. I miei complimenti al racconto, dopo averlo riletto e saputo apprezzare l’abilità nel lipogramma, erano sinceri.
    In bocca al lupo a tutti i partecipanti.

  18. Io credo che un racconto sia ‘buono’ per il lettore ( e quindi per ognuno di noi, non come valore assoluto, che non credo esista) quando ci piace, a prescindere dalle nozioni nascoste che può contenere.
    A me (alla me lettrice che cerca divertimento dalla lettura. e non intendo divertimento come risata, anche se non la disdegno affatto) non interessa se nel racconto ci sono riferimenti colti e nozioni letterarie. A me interessa che il racconto fili, che mi dica qualcosa e che, a volte, mi sorprenda.

    Poi, in seguito, alla me curiosa che vuole scoprire cose che non sa ( e ahimè sono davvero tante) interesserà sapere tutto sui vari lipogrammi, sui Georges Perec che ancora non ha letto e sul resto.
    Quindi, questo è un ottimo racconto. Sempre a mio gusto personale, che è quello che dovrebbe esprimere il lettore.
    Aggiungo che il ‘riferimento colto’ nascosto non è la stessa cosa dello sfoggio di cultura. Quello, invece, mi irrita.
    Sono solo mie considerazioni, ma sono quelle che sento e seguo nella lettura.

  19. Laura, se lei continua a scomporsi così, rischia di fare la fine di un’altra mosca: quella che pensa di liberarsi dalla trame della ragnatela agitandosi. Io non ho dato dell’ignorante a nessuno, né implicitamente, come lei sostiene, né in modo evidente. Preferirei tagliarmi la lingua, mi creda, prima di pronunciarmi così. Anche perché non misuro certo la cultura o l’ignoranza delle persone in base alla conoscenza dei lipogrammi o di qualsivoglia letteratura potenziale. E io non mi considero né più colto né più ignorante di lei. Semplicemente perché non la conosco. Sono intervenuto solamente per spiegare (al titolare del blog che mal gradiva i nick anonimi) il senso degli interventi targati gp. Per gioco, dicevo. E per sdrammatizzare un clima che si stava creando. Cosa poteva esserci di meglio, per cercare di richiamare una maggiore attenzione alla lettura, se non quei tentativi un po’ goliardici che pescavano dai commenti altrettante parti senza la E? Poi, visto che ne avevo l’opportunità, cercavo di dire due cose a proposito del surreale. Le cose che penso, senza voler essere pedante. E, se lo sono stato, me ne scuso. Tutto qui.
    Se lei insiste nel dire che non si era accorta della “mancanza” e del suo sviluppo, sappia che ogni volta che lo dice fa un omaggio al gioco e al racconto: la scrittura col vincolo più riesce a nascondere il vincolo stesso, più si può dire riuscita. Anzi, lei è la lettrice modello. Che poi la storia in sé non le sia piaciuta l’abbiamo capito, cercheremo di farcene una ragione.

  20. @Laura: ma a te cosa ti importa di Gippì? Che ti frega se tale Gippì si meraviglia che non sia stato colto il riferimento a Perec? Che ti importa che sia snob e che alla mattina si vesta con le ghette e il cilindro e che schiaffeggi il suo maggiordomo che non sa cosa ha scritto Perec? Piuttosto cogli la cosa positiva e anzi ringrazialo/ringraziamolo umilmente dato che ha spiegato a tutti quello che è alla base di questo racconto e cioè che siamo di fronte a un lipogramma, di cui la maggior parte di noi non aveva mai sentito parlare!
    Quanto al fatto che molti abbiano apprezzato il racconto dopo aver saputo che sotto c’era la storia del lipogramma non vedo cosa ci sia di male, anzi!
    Se ti regalassero un orologio e tu scoprissi che è d’oro solo dopo averlo guardato più da vicino, non saresti più contenta? o diresti che l’orologio ora è apprezzabile per il suo valore monetario ma non come strumento per misurare il tempo?
    Preciso che io non ho sfidato nessuno a sapere cosa volesse dire snob, quanto a verificare in rete l’in-esistenza di tale Jacopo da Cortona, per via della tua frase : “ammetto la mia ignoranza, non so chi sia Iacopo da Cortona. Meno male che ci sono gli autori/autrici che ci mostrano con così tanta evidenza la loro cultura e la loro indubbia padronanza della scrittura”.

