il topo

MI addormento avvolto dal silenzio delle cinque di mattina, mi sveglio nel silenzio, ché son solo in casa, perché anche il cane e il gatto sono usciti.
Mi piace svegliarmi nel silenzio, solo.
Quasi assoluto. Magari sento un’auto che passa, o un bimbo che si lamenta o gioca.
Il caffè, la posta elettronica, la prima sigaretta o sigaro; poi, se non sono in ritardo e se il tempo è bello, un giro in bicicletta, mezz’ora almeno.
A Vercelli, in mezz’ora, si attraversa tutta la città; in una grande città, al massimo, si raggiunge una fermata dell’autobus.
Io mi dirigo verso il fiume, facendo tappa in un quartiere dove ho vissuto per anni. E il secondo caffè lo prendo in un bar dove c’è un continuo andirivieni di gente che gioca, s’interroga e discute sui numeri del lotto e sulle vincite all’enalotto.
Ho però un problema, io. Il cellulare. Sempre acceso. Di giorno, di notte, quando vado in ferie, quando sono in bicicletta.
Stamattina ha squillato, due volte. MI son fermato per sentire meglio, poi ho raggiunto il giornale che era tardi. Caffè, il terzo, posta su carta, posta elettronica.

Ieri sera, quando invece dal giornale sono uscito, era buio ed io ero l’ultimo, mentre prendevo la bicicletta ho visto una “cosa nera” attraversare il cortile e nascondersi sotto un’auto. Ho realizzato che non poteva essere che un topo (c’è una gatta che ogni tanto passa giornate e notti nel cortile della redzione, ma è grossa e tigrata, e non ha paura di me).
Allora, io non penso di essere un codardo. Anzi.
A vent’anni mi successe di calmare un tipo che dava in escandescenze e che non era troppo rassicurante, il tipo: perché urlava e tremava e mentre tremava in mano stringeva il manico di un coltellaccio a serramanico; io mi avvicinai, gli parlai, e stupendo anche me stesso, gli misi una mano sulla spalla.
E quello si chetò, dicendomi cose che ora non ricordo e che, mi pare, allora non capii.
Forse qualcuno l’aveva deriso, forse.
Ci ripenso spesso a quell’episodio. Forse non fui solo coraggioso, forse esagerai ma forse, e dico forse perché di anni ne son passati, era la prima volta che avevo a che fare con la mia depressione, ciclica, e quando sei depresso pensi male, pensi strano.
Un’altra volta, invece, ero a Torino, 1980 o giù di lì, vidi una rapina a mano armata finire male per i rapinatori, chè il gioielliere aveva sparato, ferito un malvivente che passò proprio davanti alla mia fiat 500 di terza mano che avevo allora, e quello aveva una pistola, mi guardò, andò via. MI voltai e vidi che chi guidava le altre auto, incolonnate e ferme, si era abbassato sentendo i colpi d’arma da fuoco e vedendo il tipo insanguinato correre in strada.
Io no, volevo vedere, non mi sfiorò minimamente l’idea che era un’imprudenza guardare in faccia una che aveva appena cercato di fare una rapina a mano armata.
Comunque: io l’altra sera del topo ho avuto paura. Depresso o no, i topi mi fanno paura da sempre (e mio padre, da sempre, mi prende in giro).

Scritto di corsa e non corretto, mangiando e, ora, fumando il toscano.
Vado a lavorare, ora, fino alle 22, 23.
Poi pizza, poi pc fino a domattina.

Poi.
Ogni tanto segnalo (volentieri) “cose” pubblicate da feaci.
Oggi volentieri tre volte: perché potete leggere qualcosa scritto da una “quattromanista” amica mia.