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No, non sto diventando nostalgico: credo di essere nato così.
A sei anni mia madre mi concesse di andare da solo al cinema. Una figata. Il cinema si chiamava Corso. Il primo film che vidi fu un western, La notte dei lunghi coltelli.
C’era tutto in quel vecchio cinema, anche il pedofilo che si avvicinava a noi ragazzini che facevamo  la corsa e poi a botte per stare in prima o seconda fila si sedeva accanto ai più grassottelli, dava loro una caramella e poi qualche pizzicotto. E finiva lì (credo).
Me lo sognavo di notte, io, il cinema Corso. Era il posto più bello della città. Quando il venerdì, tornando da scuola, vedevo che ci sarebbe stato o Maciste o I dieci gladiatori già pregustavo (e cercavo di non far girar le scatole a mia madre; bastava niente e subito scattava la punizione: Niente cinema).
Comunque.
Un brutto giorno vedo una scritta strana. Chiuso per restauri.
Babbo, babbo, o che vuol dire che è chiuso per restauti?
Che lo devono mettere a posto.
E quanto impiegano a metterlo a posto?
E che ne so io?
Per mesi e mesi andai a controllare: tutti i giorni. Cinema Corso, chiuso per restauri.
Poi andai sempre meno ma, credo, per anni ho sperato. Certo, c’erano gli altri cinema, ma quello restava il mio preferito.
Restava il posto più bello di tutta Vercelli. Dove avevo visto I Dieci gladiatori e anche Il ritorno dei dieci gladiatori. E altro, certo.

Ho una bella macchina, ora. Che non uso quasi mai. Un’alfa 147 color blu notte. Ma se ci fossero ancora le vecchie Fiat 127 io tornerei a una di loro. Gran macchina: ne ho avute due. Una gialla e una grigia. E forse guiderei di più.
Sì certo, il progresso. Macchine col turbo, quasi parlanti. Se non chiudi una portiera o hai il treno a mano tirato loro ti avvisano. Ma se resti a piedi col cavolo che le fai partire con una spinta.

Quando ho rotto il cellulare, era Pasqua, mi trovavo a Palermo. Dissì, vabbè, mi faccio un telefonino siciliano. E’ rosso, carino, lo pagai poco, 70 euro. Timidamente domandai se ne avevano uno normale, senza le opzioni delle fotografie e del breve filmato. Macché. Giuro: avrei pagato anche di più, per averne uno semplice semplice.

Nei giorni scorsi, causa virus, questo portatile l’ho mandato in riparazione. A Torino. Giorni di spedizione compresi, hanno impiegato dieci giorni per riformattare. Io, in quei dieci giorni ho riesumato un vecchio portatile. Prima scoperta: era infettato da virus anche quello, e quindi ho scaricato un firewall e un antivirus free. Seconda scoperta: la testiera è più sporgente, insomma, si pestano meglio i singoli tasti. Terza scoperta che non è una scoperta: mi ero dimenticato che nei vecchi computer c’era il floppy, morto e seppellito dai cd.
Quando però è tornato il mio toshiba ho rimesso da parte, un po’ a malincuore, quello vecchio. Non per altro, è lento.
Ma stasera l’ho guardato, chiuso nella sua custodia in un angolo.
L’ho guardato dopo aver visto questa pubblcità su gmail.
http://mail.google.com/videochat/?hl=it
Massì, quando ci scriviamo una mail facciamo anche che chattare e soprattutto chattiamo con la telecamera.
E facciamo sesso, magari, o perché no?, un’ammucchiata.
Così ho guardato il vecchio portatile con floppy e pure un po’ lento e mi son detto: se tra qualche anno venderanno solo pc con la telecamera, e magari anche con la caffettiera incorporata, riprendo te.
Mi pare comunque chiar: tra cinque anni questi pc o mac saranno archeologia. Ma non li troveremo, come i vecchi macinini per il caffè nei mercatini.
No, saranno dispersi nell’aria e magari li staremo respirando.
Però ci vedremo chattando su gmail.

(No, la vecchia macchina da scrivere non la rimpiango. Col cavolo che potrei scrivere 30mila battute in una notte, se avessi la Olivetti anziché questo coso qui).

Comunque.
Non so da voi, ma dalla mia parti i bar la sera son quasi tutti chiusi.
Per chi vuole giocare a carte c’è la scopa on line.

E buona giornata…