  21. Anche io non sapeo cosa fosse un lipogramma nè conoscevo Perec, come del resto, mi sembra di capire nessun altro o quasi, tranne i coltissimi autori a cui faccio tanto di cappello e che ringrazio perchè, come dice elena, è sempre bello imparare qualcosa di nuovo. Però non mi è piaciuto per niente il tono di Gippì che, meravigliandosi che “non fosse stato colto il riferimento a Perec tanto palese da sembrare un pastiche” nonchè il lipogramma, ha dato implicitamente a tutti di non colti pare lui. E questo è snobismo (e deriva da sine nobilitas, elena, e lo sapevo senza guardare in rete). Ribadisco che il racconto è autocompiaciuto e comprensibile, nel suo sofisticato gioco, solo a una ristretta cerchia di eletti. E ribadisco che se è apprezzabile nel suo esercizio stilistico, non lo è come racconto tout court, perchè molti lo hanno apprezzato solo dopo che è stato spiegato.

  22. Naaaaaaaaa!!!! :::))))) Torno ora a leggere e leggo di questa cosa del lipogramma che si è mangiato tutte le e!! E ripeto, come nel mio primo commento e ancora più forte: GRANDE!! GRANDE!! GRANDE!! e aggiungo GENIALE!! Solo per l’originalità questo racconto merita di vincere.

    Mai saputo cosa fosse un lipogramma, l’ho letto ora su Wikipedia, e neanche chi fosse Georges Perec, e ben contenta di impararlo!

    Vediamo di imparare anche qualcosa quando ce ne viene data la possibilità invece di fare smorfie verdi di invidia e gridare all’esibizionismo, all’autocompiacimento e allo sfoggio di cultura di chi sa qualcosa più di noi.

  23. Io ritengo doveroso esprimere il mio pensiero con onestà e senza buonismi di sorta. E’ probabile che io non sia all’altezza di giudicare professionalmente parlando, anzi ne sono certa, non sono del mestiere, ma come lettrice credo di poter esprimere il mio parere. Sono certa che i partecipanti che si sono cimentati in questa performance, e che non vedo dietro le loro righe scritte, tranne una coppia di cui so, sappiano con certezza che non vi è nulla di personale. Ed è così.

  24. Qualche racconto fa, sempre nei commenti, si accennò genericamente alla presunzione. Di chi scrive. O, peggio ancora, di chi legge (e poi commenta).
    Presunzione letteralmente intendendo il presumere.

    In fondo, tra noi che siam qui quanti sono quelli che hanno mangiato insieme (e magari chiacchierato de visu quel tanto/quel poco che serva a conoscersi/fiutarsi senza sparare a vuoto)?

    Suvvia.
    :)

  25. il mio commento è il primo della lista. a me è piaciuto già alla terza riga, per dire, senza aver capito niente del gioco o del lipogramma. io la parola lipogramma me la sono dovuta andare a cercare sul vocabolario e il riferimento a george perec manco mi aveva sfiorata. però suvvia, mi vien proprio da dire una cosuccia, dal cuore. non è che si stia qui ( e parlo di chi commenta) a dar sfoggio della nostra cultura. si potrebbe, perchè no, mettere in secondo piano il proprio ego e ascoltare con un filino di generosità in più chi scrive. che quella non fa mai male, la generosità intendo. ciaociao.

  26. Concordo con Laura. Se non mi fosse stato spiegato non me ne sarei accorta. Un bell’esercizio di stile che nel complesso non mi ha entusiasmato. Solo una questione di gusti.

