Sto mangiando. Mi trovo in città di mare, di passaggio, dopo essere stato in un’altra città di mare.
Cucina indiana. Sono in un angolo, angolo sinistro, parete sinistra, vedo tutta la sala, che è semideserta; in diagonale, angolo destro, parete opposta, in fondo, c’è una coppia.
Lui è girato di spalle, è un gigante; che stia mangiando e bevendo lo si intuisce da come muove e braccia. Lei, carina (di fronte a luie di fronte pure a me), è sui 35-40, mangia e, tra un boccone e l’altro, gli sorride, col viso inclinato (e io quando al ristorante vedo qualcuno con il viso inclinato mi ricordo, vagamente però, di un libro letto una vita, di Hubert Montagner, dove si spiega che certe mimiche dei bambini, ma non solo, son simili a quelle degli scimpanzè, insomma: si inclina il capo per comunicare affetto, apertura, dolcezza soprattutto).
Lui è pelato, grosso. Lei mingherlina.
Mangio.
Pure loro.
Mi dimentico di loro.
D’un tratto vedo che lei si alza e si dirige verso il bagno; e vedo che lui, appena lei gli dà le spalle, veloce, tira fuori il portafoglio, estrae qualcosa, son distante, vedo solo che è una fotografia, vedo che la bacia, la guarda, anzi no, la fissa tenendola sotto la tovaglia, vedo il suo cranio lucido che è fermo, immobile, a guardare quella piccola foto, e mentre lo osservo (fa quasi tenerezza quel suo cranio abbassato come in preghiera), vedo anche che, d’improvviso, rimette a posto nel portafoglio e alza la testa, e fa tutto piuttosto in fretta perché lei sta tornando, anzi è tornata, è stata veloce.
Vedo che lei, mentre si siede, lo fissa, senza inclinare il capo.
(E penso che forse mi sono immaginato troppe cose.
Penso che sono troppo lontano, certo, era un’immagine, ma io mi sono immaginato che lui accarezzasse la foto di un figlio, o di una figlia. Suo o sua, e di un’altra donna.
E penso, anzi mi ricordo, che nei giorni scorsi una persona mi ha raccontato di suo padre, che aveva due famiglie, e magari quel racconto mi è rimasto impresso a livello inconscio, mentre guardavo il testa pelata che era una testa pelata china, su qualcosa, una foto, certo, ma non so mica se era un bimbo, una donna, un cane, una casa).
Poi.
Vedo che si alzano. Lei gli sorride, lui ricambia. Lui, galante, le fa cenno, di andare avanti. Vengono verso di me, ché la cassa è proprio alle mie spalle.
Lei ha la solita espressione di prima, vivace, allegra. Lui, non visto da lei, mentre la segue, si morde un labbro.
Mah.
E poi voglio segnalarvi questo vecchio post del vecchio blog (dove cercavo altro). Lo scrissi mesi prima che uscisse La donna che parlava con i morti.
