un’amica

In università conobbi una ragazza speciale. Mi colpì. Non ricordo perché cominciammo a parlare, prendere caffè insieme, fare qualche passeggiata per via Po.
Ricordo perché mi colpì.
A lezione, quando i docenti sentivano come si chiamava, la guardavano e le dicevano: Scusi, ma lei è mica la figlia di…?
E lei secca: No.
E invece lei era la figlia di…
Suo padre era un pezzo grosso di una importante case editrice, un intellettuale, anche; ma lei non voleva che si sapesse.
Son vent’anni che non la vedo.
La sento una volta all’anno, credo.
Parliamo, diciamo cose contro Berluscono e contro la sinistra, ridiamo, ci promettiamo di fissare un incontro, poi per mesi e mesi e mesi più nulla.
L’ultima volta mi ha detto.
Guarda, guadagno mille euro al mese, ho una macchina scassata e non me la passo proprio bene, ma almeno faccio quello che piace a me, la mia vita è questa.
Si occupa di cose d’arte, lei.
Ma il punto è un altro.
Mille euro, e ceti mesi non avere i soldi per pagare la bolletta, ma alzarsi al mattino e dire vado a lavorare, sorridendo.
Gran cosa no?
(Il peggio del peggio el peggio è guadagnare mille euro e lavorare nello stress).

Io, quando conobbi questa ragazza, ero un disoccupato.
Facevo lavori saltuari. Per esempio pulire soffitte o cantine. Mi ero appena licenziato dalla fabbrica. Contando i soldi che avevo da parte mi ero detto, Mi bastano per due anni di libertà.
Parenti e amici dissero: E’ impazzito.
Quella ragazza fu una delle poche che mi disse: Hai fatto bene. 
Per questo la sento ancora. 

Buona giornata
 

Segnalazione.
Su Blog & Nuovole è on line la prima storia.