  27. Ma scusate.. A tanti questo racconto è piaciuto solo dopo che è stata spiegata la storia e la questione del lipogramma.. (che nessuno, dico nessuno aveva capito). Ok, tanto di cappello alla bravura per l’esercizio stilistico. Ma il racconto ha fallito se piace a posteriori. Mi meraviglio che nessuno lo dica o lo ammetta.

  28. Uff. E’ la terza volta che provo a inviare un commento (se poi domani ne appariranno tre in un colpo chiedo scusa al padrone di casa).
    In ogni modo: volevo soltanto dire che per un punto Martin perse la cappa; che il lipogramma non l’avevo visto manco dopo la terza lettura, e mi è piaciuta assai l’idea; e che sono diventata fan di Lucypestifera ;-)

  29. Per un punto Martin perse la cappa, comunque ;-)

    (io il lipogramma l’ho visto soltanto quando sottolineato da altri, e mi è piaciuto, e sono diventata fan di Lucypestifera)

  30. Tuttavia, per un punto Martin perse la cappa.

    (bello il lipogramma, di cui non mi ero accorta ma che, scoperto, mi è piaciuto assai)

  31. Italo Calvino – che conosceva bene oulipiani e dintorni, nonché alcune delle loro “regole segrete” – scriveva presupponendo un lettore attivo e responsabile, che comunque ne avrebbe saputo più di lui (motivo per il quale – sosteneva – «la letteratura non può che giocare al rialzo, puntare sul rincaro, rilanciare la posta» e lo scrittore fingere «un se stesso che ne sa più di quel che lui sa»).

    Quando è evidente il contrario, come in questo caso, non si può che esserne felici.

    Mi inchino idealmente agli autori per la raffinatezza con cui hanno condotto il gioco: il loro racconto, per ragioni squisitamente personali legate alla storia della lettrice che sono, è in assoluto il mio preferito (ad oggi).

  32. Alla luce della spiegazione in chiave di lipogramma, l’ho riletto (è la terza rilettura, per inciso) e mi inchino alla maestria degli autori. Nessuna E prima della carcassa, un diluvio di E dopo il proditorio moschicidio. Geniale! Ma non è questione di essere incolti, credo. Non me ne sarei mai accorta se non mi fosse stato spiegato. Visto che questo limite lo condivido con la maggioranza dei lettori che hanno commentato, forse non sarebbe stato sbagliato porre nel titolo una parentesi (lipogramma in E) così avremmo saputo cosa aspettarci. Un esercizio di stile nel senso migliore del termine. Bravi, bravi, bravi.
    Ai racconti personalmente chiedo una storia da ricordare, ma questo gioco di parole merita di entrare nella mia piccola classifica e mi pone non pochi problemi nella scelta di chi far fuori dalla sestina… uhm.

    1) Take away
    2) Anni sereni
    3) Il primo figlio
    4) beautiful monster
    5) Antiferesi
    6) la casa del mais
    (da inserire) Complesso vocale

    Per il momento me la cavo così.

  33. Hai ragione t., ché gli interventi di L son comunque garbati.
    acqua e menta, Sì, E bicarbonato.
    e il mio plauso a Gippì, ha fatto bene a dire, provo a spiegarmi, ora.
    Sterno, con garbo, ha detto: che significa?
    Altri (tanti) di fronte a un testo che richiede una domanda, uno sforzo spesso, magari una rilettura se la cavano dicendo che è una boiata.
    La lettura è un incontro, uno racconta, l’altro asscolta; a volte è questione di udito, non di voce.

  34. Processo nel senso di procedimento, cioè tutta questa serie di spiegazioni..
    Perchè, appunto, concordo che i racconti non andrebbero mai spiegati..
    Ma come, Gippì, non ha capito che Perac non è un refuso nè una storpiatura ma solo un parziale lipogramma? ;-)

  35. Caro Paul, non c’è niente di sofisticato e io non la considero né “poco” né incolto.
    Il processo, come lei lo chiama, era solo agli interventi anonimi gippieschi. Anche perché i racconti, belli o brutti che siano, non andrebbero mai spiegati.
    La prego solo di non storpiare i nomi “leggendari”, sia cortese.

