A 4 mani, 20° racconto: «Il mio amico Osvaldo»

Questo dovrebbe essere l’incipit di questo racconto, ma è stile indiretto libero, perché infatti l’amico di Veniero personalmente non conosce nessun Osvaldo. È Veniero che conosce Osvaldo, e che stasera, 20 luglio 2010, non riesce ad uscire dal cerchio soffocante dell’aneddotica corriva a proposito di costui, che in teoria è assente, dando molto sui nervi al suo amico. Che
– A parte il fatto, – gli dice, – che “Veniero” è un nome da cretino!
– Pazienza, – risponde serafico Veniero, – a te sembra forse che Gernando sia un nome intelligente? A proposito di nulla, Osvaldo l’altro giorno…
– Non mi chiamo Gernando – fa presente l’altro molto seccamente.
– Non ha nessunissima importanza – ribatte Veniero, da autentica carogna, – facevo un esempio: come dire: se mi fossi chiamato Gernando sarei stato, essenzialisticamente, alcunché di meglio? O Samuele? O Babila? O Ermintrude? O…
– Vacci piano, – lo interrompe l’altro. – Mia zia acquisita si chiama Ermintrude!
– E la mia no, – conclude Veniero. Soggiungendo minaccioso: – Hai qualcosa da ridire, forse?
– Senti – gli dice l’altro, mollando giù il boccale della birra, che è una moretti; nel toccare con un secco ss-tòck! il tavolo con la spessa base, il boccale spedisce un lungo baffo dorato verso l’alto, che nella luce violaceo-petulante del localino modajuol-scorreggione in cui si trovano acquista riflessi cangianti, poco addicevoli a qualunque cosa sia nata per essere ingerita, – io mi sono emeritamente rotto il cazzo di sentir parlare del tuo amico Osvaldo; o me lo fai conoscere, e allora la cosa è diversa, oppure mi metto io a parlare del mio amico Osmino con tutti quanti, per un mese da ora, in ogni momento della veglia, ovunque io trovi un pajo d’orecchie in cui versare le più squallide res gestae relative.
– Aspetta, – gli fa Veniero, alzando una di quelle due mani tozze e grassocce che lo rendono simile a un putto, con la faccia dai tratti tondi, gli occhî a mandorla soffocati nelle palpebre rosacee dalle lunghe ciglia corvine, le gote bombate, la bocca fiorita, la fossetta sul mento, – non tanta fretta. Questa è l’ultima che ti racconto. Ora, Osvaldo è ipertricotico, e ha sempre avuto il cruccio di una certa disidratazione alla peluria delle braccia, dell’interno coscia e dell’epigastrio, essendo abituato a lavarsi con genuino sapone Pears, mattina e sera. Ha rimediato facendosi lo shampoo, anche sul corpo…
– E quando ha cominciato a mettersi i bigodini ai peli delle orecchie?
– … Mai, che io sappia. Ma – dice, e s’illumina, estraendo il telefonino – potrebbe essere un’idea. Anzi, sai che quasi quasi lo chia…
L’amico gli strappa l’apparecchio di mano.
– Veniero, – intìma, – tu non chiamerai Osvaldo. Non stasera, non da qui, non in mia presenza.
– Non avevi detto di volerlo conoscere, qualche secondo fa?
– E adesso ti dico che se lo incontro ammazzo te e lui.
– A proposito, Osvaldo mi ha d…
– Osmino, invece, è solito sostenere…
– Aspetta. Quando O…
– No! egli suole…
I due lasciano le rispettive voci a sopraffarsi a vicenda, rimanendo liberi di alzarsi, guardarsi in cagnesco, rimboccarsi le maniche, l’uno fumando dal naso, l’altro dalle orecchie. Intravedo il cameriere che si protende nella loro direzione, per sentire che piega stanno prendendo le cose, pur non abbandonando il bancone – almeno non finché la situazione non sia degenerata nella maniera più scandalosa.
Ma non è lui ad interrompere questo scambio di vedute.
È Osvaldo, difatti, che poi sarei io, e sono arrivato qua or è mezz’ora, inseguendo una voglia di moretti. Mi ricordo vagamente una pubblicità della stessa, c’era una tizia biondissima, direi con le gambe da cavalla. Che invidia. Invidio le gambe dei cavalli, intendo. Corrono veloci. Mi piace correre veloce, a me. Io del cavallo ho solo il crine. Ed è così che ho visto Veniero, laggiù al bancone, chiacchierare con quel tizio cólla faccia da sociopatico paffuto, con la zazzerina nera, e le maniglie dell’amore che la posizione sullo sgabello mette in mostra così bene. Veniero, quel testadicazzo fissato con le battute – mi ha perseguitato, da quando mi conosce, con ‘sta storia dei peli.
Poi gli s’è scaldato il sangue. Divertente!, mi sono detto, massì.
– Ciao, Veniè.
Eccolo che si volta.
– Non ci posso credere! Ecco, questo è Osvaldo – e m’ìndica all’amico suo. L’amico di Veniero mi guarda fisso per un minuto buono e non dice niente. Allora, chi ammazzi, tu?
– Che mi racconti, Osvaldo?
Che ti racconto?
– Mah, solite storie, e tu?
– E come va cól tuo vello bestiale? – ride.
Ecco che comincia.
– Bene. Anzi: un pochino meglio.
Il tizio continua a fissarmi. Con aria divertita, anzi proprio da presa per il culo.
– Non ti si vede mai in certi giorni, che fine fai, dove ti nascondi?
– Sto a casa, guardo la TV.
– Beh, noi andiamo a fare un giro. Vieni?
– Ok. – Paghiamo e usciamo. Veniero avanti, dietro di lui l’amico – che non so nemmeno come si chiama, ora che ci penso –, e io a chiudere la fila con quelle maniglie dell’amore che m’ondeggiano davanti, ben visibili anche adesso che non è più sullo sgabello.
È notte fonda, c’è una bella luna. Ed ecco che mi prende il solito prurito su tutto il corpo e una specie di bollore in bocca, e quel fastidio ai denti.
Che mi stanno crescendo, così come i peli, d’altro canto.
Dopo altri tre passi decido di azzannare Veniero. Lo faccio rapidamente.
– Oddio – fa in tempo a dire l’altro.
Ma io sono addosso anche a lui, e lo inchiodo a terra con le zampe. Adesso mi fissa, sì, ma cól terrore negli occhi, non più con sarcasmo. Tutto sfolgorante di bel pelo fulvo luccicante sotto il plenilunio, prima di recidergli la carotide gli chiedo:
– Scusa, ma com’è che ti chiami, poi?
Con una vocetta strozzata:
– Osmino,
risponde.

