Quando si scrive le acrobazie non servono

Da parecchio tempo eravamo intesi con l’amico Doro che sarei stato ospite suo. A Doro volevo un gran bene, e quando lui per sposarsi andò a stare a Genova ci feci una mezza malattia. Quando gli scrissi per rifiutare di assistere alle nozze, ricevetti una risposta asciutta e baldanzosa dove mi spiegava che, se i soldi non devono neanche servire a stabilirsi nella città che piace alla moglie, allora non si capisce piú a che cosa devono servire. Poi, un bel giorno, di passaggio a Genova, mi presentai in casa sua e facemmo la pace. Mi riuscí molto simpatica la moglie, una monella che mi disse graziosamente di chiamarla Clelia e ci lasciò soli quel tanto ch’era giusto, e quando alla sera ci ricomparve innanzi per uscire con noi, era diventata un’incantevole signora cui, se non fossi stato io, avrei baciato la mano.

La spiaggia, incipit.
Cesare Pavese

Cosa vedo dietro queste parole? Vedo un narratore che invita a leggere una storia senza sussurrarti, mentre leggi, che il narratore è bravo e sa scrivere bene.
Vedo un narratore a cui importa il raccontare, con parole che scendono come l’acqua di un ruscello.
Se c’è una critica che mi sento di muovere a tanti che vogliono scrivere e a tanti che scrivono è questa: perché non narrate invece di sforzarvi di far vedere quanto siete bravi con acrobazie letterarie?