  36. A noi poveri ignoranti non poteva non sfuggire un esercizio così sofisticato come il lipogramma, tutt’alpiù possiamo arrivare alle virgole. E, tanto meno, siamo in grado di riconoscere un richamo al leggendario Georges Perac, sia nel testo che nelle iniziali.
    Mi scuso per la mia pochezza e la mia incultura.
    Comunque, ora che il testo è stato spiegato, sviscerato, paragonato, ora che sappiamo anche che è stato un erudito divertissement alle spalle di tanti lettori non parimenti acculturati, sono stato messo in grado di apprezzarlo e quasi mi piace, sinceramente.
    Però quando un testo ha bisogno di tutto questo processo per essere capito e gradito, scusate ma per me ha fallito il suo scopo. Fatto salvo il divertimento degli autori, si intende.

  37. a gippì. bellissimo “gioco” e bellissima prova. adesso ne sono ancora più convinta. se gli anonimi fossero tutti così io li preferirei di gran lunga agli altri.
    ciao.

  38. Vorrei scusarmi con Remo e tutti gli altri. Sono in concorso come Marchetti Fausto e dovrei firmarmi così, ma sono talmente abituato a usare il nick falconiere o falconier che dopo i primi commenti ho dimenticato di nuovo il mio nome vero. Quindi da ora mi impegno a firmarmi il falconiere Marchetti Fausto.
    @ t ) nessuna polemica, ma se è possibile spiegami cosa significano le secchiate di succo d’uva, io vivo in Franciacorta terra di vini rinomati, qui si potano grappoli acerbi per dare vigore agli altri, ma vino non se ne butta.
    Il falconiere Marchetti Fausto

  39. Il Gippì voleva solo essere un gioco dentro il gioco. Tentativo fallito, mi pare. GP, come le iniziali di Georges Perec al quale il racconto fa riferimento in maniera così palese da assumere, quasi, l’aspetto di un pastiche. Se non ricordo male, qualcuno, alcuni giorni fa, ha parlato di “contrainte”. Qui ce ne sono alcune in più (oltre, alla “costrizione” delle mani quadruple e il limite di battute, naturalmente). C’è un lipogramma (altro che mancanza interiore) che si trasforma, appena la vocale riappare, in un fiume di E, almeno una in ogni parola. Lo so, lo sappiamo, che lo avevate notato, mica solo le virgole, ecchediamine!
    E se Benni usa il “verme disicio”, saremo liberi noi di usare una mosca dotata di carcassa che si pappa le E? E saremo liberi, almeno quando scriviamo, di far impazzire “chicche e sia”? Anche la governante, se ci piace, farà cose non normali, e potrebbe (se Gogol non ci ascoltasse) anche trovare il suo naso dentro un panino, un bel giorno. Altro che emozione. Certo, sarebbe sempre meglio far ridere o far piangere, ma, a volte, è bello anche giocare per divertirsi. Con storie del tutto gratuite. Pere, che pere. Quasi quasi mi faccio una pera.

  40. ok, a. cioè t. abbiamo capito. la psicanalisi e la pedagogia d’accatto la faccia tranquillamente, non mi tange. io il mio nome ce l’ho messo, lei ancora no. è tutta qui la differenza. se non si attaccasse ai commenti, non succederebbe tutto sto bailamme. che poi è diretto solo a me, a come mi esprimo, a come mi firmo.
    chissa perché eh? pesciolino pesciolino…

  41. Virgole a parte, a me non ha emozionato. E non per colpa del povero Jacopo da Cortona. Noto spesso che quando leggo questi racconti ho difficoltà a capire chi dice cosa o cosa si riferisce a chi. Limite sicuramente mio. Qui assistiamo a una scrittura consapevole di sé e a un’idea valida. Ma il ghost-writer che schiaccia una mosca che sanguina liquame a forma di E (o era il vaso di cristallo?) e poi sviene e vomita i martelletti della Olivetti 32… beh, non incontra il mio gusto.
    La mia classifica rimane quella.