Questo dovrebbe essere l’incipit di questo racconto, ma è stile indiretto libero, perché infatti l’amico di Veniero personalmente non conosce nessun Osvaldo. È Veniero che conosce Osvaldo, e che stasera, 20 luglio 2010, non riesce ad uscire dal cerchio soffocante dell’aneddotica corriva a proposito di costui, che in teoria è assente, dando molto sui nervi al suo amico. Che

– A parte il fatto, – gli dice, – che “Veniero” è un nome da cretino!

– Pazienza, – risponde serafico Veniero, – a te sembra forse che Gernando sia un nome intelligente? A proposito di nulla, Osvaldo l’altro giorno…

– Non mi chiamo Gernando – fa presente l’altro molto seccamente.

– Non ha nessunissima importanza – ribatte Veniero, da autentica carogna, – facevo un esempio: come dire: se mi fossi chiamato Gernando sarei stato, essenzialisticamente, alcunché di meglio? O Samuele? O Babila? O Ermintrude? O…

– Vacci piano, – lo interrompe l’altro. – Mia zia acquisita si chiama Ermintrude!

– E la mia no, – conclude Veniero. Soggiungendo minaccioso: – Hai qualcosa da ridire, forse?

– Senti – gli dice l’altro, mollando giù il boccale della birra, che è una moretti; nel toccare con un secco ss-tòck! il tavolo con la spessa base, il boccale spedisce un lungo baffo dorato verso l’alto, che nella luce violaceo-petulante del localino modajuol-scorreggione in cui si trovano acquista riflessi cangianti, poco addicevoli a qualunque cosa sia nata per essere ingerita, – io mi sono emeritamente rotto il cazzo di sentir parlare del tuo amico Osvaldo; o me lo fai conoscere, e allora la cosa è diversa, oppure mi metto io a parlare del mio amico Osmino con tutti quanti, per un mese da ora, in ogni momento della veglia, ovunque io trovi un pajo d’orecchie in cui versare le più squallide res gestae relative.

