Da un paio di anni scrivo recensioni sul blog che ho sul Fatto. Da due mesi anche su L’Indipendente. Recensioni indipendenti.
Per ora ho scritto due pezzi.
Il primo non è una recensione, ma un omaggio a un autore che a mio avviso non va dimenticato, Luisito Bianchi, il prete della gratuità, l’autore de La messa dell’uomo disarmato.
La seconda sul libro di Zena Roncada, Il cuore delle formiche. Zena è un’amica, Zena mi ha fatto da editor, Zena ha una scrittura che mi incanta anche se è (tanto) diversa dalla mia.
Non so quando uscirà il terzo articolo, mandato stamattina.
Ho recensito “Dove non mi hai portata” di Maria Grazia Calandrone.
Che ha scritto un libro autobiografico ma anche storico.
Ha scritto un libro usando più registri: da narratrice, da giornalista d’inchiesta, da storia, da poetessa.
Il perno di tutto è una grande storia, la sua storia: fino al 16 febbraio 2021 lei sapeva, uno, di essere stata adottata, e due, che sua madre biologica si era lasciata annegare nel Tevere prima di abbandonarla (ma il termine è sbagliato, fu un abbandono pianificato) a Villa Borghese, quando lei aveva solo otto mesi.
Dal 16 febbraio Maria Grazia Calandrone si era messa alla ricerca della madre perduta. Per poi raccontare tutto nel libro “Dove non mi hai portata”.
Un passo del libro
… posso finalmente accarezzare il volto di mia madre, e il suo corpo di luce e di niente. E abbandonare il pregiudizio che solo la cultura ci permetta di capire le cose e conoscere il mondo fuori e dentro noi. Lucia aveva la seconda elementare, ma era libera. Perché aveva cuore. Quello che ancora splende, irreparabile.
Il libro, quando andavo il libreria, m’intrigava, ma non al punto di acquistarlo.
Ho deciso di leggerlo e di recensirlo dopo l’intervista a Maria Grazia Calandrone di Monica Rossi (pseudonimo di un uomo, corteggiatissimo, che lavora nel mondo editoriale e che seguo, da anni, scambiando con lui anche qualche messaggio).
Monica Rossi, chiamiamolo MR dal momento che è un uomo (alcuni dicono si chiami Stefano), fa a tutti le stesse domande. Mi ha colpito come ha risposto Maria Grazia Calandrone alla numero 10 (e ha colpito anche MR).
10) 𝙈𝙖 𝙥𝙤𝙞, 𝙖𝙡𝙡𝙖 𝙛𝙞𝙣𝙚, 𝙣𝙚𝙡 𝙘𝙤𝙧𝙨𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙫𝙞𝙩𝙖, 𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙤𝙡𝙤 𝙥𝙨𝙞𝙘𝙤𝙡𝙤𝙜𝙞𝙘𝙖𝙢𝙚𝙣𝙩𝙚, 𝙡𝙚 𝙢𝙞𝙨𝙪𝙧𝙚 𝙘𝙤𝙣𝙩𝙖𝙣𝙤?
Dico una cosa che nemmeno Madre Teresa di Calcutta.
Ma, purtroppo, la credo davvero.
Conta l’ampiezza dell’apertura delle tue braccia.
Se dentro le tue braccia si sta bene, il resto viene da sé.
Molto belle alcune interviste di MR sul suo profilo. Quelle che più mi hanno colpito son state quelle della Calandrone e quella di Grazia Scanavini, che è di una simpatia rara (e che leggerò).
E comunque. Dopo quell’intervista mi decisi a leggere “Dove non mi hai portata”.
Anche perché la madre biologica di Maria Grazia Calandrone, Lucia, proviene da un mondo contadino di cui son figlio. Anche perché anche il passato di mia madre Nella (anche lei, come Lucia, aveva fatto solo i primi anni delle elementari) ha qualcosa di misterioso sul quale, però, non potrò fare ricerche.
La storia l’ho raccontata nel post “Le mie origine bastarde”. LEGGI QUI
Ultima annotazione. Non sono un critico, le mie sono segnalazioni. Certo, mi piacerebbe scrivere come scriveva Beniamino Placido Su Repubblica, da lui ho imparato moltissimo. Preferisco scrivere le mie storie (da tempo scrivo meno), e, in campo giornalistico, di dedicarmi al calcio (la Pro Vercelli) e al basket. Mio figlio gioca a basket, una volta la sera, prima di mandarlo a letto, ascoltavamo canzoni su youtube, oppure guardavamo aldo giovanni e giacomo; da un paio di anni vediamo i campioni di basket dell’NBA… Adesso devo andare ad allenarlo: palleggi in sala, cercando di non spaccare lampade o soprammobili. Il gatto, in genere, ci guarda incuriosito. Il cane no, per niente.
