… a proposito di povertà, vecchie e nuove.
un estratto da “Lo scommettitore”, casa editrice Fernandel.
Al discount ho visto una donna che si è arrabbiata facendo la spesa. Ha preso dei pomodori da una cassetta, li ha messi dentro a quei sacchettini di plastica che fanno bestemmiare perché non sai mai da che parte si aprono e sono sottili sottili, poi, quand’è andata a pesarli, premendo il tasto corrispondente ai pomodori, ha avuto dei dubbi sul risultato. Testarda, ha cambiato pesa che, sorpresa, indicava peso e prezzo inferiori. La donna, evidentemente ha un occhio da contadina mica da ridere, se l’è presa con un commesso, gridando, Siete dei ladri.
A me, invece, ha fatto venire un’idea.
Quand’ero ragazzo certe volte, così per passare il tempo, risparmiavo, fregando il piccolo supermercato del mio paese con il cambio delle etichette: staccavo quella da cento lire da un quaderno proletario e l’attaccavo, sovrapponendola, a quella, da duecento lire, di un bel quaderno, con la carta spessa. Se la cassiera se ne fosse accorta non poteva certo dimostrare che ero stato io. Era un trucco noto, già collaudato da altri miei amici, quindi lo usai poche volte, appunto: come passatempo.
La signora incavolata per il peso e quindi per il prezzo, entrambi sbagliati, mi ha invece suggerito un altro piccolo stratagemma. Così stamattina ho preso dell’uva, che mi rinfresca la gola quando fumo troppo queste schifezze di Esportazioni senzafiltro, e l’ho pesata, tenendo però il sacchetto aperto. Poi, dopo aver appiccicato l’etichetta, prima ho aggiunto un altro grappolo e poi ho chiuso l’involucro. Non credo mi fermeranno mai: sono un cliente che, magari solo per mezzolitro di latte, viene qui tutti i giorni, è affabile con le commesse, ogni tanto scambia qualche parola con il direttore.
Sopravvivo ma non è bello vivere così.
Comincio a odiarla questa stanza, comincio a soffocare.
E non mi piace essere povero come Ornella e Giacomo.
In questo periodo, lei si mantiene facendo le pulizie: nell’ufficio del dentista al piano terra, dove viviamo, un’ora tutte le mattine, e da una signora, titolare di una macelleria, da cui va, a giorni alterni, tre volte la settimana. Mi ha detto che, fra l’uno e l’altra, guadagna settantacinque euro a settimana, in nero, più gli sconti sulla carne che le fa la signora.
Giacomo è a suo carico, non percepisce nessuna pensione di invalidità, Non vogliamo nemmeno prenderla in considerazione, deve guarire, quasi tutti gli epilettici guariscono, mi ha detto Ornella.
Non le ho mai domandato se il suo ex marito le passa gli alimenti.
Quello che so e che vedo è che vivono e sopravvivono risparmiando come formiche. Quando escono da una stanza spengono sempre la luce, il boiler per l’acqua calda del bagno, mi ha detto Giacomo, prima che io arrivassi lo accendevano solo il sabato. Sono poveri, e tanto. Hanno vestiti vecchi, le lenzuola, quando Ornella le stende dal balconcino della sua camera, dalla strada si vede che hanno strappi, ricuciture. Sono persone eccezionali, ricche di dignità: mai una lamentela, un’imprecazione. Nessuna invidia verso chi sta meglio. Mi piacerebbe aiutarli, ma anch’io sto come loro. Forse peggio, perché se riesco ad andare avanti, pagare i cento euro di affitto, lo devo a Zagor. Lavoro per uno zingaro, io.