– Aspetta, – gli fa Veniero, alzando una di quelle due mani tozze e grassocce che lo rendono simile a un putto, con la faccia dai tratti tondi, gli occhî a mandorla soffocati nelle palpebre rosacee dalle lunghe ciglia corvine, le gote bombate, la bocca fiorita, la fossetta sul mento, – non tanta fretta. Questa è l’ultima che ti racconto. Ora, Osvaldo è ipertricotico, e ha sempre avuto il cruccio di una certa disidratazione alla peluria delle braccia, dell’interno coscia e dell’epigastrio, essendo abituato a lavarsi con genuino sapone Pears, mattina e sera. Ha rimediato facendosi lo shampoo, anche sul corpo…

– E quando ha cominciato a mettersi i bigodini ai peli delle orecchie?

– … Mai, che io sappia. Ma – dice, e s’illumina, estraendo il telefonino – potrebbe essere un’idea. Anzi, sai che quasi quasi lo chia…

L’amico gli strappa l’apparecchio di mano.

– Veniero, – intìma, – tu non chiamerai Osvaldo. Non stasera, non da qui, non in mia presenza.

– Non avevi detto di volerlo conoscere, qualche secondo fa?

– E adesso ti dico che se lo incontro ammazzo te e lui.

– A proposito, Osvaldo mi ha d…

– Osmino, invece, è solito sostenere…

Aspetta. Quando O…

No! egli suole…

I due lasciano le rispettive voci a sopraffarsi a vicenda, rimanendo liberi di alzarsi, guardarsi in cagnesco, rimboccarsi le maniche, l’uno fumando dal naso, l’altro dalle orecchie. Intravedo il cameriere che si protende nella loro direzione, per sentire che piega stanno prendendo le cose, pur non abbandonando il bancone – almeno non finché la situazione non sia degenerata nella maniera più scandalosa.

Ma non è lui ad interrompere questo scambio di vedute.

È Osvaldo, difatti, che poi sarei io, e sono arrivato qua or è mezz’ora, inseguendo una voglia di moretti. Mi ricordo vagamente una pubblicità della stessa, c’era una tizia biondissima, direi con le gambe da cavalla. Che invidia. Invidio le gambe dei cavalli, intendo. Corrono veloci. Mi piace correre veloce, a me. Io del cavallo ho solo il crine. Ed è così che ho visto Veniero, laggiù al bancone, chiacchierare con quel tizio cólla faccia da sociopatico paffuto, con la zazzerina nera, e le maniglie dell’amore che la posizione sullo sgabello mette in mostra così bene. Veniero, quel testadicazzo fissato con le battute – mi ha perseguitato, da quando mi conosce, con ‘sta storia dei peli.

Poi gli s’è scaldato il sangue. Divertente!, mi sono detto, massì.

– Ciao, Veniè.

Eccolo che si volta.

– Non ci posso credere! Ecco, questo è Osvaldo – e m’ìndica all’amico suo. L’amico di Veniero mi guarda fisso per un minuto buono e non dice niente. Allora, chi ammazzi, tu?

– Che mi racconti, Osvaldo?

Che ti racconto?

– Mah, solite storie, e tu?

– E come va cól tuo vello bestiale? – ride.

Ecco che comincia.

– Bene. Anzi: un pochino meglio.

Il tizio continua a fissarmi. Con aria divertita, anzi proprio da presa per il culo.

– Non ti si vede mai in certi giorni, che fine fai, dove ti nascondi?

– Sto a casa, guardo la TV.

– Beh, noi andiamo a fare un giro. Vieni?

– Ok. – Paghiamo e usciamo. Veniero avanti, dietro di lui l’amico – che non so nemmeno come si chiama, ora che ci penso –, e io a chiudere la fila con quelle maniglie dell’amore che m’ondeggiano davanti, ben visibili anche adesso che non è più sullo sgabello.

È notte fonda, c’è una bella luna. Ed ecco che mi prende il solito prurito su tutto il corpo e una specie di bollore in bocca, e quel fastidio ai denti.

Che mi stanno crescendo, così come i peli, d’altro canto.

Dopo altri tre passi decido di azzannare Veniero. Lo faccio rapidamente.

– Oddio – fa in tempo a dire l’altro.

Ma io sono addosso anche a lui, e lo inchiodo a terra con le zampe. Adesso mi fissa, sì, ma cól terrore negli occhi, non più con sarcasmo. Tutto sfolgorante di bel pelo fulvo luccicante sotto il plenilunio, prima di recidergli la carotide gli chiedo:

– Scusa, ma com’è che ti chiami, poi?

