Racconto a più mani: racconto interrotto

Gli impreparati alla vita, come Giulio. Anna, che di professione fa l’assistente sociale, ma se facesse altro, tipo rappresentante di tanga e ragazza cubo sarebbe meglio, mi ha detto: “Tina, cosa credi, guarda che Giulio ha quarantatré anni”. Quarantatré, ma come quarantatré, ne dimostra più di sessanta, pensavo io. Giulio ha dentro secoli, ma questo io non lo sapevo. Io volevo sapere chi fosse, ringraziarlo, per questo avevo chiesto di lui a quell’oca di Anna.
(remo bassini)
“Ha avuto un trauma, sai?” Aveva l’aria soddisfatta, mentre lo diceva. Appagata da questa sua diagnosi spicciola. Un trauma spiega tutto, no? Anche i serial killers ne hanno avuto di certo uno. E bello grosso. Ma Giulio non è un assassino. Non quel tipo di assassino, almeno.
(Gea Polonio)
Non uno che avesse scelto di ammazzare qualcuno insomma, ma uno che ci si era trovato perché la vita, chissà perché, ce lo aveva portato, proprio lì, in quella famiglia, in quella cucina, quella sera. Perché di un ragazzino sconvolto, che afferra il coltello della cucina e che, con un colpo solo, uccide il padre che da una vita ammazza di botte moglie e figli, tutto si può dire, ma non che sia un assassino.
(Elena del blog motivixalzarsialmattino.splinder.com/)
Dove fosse poi sparito per tutti quegli anni dopo l’Istituto, non era stato possibile saperlo con certezza, aveva detto Anna. Di sicuro si era comunque tenuto lontano dai guai, perché di lui non si era più saputo niente, e per una vita iniziata in quel modo, non era cosa da poco. Che poi avesse dentro tante altre vite, accumulate confusamente, una sopra l’altra, lo si capiva guardandolo negli occhi, per chi avesse avuto voglia di guardare negli occhi un uomo come Giulio. Uno che faceva del suo meglio per passare inosservato e che però, quella sera, nel parco, non aveva esitato a correre in mio aiuto.
(Elena del blog motivixalzarsialmattino.splinder.com/)
Anna non si era accorta dell’errore. Guardarlo negli occhi, aveva detto. Proprio a me.
Con le mani gli avevo toccato il volto quel giorno che mi raccolse da terra che avevo perso il bastone. Barcollavo senza riferimenti.
E che potevo saperne dei suoi quarantatré anni, dei suoi occhi da assassino, se le dita rimandavano al cervello rughe di cartapesta. Solo il tempo di accarezzarlo, solo un attimo, per capire a chi dire grazie.
Ma Giulio era già scappato via, ombra nell’ombra che mi avvolge.
(Silvia Leonardi)
C’erano le stelle. Me le raccontarono mentre mi riaccompagnavano a casa.
“Stiamo passando sotto Altair e Canis majoris”, mi dissero.
Sollevai la testa, come se davvero potessi guardarle. “Non le vedo ma le sento”, dissi.
Ma pensavo a Giulio e da quale stella fosse sceso lui. Ormai ne ero certa, Anna era una stronza.
Il mio cellulare squillò. “Scusa se sono scappato, proprio non potevo. Lei, hai capito chi, no? Lei mi pedina, mi perseguita”.
“Anna, vero?”
Silenzio.
“E allora basta, la facciamo finita. Una volta per tutte”.
(Enrico Gregori)
Quando Giulio arrivò a casa mia feci per stringergli la mano, ma afferrai una “cosa” freddissima.
“Vino – disse – una bottiglia. Tante volte ne avessi voglia mentre mi spieghi quello che hai in mente”.
“Tu non sei quello che sembri – attaccai subito – e non me ne frega di sapere la tua verità. So soltanto che Anna deve sparire, crepare deve. E tu…si tu, sai come fare. E non venirmi a dire che non hai mai ucciso nessuno, perché io non ci credo”.
Non potevo vedere la sua faccia mentre lui rideva, ma lo sentii sghignazzare.
“Cazzo c’è da ridere?”
“Anna mi ha chiesto di far fuori te, non è buffo?” 
(Enrico Gregori) 

 

La donna che parlava con i morti: pareri

Da tempo, una stroncatura su Anobii.
(di un’attenta lettrice, devo riconoscerlo)

Una commessa frustrata, ossessionata dal ricordo del padre anarchico, frequenta platonicamente un ispettore di polizia, vedovo e tutto dedito al culto della moglie morta. Quando l’uomo sparisce, la donna si dà da fare per rintracciarlo e, aiutata da un anziano carabiniere, cerca di capire che cosa attirasse il suo amico verso con una donna che si dice che parli coi morti. Il ricongiungimento avverrà ma forse l’ultima separazione sarà definitiva.
Di questo libro mi ha indisposto il turpiloquio costante ed artefatto, nel vano tentativo di infondere vita a dialoghi legnosi, ma anche la trama, fumosa e difficile da seguire. E poi ho provato un’antipatia immediata per la protagonista, a mio avviso troppo sopra le righe per essere credibile, così come poco credibile mi è suonata la conversione dell’inafferrabile vedovo, per tutto il libro più ritroso del casto Giuseppe, poi inopinatamente trasformatosi in tenero amante, quasi – è il caso di dirlo – in articulo mortis.