    1) Take away
    2) Anni sereni
    3) Il primo figlio
    4) beautiful monster
    5) Antiferesi
    6) la casa del mais

  42. In questa edizione che per me è sicuramente l’ultima (controllate la virgola), l’unico voto che esprimerò sarà per l’espressione di e.l.e.n.a.: hardire.
    Ecco, cospicua parte dello spazio commenti è riempita da un rimpallare minchiate ai bordi del testo che fa impallidire anche il ricordo di Zidan.
    Chi ha la memoria corta, torni indietro a guardare nomicognomi o nick.
    Chi vuol capire capisce da sé che non parlo delle opinioni negative, circa le quali qualcuno di noi sostiene una loro possibile espressione cortese (e chi vuol capire capisce da sé la differenza tra cortesia e ipocrisia, per gli altri tentare una spiagazione è tempo perso); qualcuno preferisce la maniera, per così dire, pestifera (espressione che non mi sembra del tutto adatta in quanto suggerisce un che di giocoso, dico perciò ‘appestante’).
    In verità questo atteggiamento mi suscita (controllate l’uso di ‘mi’), talvolta, solo talvolta, un sentimento di materna compresione, giacché è caratteristica dell’infanzia – nei soggetti dallo sviluppo equilibrato – quella di reagire davanti al mondo non compreso gettando secchiate di succo d’uva.
    Qui mi fermo e qui mi firmo t., come faccio da parecchi anni, qui e ogni dove la mia mail contenente nome e cognome (unita ad un IP che da solo vale una mezza firma) mi possa con sufficiente chiarezza identificare. Altrove “mi firmo” con un nick che lo è per modo di dire.

    p.s. Mi fa tristezza, abbi pazienza Remo, che tu sia intervenuto (soltanto) contro una L. sospetta – chiunque sia – che mai se la prese con gli autori ma soltanto con i pulciatori zelanti e talvolta “erranti”. Ma questo è il tuo gioco e il tuo blog, sei libero di stabilire i confini della “accettabile cattiveria”.
    Buona continuazione a tutti.

  43. havvi una regula atta a ‘nfrangere le regule e una per infrangere la regula cum cui si infrangono le regule. regula aurea è codesta: o tu se’ un genio de la penna e imponi un bello stilo che spicca e rende conto de le motivazioni sue, le quali non siano solo forma, intendo dire, o pure e tu cerccherai di scrivere in modo claro, intelliggibile. quando avessi a produrre uno scarto, essolui ha da essere sostenuto, non cumfigurarse come errore. e’ dee esse’ percepito come cosa che tiene vista di averne motivo: o per mimesi del parlato, poniamo, o per constituire una evidentia del pensiero.
    qui e’ non si fanno, eppur si deon fare, le pulci a’ scritti. e taluni furono pulciosi alquanto, conciosiacosache non fue el caso di essolui che quivi si commenta. grazie non furon mai bastevoli a messer remo che rammenta havvi a tenere più commendevole transparenza nello commentare li commenti di alcuni huomini et donne quivi convenuti, evitando per lo migliore el ricorso a t. l. gipì.
    avendo io carattere pestilenziale e chiamandomi in veritade lucia senza peraltro che el nomignolo mio si transmutasse in mimì, bensì nel monco eloquio della perfida albione in lucy, mi pregio honorare quel “della tosa” di dantesca memoria che stavvi in cima allo stemma de la familia, transmutato ne’ saecula saeculorum in tosi. havvi puranco un loco, uno di quegli instrumenti, di quelle diavolerie moderne, in cui la mia identità puote essere ricuperata – e vituperata -.