Con una vocetta strozzata:

– Osmino,

risponde.

58 pensieri su “A 4 mani, 20° racconto: «Il mio amico Osvaldo»

  1. Grandioso questo concorso. I commenti positivi compaiono solo quando gli autori si palesano.
    Non scrivete bene, siete stati solo bravi a costruirvi una fama, e sopratutto é palese che solo a questa fama tenete. Appesi alla vostra tenda come la Bertini controllando che qualcuno vi guardi.
    O.che.bello.questo.concorso.

  2. Tu, Anf,qualsiasi cosa scrivi, è per il meglio. Ma basta tutto ciò? Può bastare?
    Non cè il rischio che tu sia fra quelli “che la ragion sommettono al talento” ?

  3. appuntata nel senso di seduta a punta di uno sgabello altissimo e senza occhiali in questo internet point colgo l-occaasione per dfire che il racconto a quanttro mani di per se e una esperienza su cui si potrebbe scrivere un racconto. l-altranno con remo scrivemmo come due mbriaghi che ogni tanto hanno accesso a un pc e digitano sulla tastiera le cose che gli vengono in mente in libera associazione qusi una seduta psicoanalitica di terza categoria ( tutte le sono. io ho orrore della psicoanalisi), con anfiosso quest-anno abbiamo proceduto a tre gg dalla scadenza in questo modo< lui mi ha invisato 3 incipit lunghetti, quasi 6.000 battute spazi inclusi.. Li ha dedfiniti enigmi.la scrittura di anfiosso va scartata come un pacco. io non avevio neanche troppo tempo e mi piacevano tutti e tre siprattutto quello di un ragazzo ricchione che guarda ragazzi universitari e l- c-pun pezzo toccante che non mi va di riferire e forse tra i 3 incipit era qyello pi' umano diciamo cosi ma non l-ho potuto sfiorare perch[ richiedeva tempo molto tempio perch[ era una cosa che non poteva essre trattata come gioco letterario, non so, mi pareva sacrilego, allora prima ho dato conclusione al racconto novella sposa scritto con dita di piombo iridescente da anfioss e carverizzato un poco da me nel secondo pezzo, ero convibta che anfi lo mandasse a remo, poi per; gli ho scritto # tieni anche -sto secondo pezzo, ci ho messo un licantrop alla fine e gliel-ho mandato in pigiama come dire dire appena scritto, sbadigliante, anfiosso gli ha lavato la faccia e l-ha pwettinato.sappiamo bene entrambim credo, che al peggio nn c.e mai fine, e cosi stiamo tranquilli

  4. Libresco, senza slanci, nauseante puzza d’accademia: scritto benissimo infatti.
    (Mediocre ma superiore, per immaginazione e costruzione, agli altri racconti proposti. Remo, ma a questi non hai insegnato proprio nulla?)

  5. Ah, quanto al non riconoscere gli autori può dipendere da due cose: 1. o non ci hai mai letti; 2. o, se ci hai letti, non sei in grado di distinguere la Divina commedia dall’elenco del telefono. E temo proprio che sia la seconda che ho detto.

