verrà la morte e

Giovedì ho parlato con due persone. Avranno avuto la mia età, lui qualche anno in più lei qualcuno in meno, ma sembravano molto più vecchi. Sembravano morti.
Quando perdi un figlio, all’improvviso come è stato per loro o poco a poco come succede, quel figlio, morendo, ti trascina nella tomba.
Non è lui, siamo noi, i nostri pensieri che diventano lui.
Quando eravamo piccoli, purtroppo, non ci hanno insegnato a sorridere alla morte. Che è l’unica certezza.
Mancano il dove e il quando.

Morena Fanti è apparsa in questo blog e ha partecipato a raccontiaquattromani.
La scorsa settimana ci siamo scritti.
Le ho detto: scusami ma non sapevo né che tu avessi un blog (quando lo so, io per cortesia, linko) né che tu avessi scritto un libro.

Di questo libro di Morena Fanti, Il dolore più grande, orfana di mia figlia, si parla nel blog del mio amico Massimo Maugeri.

Ci sarà sempre la morte nei miei libri
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne
anzi: vorrei che ci fosse maggiormente nei miei pensieri.
Pensarla serve: a non far morire il tempo.

Quando facevo l’università a Torino conobbi una ragazza. Sorrideva sempre. Io quasi mai. Una volta, era primavera, andammo a fare una passeggiata al parco del Valentino. Raccolse un firellino, di campo, me lo porse, mi disse, sempre sorridendo, senti come profuma?
Lo avvicinai, sentii poco, io.
Era malata, grave, e non lo diceva a nessuno. E dava esami, sorrideva, respirava a pieni polmoni ogni suo giorno e ci insegnava, a noi, che ci lamentavamo del cielo che era grigio e degli esami e di questo e di quest’altro.
Lei, che doveva fare flebo e che, le dicevano, non aveva futuro, sorrideva.
A volte – certe volte – bisogna tenerla lontana.

Perdere un figlio però è un’altra storia.
Non potevano sorridere i genitori di quel ragazzo morto, l’altro ieri, mentre mi raccontavano.
Non potevano e non potranno pensare ad altro.