  44. Sì, è tarocca, ma unica.

    Anch’io qui ho visto una virgola «teoricamente» sbagliata, un’altra, non quella segnalata, ma non mi è venuto in mente di rilevarla, il racconto mi è piaciuto, vedo i pregi, la lingua ricca, l’idea buona soprattutto per un numero di battute così limitato, la compiutezza.

    L’uso della virgola è molto più problematico, più ricco, più contrastato di quel che si impara a scuola, la virgola tra soggetto e predicato è rara, ma si trova, e se è presente in un certo numero di scrittori «riconosciuti» – come i due sopra – viene registrata da linguisti e grammatici ed entra nel campo del possibile. L’uso personale, sperimentale e anomalo della punteggiatura da parte degli scrittori è un classico.

    La lingua è un bradipo, ma anche i bradipi a modo loro si muovono. Mentre il bradipo si muove, conservatori e progressisti se le danno di santa ragione.
    Giusto che a scuola si inculchino prima le cose certe, che i conservatori facciano bene il loro lavoro. A scuola.

  45. ha ragione lucypestifera, è un errore, che a scuola e nel giornalismo e a livello didattico va corretto.
    mai sentito un editor di una casa editrice fare osservazioni sulle virgole che interrompono il periodo.
    che poi: ne ho vista una in un racconto applaudito da tutti, ma non rilevata, solo che io me ne sto fuori, taccio (e non l’avrei di certo sottolineato).
    e comunque, lucypestifera ha ragione ma anche L (però gli anonimi dovrebbero manifestarsi: L. la tua mai non mi dice nulla, sarà mica tarocca?) non ha tutti i torti.
    il critico pancrazi, ai tempi di pratolini, berto, e quando pavese e fenoglio erano agli esordi, diceva che gli scrittori non sapevano più scrivere coma una volta.
    (comunque le virgole che interrompono il periodo son da togliere: ma non lo fa nemmeno l’editor, è compito della redazione di una casa editrice).
    son da togliere certo: ma se lo scrittore si chiama Sciascia l’editor tace.
    le regole son fatte – a volte – anche per essere infrante.

    ps prossimo anno si cambia: non accetterò commenti anonimi.
    Nè va bene che un singolo commenti usando più nick.

  46. @ t. no, in effetti, a fare il can da guardia alle virgole c’è il rischio di diventar ciechi:-)

    @lucy, noi non lo conosciamo il valore della virgola contestata, prima di poterlo individuare dovremmo leggere più pagine di questo autore polipesco, sempre che si decida a scriverne altri, a due, quattro, otto, sedici mani.
    Del resto Satta considera un errore anche la virgola di Pasolini, se la virgola in questa posizione si ripetesse, potremmo interpretarla come una scelta. Qui è ambigua, ma proprio per questo è incongrua anche la frenesia correttiva.

    Quello che mi sorprende è questa mentalità burocratica, scolastica, questi paraocchi, anzi, non paraocchi, questi microscopi che le gente si porta appesi alle palpebre, questa istanza così interiorizzata a correggere ovunque e chiunque. Capisco che lo si faccia a scuola, è il posto giusto. Ma questo non è un corso di recupero. O lo è?

    E’ uscito un bel racconto, rallegratevi. Vi siete tanto scandalizzati per gli altri, adesso che potete godere, godete. O non godete se non vi è piaciuto, ma le virgole, andiamo:–)

  47. aridaje coi maestrini!
    gli esempi citati rientrano nella tipologia dell’enfasi che, come “figura retorica”, non è facilissima da individuare, ma come funzioni si capisce: quando c’è e quando è “figura”.
    nell’esempio citato non c’è enfasi.
    scusi, L: ma lei fa il can da guardia ai commenti?