  6. Ecco, vedi? Io ho trovato Due zone, Complesso vocale e Antiferesi semplicemente osceni (gli altri non li ho letti e non li leggerò; e comunque mica devo votare). Si vede che sono degni di te.
    Ma questo non ha nessuna importanza. Piuttosto, noto una cosa curiosa: quel “giocare con i nonsense” è cosa che poteva essere riferita, ora che ci penso, soprattutto a Complesso vocale, che ho letto oggi pomeriggio, e che non ha costruzione, è scritto a cazzo da qualcuno che forse normalmente fa di meglio, o almeno sa mettere due righe in fila, e non ha nessun significato.
    A parte il fatto che non ho capìto bene che cosa c’entri il nonsense col racconto qui sopra, ma tant’è – il problema è che non c’è proprio nulla da capire. Se capissi ti somiglierei.
    Io credo – e per una volta sono del tutto serio – che, molto semplicemente, una prima gallina pre-venuta ha sganciato la prima loffa, dopodiché tutta la stia le è venuta dietro. E’ del tutto normale che così sia – Remo non deve volermene, anche il mio blog è infestato di teste di minchia, quello di opi non di meno, e ricordo anche tanti altri blog belli & ben fatti – vedi alcor, che ha chiuso mesi fa – che avevano lo stesso problemuccio, &c. &c.
    Anch’io – non so chimelofaffà [in realtà avrei altro a cui pensare, e mi distraggo così dal ‘dovere’ che chiama], ma lo faccio lo stesso – sono convinto che le critiche siano utili, e alla crescita, e a tutte quelle cosette che tutti sappiamo ripetere tanto bene in tutte le occasioni.
    Ma c’è e rimane un piccolo ma: dipende da *chi* critica. Se quello che critica non è, poniamo, abituato a lèggere, o non ha, patentemente, nessun particolare interesse o amore per la scrittura, e tutta l’esperienza di letteratura che ha si limita a qualche blog collettivo o particolarmente ospitale come questo di Remo, o insegna alle medie, la sua opinione sarà fatta di a-me-mi e di io-non e di per-me-direi, proprio come la tua. Di fronte a “critiche” come la tua e quelle del resto del pollajo, opi, veramente, non poteva far altro che sbrigarsela dicendo che scrive – anzi, bontà sua – *scriviamo* sempre bene, in qualunque caso. Può non essere vero in assoluto, ma è certamente vero comparativamente al livello di quassù.
    Avrei potuto, naturalmente, lasciar correre, ma se m’importa poco che ti pronuncj, positivamente o negativamente, sulla mia scrittura, m’importa ribadire che opi, è verissimo, scrive *sempre* bene, e tu, per quello che hai scritto qui sopra, e per come l’hai scritto, non vali un cacchio.
    Tutte queste reazioni erano ovviamente già messe in conto, e nessuno s’è mai sognato di prendersela, peraltro. Ma è importante puntualizzare, di tanto in tanto, far presente – per esempio – che non siamo tutti uguali. La rete è uno spazio del tutto libero, fatti salvi interventi censorj, e se qui sopra gl’imbecilli hanno tutto lo spazio che vogliono, chi imbecille non è ha uguali possibilità d’intervento. Quindi, oltre a Remo, non devi volermene nemmeno tu.

  7. Molto particolare, anche se non avrei riconosciuto gli autori. Ha ragione Remo, anche negli anni scorsi si è giocato con i nonsense. A me non piacciono, in tutta sincerità. Non mi divertono, non mi emozionano. Non so se posso dirlo, a fronte di Anfiosso e Opi che affermano di scrivere sempre benissimo, ma lo dico lo stesso.
    L’unico punto che mi è piaciuto è stato lo spuntare del licantropo.
    Comunque non tra i primi sei, per me.

    1) Due zone diversamente influenzate
    2) Take away
    3) Anni sereni
    4) Complesso vocale
    5) Contrazioni
    6) Antiferesi

  8. E comunque credo che ci vorrebbe più rispetto per le stagioni, che siano esse calde, che siano esse fredde, che siano di tutte le temperature.

  9. Per fortuna che il mondo è bello perchè estremamente vario! Quello che per te sta alla base per me può essere inesistente e viceversa. Credo stia quì l’umiltà, quantomeno nel rispetto delle diverse dimensioni. Si scrive per divertirsi,non per ricevere insulti e per essere flaggellati.Poi le provacazioni ci stanno tutte, ma hanno pur sempre dei limiti. Ma ovviamente è la mia personalissima opinione.

  10. Penso che ognuno debba dire assolutamente la sua opinione.sacra.ma non capisco assolutamente la presunzione di ergersi ad intellettuali scadendo nell’ineducazione.Credo bisognerebbe essere più umili nei confronti di tutte le idee moderando i termini,mi sembra ci sia troppo veleno tra i commenti e un clima che di civile ha ben poco. Sono per le critiche più efferrate.aiutano tanissimo, mile volte più degli elogi.Ma non concepisco certi toni così apri. Rilassatevi e godetevi quello he resta dell’estate.

  11. Io ho trovato questo racconto interessante, scritto in modo simpatico e ho apprezzato maggiormente la prima parte (mi scuserà opi), mentre la conclusione con il licantropo (che io avevo capito subito essere un licantropo e NON un vampiro O.o) è la parte che mi è piaciuta meno.
    Riassumendo è scritto bene, simpatico lo svolgimento, ma la soluzione finale è un po’ deludente (a mio parere).

  12. forse visionario e lunatico, forse teatrale. Se avesse almeno centodiciotto pagine in più rischierebbe di piacere. Così è come una carta fuori dal mazzo.

