Ieri non ho saputo trovare le parole e non volevo usare le solite parole (ma si dovrebbe, credo) con una persona che mi è particolarmente cara: un’amica, la conosco, l’ho vista alcune volte, ci sentiamo al telefono ogni tanto, un’amica dicevo che è anche una blogger.
Poi, ieri, ho incontrato un’altra persona. Mi ha parlato della sua infanzia, segnata dalla perdita di un fratello. Piccolo. Ho perso un fratello, mi ha detto, ma anche i mii genitori, che da allora non vivono più.
Così ho ripreso tra e mani un libro di cui avrei voluto dire, ma, di questo libro è già stato detto, su Anobii, molto bene da altri.
L’incipit
5 novembre 2001
I calendari di casa mostrano ancora la pagina di settembre. Sul tavolo del soggiorno si sono ammucchiati i telegrammi, insieme alla polvere della desolazione, e io non so da che parte iniziare a fare ordine.
Cosa ne è stato del mese di ottobre? Mi è scivolato tra le dita, senza che io lo abba notato.
6 novembre 2001
Da quel giorno orribile, il due ottobre, quando Federica è stata investita da un’automobile ed è morta, la mia vita, quella della mia famiglia e di tutti coloro che l’amavano, si è fermata.
pagina 22
9 novembre 2001
Quando ho affermato che, appena appreso della morte del proprio figlio, si desidera morire, ho sbagliato. In realtà si muore davvero.
pagina 27
16 novembre 2001
Questo doveva essere il giorno della sua laurea. E’ stato, invece, il giorno in cui ci siamo recati all’Università per il conferimento dell’Attestato di Benemerenza Post Mortem.
Un’esperienza sconvolgente, ancora peggio del giorno del funerale.
pagina 67
Ricami di rami sul bianco silenzio del cielo.
Nidi vuoti su sostegni assopiti,
guardo e sento che ci sarà un nuovo inizio
“prima non ho mai scritto versi o poesie…” ho pensato dopo aver scritto queste tre righe.
pagina 79 (mi sembra importante)
Forse non tutti apprezzeranno la mia idea di scrivere su un così difficile argomento… All’inizio scrivevo per me, per lasciare uscire tutte queste cose che mi divoravano la mente… L’eventuale riscrittura e correzione sarà un problema. Quando ci provo le lacrime mi velano gli occhi e mi impediscono di continuare…. mi dà coraggio la forte convinzione che il mio lavoro potrebbe essere d’aiuto per qualcuno. Lo spero, anche perché pensare che sarà così mi aiuta molto.
Pagina 135
Quando ho iniziato a scrivere questo “libro”, avevo in mente di rivolgermi solo a persone sconosciute, colpite dalla stesa disgrazia. Non avevo pensato che, se diventasse veramente un libro, lo potrebbero leggere tutti.
di pagina 162 (delle 195) riporto solo alcune frasi, e lascio in sospeso il racconto che segue
Posso dire con esattezza il momento di essere ancora viva. Ricordo ogni istante di quel giorno.
Mi fermo.
In questo libro c’è il dolore più grande e c’è, poi, la tenacia di voler vivere senza dimenticare ma senza rinunciare alla vita.
Non servono altre parole, credo.
Una breve parentesi, mia. Alcuni trovano irritante la protagonista del mio libro, La donna che parlava con i morti. Anna Antichi, infatti, lo è.
Dice cazzo in continuazione, getta per terra il pacchetto di sigarette vuoto.
Anna Antichi si sente orfana e colpevole della morte di suo padre.
A pagina 41 Morena Fanti spiega che
ho capito che si corre il rischio di diventare “cattivi”, oltre che maleducati e intolleranti. Tutto sembra insopportabile e si può sentire il bisogno di sfogare la propria frustrazione sugli altri.
Morena Fanti, Orfana di mia figlia, Il pozzo di Giacobbe.
(195 pagine, 16 euro)
Poi.
Thyssenkrupp un anno dopo: Gea Polonio ricorda così.