  48. ma quanti maestrini, e allora:

    «Lui, non raccontava mai nulla» (Cassola)

    «Il prete, non poteva dirle nulla» (Pasolini)

    sono esempi di messa in evidenza del soggetto ed equivalgono a costrutti restrittivi, lo stesso potrebbe essere anche nel caso di questo racconto così ben riuscito, o no?

    Rawhide!!!!!!!!!!!!!

  49. Lo ammetto, mi sono persa.
    Perciò, più che la storia, ho notato soltanto alcuni particolari, come aggettivi che mi son parsi incongrui o fuori registro (d’accordo con Lucia).
    Però, ammetto, ho riso molto immaginando la sciura Wilma che sente urlare, entra, trova il padrone riverso sul tappeto con la bocca che cola lettere come lava da un vulcano, dice: ma guarda te che disordine, e si mette tranquillamente a spazzare. Ah, e poi mica lo solleva per farlo star meglio, no, no. La sciura Wilma è una precisa e sposta l’esanime perché vuole trovare la E.

    Poi, vabbè, io non lo trovo così bello (in generale), e mi piacerebbe molto che la virgola assolutamente inutile tra soggetto e predicato (“Il dottor Razio, gli sollevò la maglietta”) non ci fosse, grazzzzie (mi fa venire l’orticaria :-P)

  50. A me è piaciuto tanto, Jacopo o non Jacopo, ho apprezzato il surrealismo, l’invenzione dei nomi e delle E.
    Per me è uno dei migliori, per originalità, per il sottile umorismo, per la scrittura scorrevole e anche per l’amalgama delle 4 mani.

  51. GRANDE! grande! grande!! finalmente un racconto bello, vivace, scritto bene, divertente e con un tema originale!! Bravi!
    Non c’è spessore? C’è il blocco dello scrittore, c’è il ghost writer che deve scrivere per un politico e per farlo bene si rifà a un libro di Fanfani, c’è l’ironia dei nomi (il dottor Razio) e delle situazioni.
    E per quelli che subito pensano che ci sia autocompiacimento e sfoggio di cultura: andate a farvi un giro su google. Verificherete che Jacopo da Cortona non esiste e che il vero snobismo (e qui ci starebbe bene anche ricordare da cosa deriva la parola snob, ma forse faccio troppo sfoggio di cultura) è quello di chi pensa che se non si parla esclusivamente delle cose che lui/lei già conosce, allora si tratta di esibizionismo e virtuosismo e sfoggio di cultura.

  52. sterno: sei un genio! è un narcolettico o qualcosa del genere, fa uso di droghe, vede la madonna in forma di E: solo dopo riesce a scrivere. ho capito: è un racconto allegorico sui ghost writers, a cui non ghosta fare i ghost. ecco.

  53. ho riletto. continuo ad essere confuso. scusate ma davvero sono lento.
    vi dico a che conclusione sono arrivato: il protagonista è soggetto a svenimenti frequenti, tanto che la domestica ormai non ci fa più caso e piuttosto che soccorrerlo preferisce rassettare e recuperare i preziosi martelletti. infine però, visto che lo svenimento si prolunga, chiamano il medico, si sa mai. ma infine tutto è bene ciò che finisce bene e anche questa volta Lui si risveglia e concepisce il discorso adatto. …è così? mi date una dritta? ve ne sarei grato.

  54. leggero, brillante, ironico. scritto con cura, non ovunque, ma in prevalenza. i passaggi meno curati per forma e logica del racconto forse marcano la differenza tra le due coppie di mani, per esempio qui:
    “Ecco, disse, riconoscendo l‘impasse. Stupidamente, essere preda della privazione vocale è dannatamente esasperante ed elimina qualunque possibile percorso semantico percorribile. Che succede? Perché queste E adesso entrano dappertutto?”

    convengo con coloro che non vi vedono spessore: secondo me ciò non è tanto dovuto al prevalere della forma, o al racconto che tende al surreale, ma si deve al fatto che a volte manca una motivazione prima di tutto logica, nella logica interna del racconto, rispetto agli eventi narrati e alle scelte linguistiche operate.
    non mi dà affatto fastidio, invece, quello che alcuni commentatori chiamano autocompiacimento perché non ritengo si tratti di questo.