  13. litri due di late
    un kiloggramo di pane casarecio
    un’etto di prociutto coto
    otto kivui
    la varecchina
    carta iggienica rotoli dodici
    e
    bonanotte

  14. anfiosso, come tutte le recchie geniali, può risultare irritante,(un pianeta irritabile) però scrive da dio; vabbè da porcodio. Un grande

  15. Per essere dei provocatori, dei compiaciuti violatori di regole, letterarie e non solo (l’anonimato), che tutti gli altri sono stati tanto corretti da rispettare, mi sembrate un po’ troppo suscettibili per le critiche. Non sono un’educanda, ma penso che i termini volgari si usino quando non si hanno argomentazioni più valide. Quindi non intendo proseguire in sterili polemiche con te o chicchessia perchè io, qui, intervengo solo con lo scopo di commentare i racconti, nei limiti dei miei gusti e delle mie capacità ma senza insultare nessuno.

  16. Vedi che non capisci un cazzo veramente, paulino? Da questo commento qui https://remobassini.wordpress.com/2010/08/18/a-4-mani-20%c2%b0-racconto-%c2%abil-mio-amico-osvaldo%c2%bb/#comment-10028 si evince che, il licantropo essendo dovuto ad opi, il licantropo essendo nella seconda parte, la prima parte è mia. Si può contestare che la rivendicazione sia poco esplicita, ma emeriti cazzi a parte il mio stile è del tutto inconfondibile. Il fatto che tu sia dovuto ricorrere ai membri virili, invece che all’accentazione peregrina, chessò, o all’intervocalica j, speaks volumes. Complimenti per avermi sgamato in modo tanto ingegnoso e tanto candido insieme: Sherlock Holmes ti fa davvero una pippa!!! : -D

  17. Caro Anfiosso, visto che di “emeriti cazzi” si parla anche nella prima metà del racconto, hai in questo modo svelato anche che hai scritto tu la prima parte, cioè quella che tutti o quasi hanno definito irrecuperabile.. Complimenti per lo stile, anche tu hai tutta la mia stima.

  18. Sono passato. No, non ho scritto “Antiferesi”, non avrei mai potuto scrivere un racconto del genere.
    E comunque il “mio” Veniero è un altro rispetto a quello che ricordi tu.
    E comunque se non t’è piaciuto non t’è piaciuto, non è mica un problema.

  19. I violatori di regole inducono in me ammirazione e rabbia nello stesso tempo.
    Ammirazione perché hanno il pensiero e il coraggio di farlo, qui come altrove, spero.
    Rabbia per il fatto che, perché loro possano violarle, ci deve essere qualcuno che le rispetta. E io, il più delle volte, sono tra questi. Grrr!
    In ogni caso, l’obiettivo principale del gioco penso sia quello di divertirsi, ognuno come può o vuole, cosa che mi è riuscita benissimo scrivendo con Annalisa e leggendo i testi qui pubblicati. Pertanto mi ritengo assai soddisfatta.

  20. no, cara donatella.
    opi e anfiosso hanno preso sul serissimo la cosa.
    anfiosso si è palesato, dunque, ma ha pensato che fosse evidente che questo modo di scrivere fosse il suo e di opi.
    poi anfiosso è un violatore di regole.
    l’anno passato partecipai io con opi: e in modo serio ci divertimmo, anche a essere stroncati, giocando su nonsense che… a nostro avvviso avevano senso.

  21. Mah! Per me è semplicemente una provocazione, lo dimostra il fatto che è stata elusa la prima regola del gioco, che consiste nell’evitare di svelare l’identità degli autori. E poi l’articolazione del testo, l’uso di certe espressioni che menano il can per l’aia, danno l’idea che gli autori si siano divertiti con un testo sberleffo.
    Come tale, penso abbia raggiunto benissimo il suo scopo.

  22. Ho letto il racconto poi, tanto per vedere, ho letto i commenti e sono rimasto stupito. E’ scritto davvero bene e non capisco da dove nasca tutto il problema. E’ chiaro, comprensibile, vivo -ecco, l’aspetto più evidente è che è vivo-. Lo si voleva corredato di note? Io utilizzo il metro dello sbadiglio, se non sbadiglio dopo le prime tre righe già siamo sulla buona strada, se arrivo alla fine del racconto, come in questo caso, senza aver mai aperto bocca siamo davanti ad un gran bel testo. Complimenti sinceri agli autori.

