Un breve brano tratto dal mio libro “Lo scommettitore” pubblicato da Fernandel nel 2006.
Il protagonista è un ex professionista della politica. Ha abbandonato il suo (sporco) lavoro. Quando lavorava, però, aveva dei sogni ricorrenti.
Il passaparola sulla sua bravura di professionista della politica a volte lo spaventava – perché prima o poi, specie se hai una squadra, qualcuno ti frega – altre volte lo riteneva insufficiente.
Avrebbe voluto piantarla con aspiranti sindaci, presidenti di provincia, parlamentari, europarlamentari. Avrebbe voluto di più. Avrebbe voluto che si sapesse della sua bravura anche nelle alte sfere, in alto in alto, dove non era mai arrivato.
Al Vaticano.
Qualcuno lo convoca, magari a Parigi – no, meglio in un castello nelle vicinanze di Praga – e gli dice che deve lavorare in silenzio, da solo, affinché Tizio venga eletto Papa. E per fare questo lui, da solo, deve contrastare Caio. Annientarlo. Avrebbe accettato di corsa, perché sarebbe stato il modo migliore per chiudere la carriera da scommettitore. Avrebbe accettato senza badare ai soldi, non si era mai preoccupato di diventare ricco.
Era il suo sogno proibito, che faceva a occhi aperti: microspie nei confessionali, donnine che scuciono indiscrezioni sbottonando qualche veste cardinalizia, incontri nei sotterranei del Vaticano. Roba da film, o da libro giallo.
Il sogno numero due, di scorta, era quello di confrontarsi e scontrarsi con i servizi segreti, quello di sentirsi un vero 007 che finalmente può capire con che gente ha a che fare. E magari spulciare nei loro archivi, vedere quante balle propinano i governi democratici con la complicità dei democraticissimi giornali.
E poi aveva un sogno numero tre…
