Il seno di Lara (racconto breve)

Lunedì 17 luglio, quattro ore di coda in autostrada, a Castel San Giovanni, tornando dalle Marche (bella gente, bei posti come Fermo, o Torre di palme). Ho passato il tempo a scrivere un piccolo racconto. Breve (non scrivo mai racconti lunghi). L’ho messo, poi, in una cartella con altri sei sette otto racconti, da rivedere). Eccolo.

Il seno di Lara

A me piace il seno cadente di Lara. Se ne vergogna, lei. La prima volta, ma eravamo al buio, entrava solo un po’ di luce dalla porta semiaperta della camera, se lo coprì con le braccia, prima di infilarsi tra le lenzuola.
L’avevo conosciuta due ore prima, forse meno, in un piccolo supermercato. Lei davanti a me, alla cassa con la cassiera più bella e indisponente, la gente preferiva fare la coda dall’altra, più anziana e affabile.
Io avevo comprato solo tre cose: una confezione con sei bottiglie piccole di acqua Perrier (andavo in quel supermercato perché era l’unico che ne vendeva), un quaderno e una matita. Arrivato alla cassa stavo per tornare indietro, mi ero scordato di comperare un temperamatite e una gomma da cancellare, saranno stati vent’anni che non scrivevo o disegnavo a matita e quel giorno, svegliandomi, avevo pensato che avrei dovuto ricominciare, da ragazzo ero bravo a disegnare paesaggi e gatti, chissà se la mia mano ricordava qualcosa… Alla cassa però mi fermai, dimenticando di gomma e temperamatite. La cassiera bella e stronza stava urlando e lei, Lara  ascoltava a testa bassa, inespressiva.
Il suo carrello era piuttosto pieno, doveva pagare un conto di 89 euro e 28 centesimi, peccato che non avesse con sé né il denaro né una carta.
«Ma come si fa a non avere nemmeno una carta al giorno d’oggi» disse la cassiera ad alta voce, così che sentissero tutti.
Lara era lì ferma e a testa bassa: la stessa testa bassa di quando si copre i seni nudi con le braccia.
«E adesso devo chiamare un mio collega a fare risistemare negli scaffali tutta la merce del suo carrello, ah bene, vedo che ha acquistato anche dei prodotti dalla nostra gastronomia… signora, ma possibile che non abbia nemmeno una carta? Ma come si fa, come si fa?»
«La signora va a casa, prende i soldi, torna qui, paga e prende le cose dal carrello» dissi io.
«Ma ci fa o non ci fa: lo vede che non c’è spazio? Dove me lo metto il carrello della signora… in testa me lo metto?»
«No, né in testa né da nessuna parte, la signora è una mia amica, pago io, tenga… è un bancomat, grazie.»
Lara non disse nulla, voleva sparire: tutti guardavano lei.
Grazie me lo disse appena fummo fuori.
«Mi accompagna a casa, non abito distante…»
«Certo, che ne dice se prima ci prendiamo un caffè» le dissi indicandole un bar. Non mi ascoltava.
«Non capisco, perché ha voluto umiliarmi? Vengo qui tutti i mercoledì mattina…»
Infatti, non mi aveva ascoltato. S’incamminò con le quattro buste della spesa, disse «no grazie, faccio io, ha già la sua» quando le proposi di darle una mano.
Non stava proprio vicino vicino al supermercato, ci vollero venti minuti o più per raggiungere il bel condominio dove viveva.
«Mi aspetta, vado a prendere i soldi, torno subito.»
Tornò e mi allungò cento euro. «Tenga pure il resto, lei è stato gentilissimo.»
«Guardi che prendo una buona pensione, no grazie, piuttosto…»
«Piuttosto?»
«Non mi offrirebbe un caffè? Poi devo andare in bagno.»
Un’ora dopo, girata di schiena sul letto, mi disse: «Lo so, non ci crederà, ma è la prima volta che scopo con uno sconosciuto.»
«Lei è la quarta… no, non la quarta sconosciuta con cui faccio l’amore, la quarta donna della mia vita.»
Che si chiamasse Lara lo seppi leggendo il nome sulla porta, sopra il pulsante del campanello.
Nei giorni successivi passai anche più volte al giorno sotto casa sua. Un condominio di dieci piani, bianco con i balconi e le finestre blu. Un bel condominio. Ci passai anche la sera. La sua finestra restava illuminata fino a tarda notte.
Prima o poi, pensai, ci incontreremo ancora.
La sera ripensavo al suo seno cadente, che avrei voluto aver baciare, che avrei voluto lì, accanto a me. Ripensavo anche un po’ ma poco alla sua casa, che avevo visto distrattamente, Lara, ne ero certo, non avrebbe gradito occhiate curiose.
Il mercoledì successivo, verso le 10,30, andai nuovamente a fare una piccola spesa nel piccolo supermercato.
Acqua Perrier, uova, stracchino e due quaderni, magari tre: in quello acquistato la settimana prima avevo provato a disegnare, ma quel che avevo disegnato non mi era piaciuto, una donna nuda in penombra in un letto, scoperta dall’ombelico in su.
Non verrai, lo so, pensavo guardandomi in giro. Certo, mi hai detto che vieni qui ogni mercoledì, ma mercoledì scorso quella stronza di commessa ti ha trattato proprio male, no, non verrai.
Invece arrivò, trafelata.
«Un caffè da me, dopo?»
Diventò la donna del mercoledì mattina. Un caffè, un’ora insieme ai suoi silenzi. Mi stava bene così.
Quando le dicevo «sei la mia quarta donna, tu» sorrideva. Ed era un sorriso indefinibile: né bello, né triste, né dolce. Era il sorriso di Lara.
Per la verità, avrei voluto tanto che mi chiedesse di parlarle delle altre, o se avevo figli, e avrei voluto invitarla a cena per poi trascorrere la notte con lei ma quel suo silenzio era un invito chiaro: a non chiedere.
(E avrei voluto baciarle quel suo piccolo seno cadente…)
Due mesi, sette incontri, poi sparì.
Il primo mercoledì che non la vidi apparire al supermercato fu un mercoledì triste per me. Più che triste. Come faccio senza di te?, pensavo.
Per mesi e mesi la cercai, ma il suo appartamento aveva le tapparelle abbassate e la sera non si vedeva nessuna luce, e tutti i mercoledì mattina, nel piccolo supermercato, di lei non c’era traccia.
E invece rispuntò nella mia vita sei mesi dopo, ancora lì, nel piccolo supermercato, un mercoledì d’agosto.
Mi sentii toccare il gomito, mi voltai, era lei. Parlava il suo viso, il suo viso e i suoi occhi mi stavano dicendo «mi dispiace».
«Un caffè da te, dopo?» chiesi.
Si strinse a me forte forte e, piangendo, disse: «Non posso, mi spiace mi spiace mi spiace…»
Sotto casa sua non sono più passato ma il mercoledì vengo sempre in questo piccolo supermercato a comperare acqua Perrier e quaderni dove disegnare un seno che vorrei tanto baciare, almeno una volta.

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