  23. …” il boccale spedisce un lungo baffo dorato verso l’alto,che nella luce violaceo-petulante del localino… acquista riflessi cangianti,poco addicevoli a qualunque cosa sia nata per essere ingerita…”

    questo mi pare un signor scrivere.

  24. Ti rispondo io, Paul: perché gli altri hanno capìto poco e male, mentre tu non hai capìto proprio un emerito cazzo – e tu sei il primo a riconoscerlo, e per questo hai tutta la mia stima.

  25. Io, oltre a non capire il “racconto”, non avevo capito nemmeno che gli autori si erano palesati. Caro Opi, sono sicuro che in altri contesti scriverete benissimo ma non in questo caso. Non capisco perchè noti solo il mio commento negativo quando ce ne sono stati ben altri e anche più dettagliati, direi..

  26. Non lo so, opi. A me continua a piacere molto la grazia con cui hai tirato fuori il licantropo dal cappello, e non me ne pento.

  27. Sì, la fuga di notizie c’è stata, ma: 1. gli scrittori sono inconfondibili; 2. non ci sono stati applausi (e per fortuna).

  28. E figurati Remo se non son d’accordo di togliere di mezzo la “gara”. Era giusto per chiarire. (Ma anche: era giusto chiarire.)
    Opi, da estimatrice sua e di Anfiosso: ‘mai’ è parola grossa assai.

  29. Caro coestensore, che sarebbe accaduto se avessimo proposto Novella Sposa? :))))))

    Per Paul: tu affermi che è scritto”malissimo”. Sappi che David ed io NON scriviamo malissimo, mai, neanche le liste della spesa.

  30. sì “t”, nonostante la fuga di notizie, che magari non è l’unica.
    confido comunque nell’oggettivitò e nella buona fede dei giudicanti.
    che poi.
    vi suggerisco un’immagine, che non è farina del mio sacco…
    ci si siede attorno a un fuoco e si ascoltano storie, chi vuole ascoltare ascolta, e condivide, chi non vuole va ad ascoltarne altre, chi vuol fare domande le fa, chi non ha capito, se vuole, lo dice.
    poi alla fine si fa un e book, con, impaginati per primi, i sei racconti che hanno ottenuto più applausi (voti).
    una sorta di lavoro di gruppo.
    alla fine resteranno:
    l’e book
    il ricordo di questa esperienza (che nelle passate esperienze per qualcuno, due ragazzi della mia città per esempio, è stata la prima esperienza di scrittura; un gioco serio, nulla più).
    che poi ci siano racconti di ottima levatura (e per me son più di sei) è un di più che non mi spiace, anzi.

  31. Mi sono fermato prima della metà, scritto malissimo, incomprensibile. Spero sia uno scherzo, visto che all’inizio dice che non è un incipit.. Boh.. Non c’è mai fine al peggio.

  32. Non so che cosa potrà pensarne la coestensora, ma ringrazio tutti per l’attenzione, che non m’aspettavo – ho letto tutti i commenti con moderato divertimento.
    Una sola cosa: perché “didola” parla di un vampiro? Che abbia capìto io dovrebbe trattarsi di un licantropo. O no?

  33. sì, per me è amore a prima vista. oddio…amore amore proprio no…diciamo una simpatia, ecco! devo però dire che mi piacerebbe vedere alla prova simili capacità narrative con altri argomenti.

  34. Faccio parte del coro. Ammirabili i tentativi della seconda mano di rimediare invano. Sarà che proprio ieri ho finito di leggere il raccontino di Stoker, che è di una chiarezza cristallina. Qui ho capito solo le ultime tre righe e senza cattiveria, non credo sia un mio limite.

  35. Veniero: il racconto è cominciato subito male per me, non me ne vogliano gli autori ma la nausea é aumentata con il proseguo incontrando Gernando, Babila , Ermintrude e per finire Osmino.
    Sono d’accordo con Morena fanti un racconto particolare o lo si odia o lo si ama .
    Morena: la prima che hai detto!.

    Con simpatia il falconiere

  36. Ammirevole la mano che ha scritto la seconda parte per provare a salvare il salvabile, che era ben poco, ma cos’altro si poteva fare? Proprio no.
    ( L’indiretto libero, l’aneddotica corriva,la spessa base del boccale, la luce violaceo-petulante, le res gestae relative, la disidratazione della peluria (!), intìma, suole…un’accozzaglia improponibile. )

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...