Io, Golem, poi una finestra e un camino

Due cose due.
Mi sono legato alla casa editrice Golem, come scrittore: dopo Forse non morirò di giovedì, La suora e Il sentiero dei papaveri, quest’anno verrà ripubblicata, ma solo in ebook, La donna che parlava con i morti e, a gennaio 2025 verrà ripubblicato il libro a cui più tengo, Bastardo posto.
Non solo. Faccio parte dello staff della casa editrice di Francesca Piazza, che è l’azionista di maggioranza, come consulente editoriale: leggo manoscritti che vengono inviati all’editore, faccio qualche editing e… poi si vedrà.
Ho pubblicato con editori grandi, come Fanucci e Newton Compton, editori di prestigio, come Fernandel e Perdisa, editori amici, come I buoni cugini.
Ho deciso di legarmi a Golem perché mi trovo bene con Francesca Piazza e Fabrizio Falchero (azionista che non compare nello staff, ma c’è) e con le collaboratrici di Francesca Piazza come Sofia Ragusa; mi sto trovando bene così come mi trovavo bene quando pubblicavo con Perdisa Pop e con Luigi Bernardi.
Lo sfaff di Golem.

Poi. Ho trovato due appunti che ho scritto per la prima presentazione de Il Sentiero dei papaveri:
Li copio e incollo.

E’ per me il libro più difficile da presentare. Penso non sia giusto spiegarlo, ho letto recensioni, pareri e mail he dicono cose diverse sul Sentiero dei papaveri.
Io di questo libro posso e voglio dire una sola cosa: che parla della memoria della mia vita e della memoria della vita di generazioni vicine alla mia.
Dopo la rivoluzione agraria e la rivoluzione industriale stiamo vivendo questa, la rivoluzione digitale… ecco non voglio dare giudizi, semmai Il sentiero dei papaveri è un invito alla riflessione.

Ci sono due pagine che, a mio avviso, spiegano un po’ questo discorso sulla memoria. La prima e l’ultima.
Nella prima pagina c’è un gesto, nell’ultima pagina una frase.
Prima pagina, diciamo ai giorni nostri: il protagonista apre la finestra per vedere che tempo fa. C’è stato un tempo in cui lo facevo… non voglio dire se quel tempo fosse migliore o peggiore dell’attuale, voglio solo ricordare che fa parte della mia vita e della vita di tanti di noi. La domanda che mi pongo è: ce lo vogliamo ricordare?
Nell’ultima pagina c’è una frase, ma non è ai giorni nostri, è una frase che, così ho ipotizzato, possa essere pronunciata tra una ventina d’anni. La frase è questa: … più nessuno sa, oggi, che cosa sia un camino.

Incontri al Salone

Se non cambio idea, e potrei cambiarla, dovrei essere al salone del libro da metà mattinata a metà pomeriggio di giovedì 9 e lunedì 13, stand di Golem (o a prendere uno dei 6/7 caffè che bevo ogni giorno, oppure fuori a fumare).
Ricordo una volta che ero fuori a fumare. Era lunga, fumavo un mezzo toscano. A un certo punto vedo un bel po’ di gente come in coda per vedere qualcosa. Sarà Pablo Coelho, pensai. Non mi piace Coelho, ho letto due libri, stop. Ma volevo vedere se si atteggiava a superstar. Non era lui, era una bella ragazza che aveva la schiena nuda, con parte del fondo schiena anche lui nudo. Attrazioni del Salone.

Un’altra volta vidi Fassino, solo solissimo, aria triste e sconsolata (una vita fa, prima che diventesse sindaco), pochi minuti dopo, invece, attorniato da giornalisti, vedo Fausto Bertinotti. Lui sì, si atteggiava a diva. E spiegava ai giornalisti… i problemi della sinistra. Ma non acora anche i suoi?

Un fidanzato troppo giovane

Mia zia Gina, io, proprio non la sopportavo. Non sopportavo le sue sgridate, il fatto che facesse la spia a mia madre. L’ho visto, faceva a botte, era proprio lui.
Aveva 13 anni in più di mia madre ma sembrava più giovane. Truccatissima, le gonne corte. Era zitella, ma dalla vita amorosa burrascosa. Una volta un suo fidanzato la mollò, lei rubò una pistola, fortuna che se ne accorsero e la fermarono.
Mi son ricordato di una cosa, però oggi, parlando del celebre film Riso amaro. Mi dissero, ma non so se sia vero, che una comparsa, un bimbo piccolo, era stato un fidanzato di mia zia Gina. Stettero insieme parecchio, ricordo che lui veniva invitato agli interminabili pranzi di famiglia, per natele, pasqua eccetera. C’era un problema grande come una casa, però. Lui aveva qualcosa come 20 anni in meno, forse di 21, o 22.
Un giorno mia madre mi fa: Oggi dovresti andare con la zia, devi farle solo compagnia.
Non avevo scelta con mia madre: o obbedire o obbedire. Altrimenti eran cavoli.
Così andai con mia zina Gina.
Arrivammo così nella casa dove viveva il suo fidanzato. Ci fecero entrare e io, di quell’incontro, ho solo un vago ricordo, cos’avrò avuto, sette, otto anni?
Sono accanto a mia zia, che mi tiene la mano. Siamo in uno stanzone. C’è il suo moroso, ci sono poi altre dodici o più persone, uomini e donne piuttosto anziani. Fanno domande a mia zia, che risponde, ma è in difficoltà. Erano soprattutto le donne anziane a interrogarla. Alla fine zia Gina si alzò. Andiamo mi disse. Sulla via del ritorno non disse una parola.
Quel giorno il fidanzamento finì.
L’anello che lui le aveva regalato, mi pare di ricordare, glielo restituì.
Per anni e anni rividi quell’uomo, che passeggiava, o da solo sempre con altri uomini. Mi vedeva e mi riconosceva, ne ero certo, ma guardava da un’altra parte.
Sarà vero, come mi raccontò mia madre, che era stato una piccola comparsa preso in braccio da Silvana Mangano?
Non lo incontro più, da tempo, e mia zia, da tempo, non c’è più.
È riemerso questo ricordo, però, oggi, parlando… e ho rivisto quello stanzone in penombra, con le donne e gli uomini seduti accanto alla parete. E la mia mano, in quella di zia Gina.