Per la verità non posso lamentarmi, ché soprattutto sulla carta stampata (Pulp, Queer, Repubblica, Famiglia Cristiana) ho avuto solo recensioni positive.
Così pure in rete, per esempio questa, che ho appena letto.

Nella triste storia di una commessa anarchica, con un fardello di orgoglio e ricordi impressionante, c’è parte di un’Italia che oggi non si ritrova più.
L’intera recensione.

racconto a più mani: nel mezzo del cammin

Gli impreparati alla vita, come Giulio. Anna, che di professione fa l’assistente sociale, ma se facesse altro, tipo rappresentante di tanga e ragazza cubo sarebbe meglio, mi ha detto: “Tina, cosa credi, guarda che Giulio ha quarantatré anni”. Quarantatré, ma come quarantatré, ne dimostra più di sessanta, pensavo io. Giulio ha dentro secoli, ma questo io non lo sapevo. Io volevo sapere chi fosse, ringraziarlo, per questo avevo chiesto di lui a quell’oca di Anna.
(incipit, mio)

”Ha avuto un trauma, sai?” Aveva l’aria soddisfatta, mentre lo diceva. Appagata da questa sua diagnosi spicciola. Un trauma spiega tutto, no? Anche i serial killers ne hanno avuto di certo uno. E bello grosso. Ma Giulio non è un assassino. Non quel tipo di assassino, almeno.
(Gea Polonio)

Non uno che avesse scelto di ammazzare qualcuno insomma, ma uno che ci si era trovato perché la vita, chissà perché, ce lo aveva portato, proprio lì, in quella famiglia, in quella cucina, quella sera. Perché di un ragazzino sconvolto, che afferra il coltello della cucina e che, con un colpo solo, uccide il padre che da una vita ammazza di botte moglie e figli, tutto si può dire, ma non che sia un assassino.
(Elena del blog motivixalzarsialmattino.splinder.com/)

Dove fosse poi sparito per tutti quegli anni dopo l’Istituto, non era stato possibile saperlo con certezza, aveva detto Anna. Di sicuro si era comunque tenuto lontano dai guai, perché di lui non si era più saputo niente, e per una vita iniziata in quel modo, non era cosa da poco. Che poi avesse dentro tante altre vite, accumulate confusamente, una sopra l’altra, lo si capiva guardandolo negli occhi, per chi avesse avuto voglia di guardare negli occhi un uomo come Giulio. Uno che faceva del suo meglio per passare inosservato e che però, quella sera, nel parco, non aveva esitato a correre in mio aiuto.
(Elena del blog motivixalzarsialmattino.splinder.com/)

Anna non si era accorta dell’errore. Guardarlo negli occhi, aveva detto. Proprio a me.
Con le mani gli avevo toccato il volto quel giorno che mi raccolse da terra che avevo perso il bastone. Barcollavo senza riferimenti.
E che potevo saperne dei suoi quarantatré anni, dei suoi occhi da assassino, se le dita rimandavano al cervello rughe di cartapesta. Solo il tempo di accarezzarlo, solo un attimo, per capire a chi dire grazie.
Ma Giulio era già scappato via, ombra nell’ombra che mi avvolge.
(Silvia Leonardi)

C’erano le stelle. Me le raccontarono mentre mi riaccompagnavano a casa.
“Stiamo passando sotto Altair e Canis majoris”, mi dissero.
Sollevai la testa, come se davvero potessi guardarle. “Non le vedo ma le sento”, dissi.
Ma pensavo a Giulio e da quale stella fosse sceso lui. Ormai ne ero certa, Anna era una stronza.
Il mio cellulare squillò. “Scusa se sono scappato, proprio non potevo. Lei, hai capito chi, no? Lei mi pedina, mi perseguita”.
“Anna, vero?”
Silenzio.
“E allora basta, la facciamo finita. Una volta per tutte”.
(Enrico Gregori)

Si procede, siamo a metà.
Ci sono incongruenze? Quando si scrive succede. Quindi facciamo così: i prossimi contributi (ancora sei) possono (tanto per incasinarmi la vita) proporre anche degli editing ai contributi procedenti, affinché tutto fili (e finisca).
Chi vuole inviare un propro contributo, la mail è la solita
raccontiaquattromani@gmail.com.
fino a domenica a mezzogiorno; poi da mezzogiorno a mezzanotte si vota.

Sui cinque scrittori d’oggi da segnalare: lascio aperta la discussione, forse ci sono nomi non ancora citati.