scusate se vi parlo ancora della mia scrittura.
rispondo ad Enrico, al suo commento nel precedente post
enrico (MRT),
ci son cinquanta (o quaranta, o settanta, non so) autori che campano di scrittura, hanno mercato, attenzioni dei media, inviti, agenti che procurano loro traduzioni, collaborazioni, contratti per il cinema.
è un mondo lontano da me.
poi c’è un esercito: da quelli che vendono 10mila copie o le han vendute, ma son già dimenticati, a quelli che hanno pubblicato per un piccolo editore e venduto 300 copie.
c’è di tutto, qui.
chi sgomita, chi è frustrato, ma ci sono anche i generosi.
si passa da un libro all’altro sperando di raggiungere l’olimpo.
o forse no.
il mio sogno è poter continuare a scrivere, campare con poco vivere vicino al mare.
so di essere fortunato, so di avere, spesso, momenti di crisi.
una volta durante una presentazione persi il filo; c’era una voce dentro me che diceva, Che stai facendo?
forse per questo sono attratto dagli scrittori che hanno scelto, anche per timidezza, per scontrosità, inadeguatezza, l’autoisolamento.
però ho un ricordo, molto bello.
devo essere sincero fino in fondo.
il giorno in cui mi recai a milano per firmare il mio vero contratto da scrittore, con mursia.
ho un grande ricordo: del viaggio in treno da vercelli a milano, del percorso che feci, a piedi, dalla stazione centrale di Milano fino a Mursia.
poi altri, certo. fahrenheit, libro del mese ad agosto 2006 poi finalista del libro dell’anno, con Lo scommettitore.
ero finalista, ma nessuno lo seppe durante la trasmissione radiofonica (fu l’anno in cui vinse Saviano).
io li ringraziai, ma non andai.
poi la “chiamata” della Newton. Rosella Postorino ora Einaudi (ma allora alla Newton) e Raffaello Avanzini.
Vogliamo da te un libro come Lo scommettitore.
il contratto sulla fiducia (La donna che parlava con i morti era solo un’idea).
Ma il ricordo più bello resta quel viaggio verso milano a firmare il contratto, i ricordi più belli sono legati al ricordo delle notti, quando si scrive.
(la bellezza dell’amore non è l’essere amati ma l’amare, ha scritto Poe; la bellezza è sempre l’attesa. Quando Alessandro Magno ha conquistato il mondo, i suoi occhi, uno azzurro e l’altro nero, sono tristi. Che c’è oltre il Tigri e l’Eufrate?).
poi arriva la pubblicazione, il giudizio degli altri.
applausi, lanci di coltelli.
di tutto.
e poi si ricomincia.
e quando ricomincio, quando scrivo, va tutto bene: perché vivo meglio, la mia giornata ha un senso e se ho dei problemi li supero meglio.
scrivere è quindi bellissimo, ma scrivere è anche legato alla pubblicazione: certo, ma è cosa completamente diversa.
sei tu, con te stesso quandi scrivi.
a volte coi tuoi fantasmi a volte no, e qui t’arrabbi, perché la gente, poi, non capisce.
tutti pensano che tu ti sia messo dentro al libro. che tu abbia vissuto, o sognato di vivere.
invece – almeno per me – non è così.
lo è: a volte.
ma spesso io “recito” i miei personaggi.
scrivere, per me, è come recitare (e quando si recita, si mettono i panni, a volte scomodi, di altri. di un assassino, di un pervertito, di e di e di. Anna antichi è nata così…).
per esempio.
oggi, per gioco (o per esercizio) ho scritto questo… racconto? (sul blog di Camillo Sanguedolce, ho visto l’idea di postar racconti di cento parole)
L’infermiera è carina, altroché quel rottame di mia moglie, che piange e piange e piange. Ha occhi vivaci, l’infermiera, non come quel rottinculo di medico che pensa io sia ormai andato. Sì, mi resta poco da vivere, ma vedo gli alberi mossi dal vento, oltre al finestra, e vedo, ora, il bel culo – a mandolino – dell’infermiera. Mi fanno pensare, l’infermiera e il suo sedere, più degli alberi. Quando è stata l’ultima volta che l’ho fatto, e con chi? La prima (volta) è facile da ricordare, ma l’ultima? Deve essere stata triste, ma ecco l’infermiera: se muoio pensandomi tra le sue cosce sarò come un albero…
Mi piace immedesimarmi, quando scrivo: andare oltre. A volte – perché no? – provare perfin fastidio per ciò che mi sto’ raccontando.
a volte (il prossimo libro che uscirà per la Newton) arrivo addirittura a farmi male).
ma la vita è fatta di tutto.
ed è fatta, la vita, soprattutto di discorsi complessi e incompleti, interrotti.
ecco, io cerco di evitare questo: di semplificare.
cerco la vita nella scrittura. e nella lettura, anche.