  55. @fem: non preoccuparti, non mi interessano le polemiche ma le argomentazioni, e in effetti la frase ha il suo fascino.
    Credo, comunque, che per far “scivolare” una descrizione dal reale al fantastico senza intoppi così da rendere reale l’irreale, quest’ultimo si deve incastrare in una perfetta descrizione realistica.
    Ma, come dicevo prima, questa è una minuzia, il racconto è bello, divertente, scritto bene, e non si distinguono le due mani. E poi non sono un critico letterario. Soltanto mi piace leggere e qualche volta scrivere. E quando scrivo mi fa piacere sentire il parere, le considerazioni e i consigli altrui, poi posso accettarli o meno, poco importa, importa la riflessione che ne è seguita.
    Ciao Lucia

  56. Molto bello e divertente, a partire dal titolo. Surreale quanto basta per piacermi, leggero e ironico. A proposito di gusti, “Un vaso di cristallo, urtato di rimbalzo, cascò, frantumandosi in migliaia di spicchi brillanti” è una frase che mi piace molto insieme all’immagine che richiama, e confesso che ho pensato un po’ se scrivere o no questa mia osservazione, perché non voglio far polemica sterile con il parere di Lucia Marchitto, però visto che lo avrei scritto di sicuro senza il suo commento, lo scrivo.
    E a proposito: a me le E piacciono, anche puntate :-)

    Francesca E. Magni

  57. Autocompiaciuto. Non ci ho trovato niente di divertente, non amo questo genere “surreale” che sfocia nel nulla o quasi. La carcassa è della mosca o del vaso? Ammesso che una mosca o una vaso possano avere una carcassa. Ammetto la mia ignoranza, non so chi sia Iacopo da Cortona. Meno male che ci sono gli autori/autrici che ci mostrano con così tanta evidenza la loro cultura e la loro indubbia padronanza della scrittura.

  58. Un racconto divertente e ben scritto. Alcune espressioni mi lasciano un po’ per perplessa, tipo: la mancanza continuava a circondarlo, come se la mancanza fosse al di fuori e non dentro Filippo, oppure il vaso di cristallo che si frantuma in migliaia di “spicchi” mi pare impossibile. Comunque al di là di queste piccolezze il racconto è ‘godibile’. Coplimenti agli autori/autrici. Ciao Lucia

  59. Complimenti agli autori, scritto benissimo.
    Ancora una volta mi trovo d’accordo con Paul e scriverò qui la mia frase che sicuramente suonerà cattiva:
    non continuerei il seguito se ci fosse o non leggerei un altro racconto così, non mi stimola ne incuriosisce. La mia è sola un’opinione personale e conta quello che conta( cioè poco o niente).
    Chiaramente vorrei saper scrivere così le mie storie.
    il falconiere

  60. No. Scrittura sapiente, anche troppo. Direi autocompiaciuta nell’ostentare un virtuosismo di persone che senz’altro che dominano il mezzo. Ma manca la storia. Per racconto intendo un’ altra cosa, una storia da poter capire, da poter raccontare. Qui c’è quasi solo un esercizio di stile.
    So già che si griderà allo scandalo, perchè è uno di quei tipici scritti che fa sentire lettori intelligenti e smaliziati, se si dice che ci è piaciuto.
    Scusate, a me no.

  61. bella scrittura. limpida e scorrevole. però non ho afferrato, forse, chiedo scusa. cioè che gli è capitato al povero Tarchini un collasso illuminatorio preceduto da allucinazioni?

  62. Il migliore a mio avviso. Questo racconto e quello precedente e altri tre quattro sono davvero belli. Un saluto dal mare da una lettrice dei libri di Remo Bassini e del suo blog.

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