Quelli che se la tirano, potrebbe essere il titolo di questo post.
Quelli e quelle che fan le fighe, insomma.
Ieri su facebook, una persona che campa di editoria e che conosce, quindi, più di me, è sbottata:
Scrittori?
Giornalisti?
Ma quando mai?, scribacchini.
Non potevo resistere. Ho scritto a questa persona (premettendo: non sto cercando un editore, io) dicendo che per fortuna non tutti sono così.
E che magari, tra le secondo linee del giornalismo per esempio, ci sono atti di coraggio di cui nessuno sa o saprà mai.
Questa persona mi ha dato ragione, soffermandosi su un certo fighettismo di sinistra: si parla dei problemi e di questi problemi si sa niente.
Quanto son vicini, c’è da chiedersi quindi, scrittori e giornalisti alla vita vera?
Mi faccio pubblicità, ora.
Tra un libro della Newton Compton (La donna che parlava con i morti, 2007) e l’altro (Bastardo posto, che uscirà ad aprile 2009) ci sarà, da parte mia, un’uscita a cui tengo molto: Tamarri.
Tamarri è stata la mia esperienza personale e vissuta con ragazzi al confine: tra la delinquenza e la cosiddetta normalità.
La fabbrica ormai è un ricordo, per me, lontano. Quasi come l’università. I due anni passati in carcere a insegnare, pure. Ma i due anni vissuti con dei teppistelli di periferia no, mi fa pensare a più cose, sempre.
Al fatto che quando sono ragazzi potrebbero essere recuparti, uno.
Al fatto che i cosiddetti intellettuali (e la sinistra) sono lontani dalle periferie.
Nelle periferie ci arriva i giornali stupidi, le telenovelas, Valentino Rossi, i miti del consumismo, le strafighe, Berlusconi.
Ma la sinistra e gli intellettuali no, almeno oggi (forse Valter Siti: ne conoscete altri?).
Una sera parlavo con un ragazzo. Un ragazzaccio. Cercavo di spiegargli, davanti a una Moretti, quanto fosse importante leggere, istruirsi. Mi ascoltò, magari dissi cose furbe, chissà.
Alla fine, guardandomi, e senza vergogna, mi disse: Non ho mai letto un libro, cosa mi consigli?
Non è un mondo lontano lontano, questo.
Domenica scorsa ho trascorso alcune ore nel pronto soccorso dell’ospadale di Novara. Problemi familiari, diciamo. Bene, c’era una ragazza che faceva una flebo. Poi ho capito: era un antidolorifico. Era arrivata urlando, Forse è appendicite ha detto.
Mentre il liquido della flebo le entrava in circolazione lei ha mangiato un pacchetto di patatine e uno di Ringo.
Questa è gente.
Non ridere e non piangere ma comprendere…
Comunque. Tamarri uscirà per Historica. Dal momento che fu un’esperienza che vissi grazie (allora dicevo per colpa) di mio fratello, alla fine del racconto, spiegando, ho aggiunto la lettera che scrissi quando Moreno morì.
Spero che ora non sia lui a vergognarsi di me.
Buona giornata, e scusate i refusi, ché son di corsa. Oggi mi aspetta Torino.
PS Un libro fatto “vedendo”: Zingari di merda, di Moresco con foto di Giovanni Giovannetti.
