dignità

Raffreddore, riunioni, telefonate. Pranzo di lavoro, anche. E mail da leggere. Tanti giorni, non tutti, è così.
Comunque.
E’ appena uscito il Dizionario affettivo della lingua italiana, Fandango.
330 voci, 315 autori (scelti da Matteo B. Bianchi, anche grazie al passaparola; io sono stato segnalato da una editor).
Funzionava così.
Ogni autore contattato scriveva un termine, definendolo.
Quando ricevetti la mail di Matteo B.Bianchi scrissi di getto questa cosa qui (ora pubblicata, quindi).
(Io non potevo definire, ma raccontare sì).

DIGNITA’
La spiegazione di cosa significhi me l’ha data un cingalese, anni fa. Ero in una località di mare, in ferie, e questo mi si para davanti con una rosa e un sorriso ebete. No grazie, dico. Mi dice qualcosa, credo in cingalese, e insiste, insiste con gli occhi: il sorriso è da ebete, ma gli occhi sono buoni. E poi. Chi sorride da ebete non è detto che lo sia, ebete. E soprattutto. Mille lire, penso, posso permettermele, no? Gliele scucio, lo saluto, mi giro, me ne vado: ma senza rosa. Tienila, gli dico, altrimenti, penso girandomi, la butto via. Dopo qualche minuto sento qualcuno che, da dietro, mi tocca leggermente la spalla (o il braccio, non rammento). Ancora lui, ma con un’espressione da bambino triste e un po’ adirato. Stringe in mano la rosa che non ho preso, me la porge e, serio serio, dice: Dignità. Stringe la rosa e, nel dire “dignità”, stringe pure i denti, come se stesse male. Prendo la rosa sorridendogli. E mi sento stupido, o ebete; è lo stesso, no?

PS
Grazie Marina per questa recensione sul mio primo libro, Il quaderno delle voci rubatre