La bottega di narrazione di Giulio Mozzi

Scritto sul mio profilo facebook (ma qui sta meglio).

IL primo romanzo che ho scritto l’ho scritto in prima persona. Anche il secondo (più prime persone, romanzo corale). Il terzo alternando prima e terza, il quarto romanzo in terza eccetera fino al decimo, La donna di picche, il cui protagonista è l’ispettore Dallavita ma gli io narranti sono due, due donne…. Scrivo questo dopo aver seguito una lezione gratuita della Bottega di narrazione. E poco fa ho ascoltato con interesse quel che ha detto Valentina Durante sull’uso della prima persona, così come ier sera ho sentito Giulio Mozzi che parlava di stile. E’ dal 2003 che seguo Mozzi, con interesse. Due cose ora. Tengo anche io dei corsi di scrittura, e quando inizio lo preciso subito: quel che vi dico l’ho imparato memorizzando le puntate radiofoniche di Dentro la sera di Pontiggia, le cose che ho imparato dal vecchio blog di Mozzi e da Luigi Bernardi e poco altro (da Nel territorio del diavolo di Flannery O’Connor agli esercizi di fantasia di Rodari). Cosa numero due. Alla fine di questi corsi che tengo (gratuitamente) consiglio di leggere le proposte della Bottega di narrazione. Io l’avrei fatto, da tempo, ma soprattutto il sabato e la domenica lavoro (seguo calcio e basket, e poi seguo mio figlio che gioca a basket). L’avrei fatto perché quando si scrive non si smette mai di imparare. E questo è quanto.

Incipit ritrovati

Il mio vecchio blog si chiamava Appunti, questo Altri appunti.
Mi piace prendere appunti. Una volta su piccole agende (quelle che si mettono in tasca) adesso… è un pasticcio.
Ne scrivo, poi li metto in qualche cartella, poi non li trovo più.
Tra gli appunti di tanti anni c’era il file chiamato “bella scrittura”. Pagine, frasi, dialoghi che ami avevano colpito. Tutto perso (la prima, ricordo, era tratta dal Quartiere di Vasco Pratolini).
E poi c’è il capitolo citazioni (che in genere posto su facebook, le mia preferite sono
Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l’anima in fiamme (Bukowski) e Quel male di trovare ovunque soltanto il desiderio di essere altrove (Cloran) e quello degli incipit.
Stamattina, per caso, ne ho trovati alcuni tra le bozze della posta elettronica.
Ne ho scelti tre.

Dopo aver atteso altri dieci minuti sdraiata sul letto, lo sguardo al soffitto inclinato, le mani sulla coperta, attenta a qualunque rumore salisse le scale, cominciò ad avere paura.
Non era arrivato mai in ritardo…

La grande sera, Giuseppe Pontiggia, Mondadori

Una macchina si ferma al semaforo. Un attimo e ne scende una ragazza alta, bella. Tiene la testa bassa, i suoi gesti non sono sicuri, qualcosa le rattrappisce il passo. Tuttavia si allontana in fretta, va verso la fermata dell’autobus.
La macchina attende il verde. Poi prosegue veloce.
L’aria intorno non ha subìto commozioni.
Ma per Paolo, alla guida dell’auto, il mondo sembra contrarsi sugli attimi in cui la Scena è scesa sbattendo la portiera.

Eutanasia di un amore, Giorgio Saviane, Rizzoli.
(Il libro è preceduto da una dedica dell’autore: A Silvana che sa che uno scrittore inventa anche i fatti che vive.

Myriam,
tu non mi conosci e, quando ti scrivo, sembra anche a me di non conoscermi.

Che tu sia per me il coltello, Davide Grossman (Oscar Mondadori)