Ho in mente un uomo, un uomo di legge. Morto da anni.
Siciliano, signorile, fumava (mi pare col bocchino) e tanto, parlava poco, sorrideva e salutava tutti.
Me lo ricordo quando avevo vent’anni.
Andavo a lavorare sulla mia vecchia 500 scassata. Avevo i jeans e un giubbotto blu, da lavoro.
A volte parlavamo, poco, ma era piacevole.
Me lo ricordo quando, a quarant’anni da operaio ero stato promosso a caporedattore del giornale più importante della città, e mi capitava di incrociarlo.
Avevo di fronte la stessa persona conosciuta vent’anni prima.
Non mi chiamava dottor Bassini, come alcuni avevano preso il vezzo di fare, poi.
Mi chiamava signor Bassini, come sempre. Così come io chiamavo lui signor… (ché io del signor ne faccio volentieri a meno, sempre).
Dicevano che fosse di origini nobili, dicevano pure, di lui, che avesse in simpatia i comunisti, che forse lo era (o forse dipendeva dal fatto che il suo migliore amico era un giornalista comunista). Dicevano tutti che era una brava persona.
Ecco, fa bene pensare a certe persone.
Non sembrano vere.
Ho pensato spesso a lui, ultimamente. Partendo da facebook.
Facebook è stata (e lo sarà) un’esperienza interessantissima, per me.
Ho conosciuto più a fondo persone (per esempio ragazzi della mia città che hanno interessi che non pensavo avessero. Pensavo fossero solo aperitivi e discoteca, e invece no, sono stato smentito).
Ho conosciuto persone – poche, rare – come il gentiluomo siciliano.
Ho avuto modo di conoscere dei bravi giornalisti, soprattutto pugliesi, romani, siciliani; e per me, che vivo comunque in una realtà a se stante, il confronto (e le informazioni) servono.
Ho visto attivarsi meccanismi servili, soprattutto nel segmento che mi interessa, quello dei libri. Gente che sdegnosamente rifiuta di avere contatti col popolino (spesso si tratta di sinostrorsi con la puzza sotto il naso) ma che se appare un editor o un giornalista si scappellano e fanno l’inchino.
Ed è successo anche a me quel che succede a molti, su face: di ritrovare persone di cui non sapevo nulla, da anni.
Ho avuto scambi interessanti, grazie a Face: ieri mi ha scritto un critico su don Lusiito Bianchi.
Ho avuto anche dei benefici grazie a face: gente che mi conosceva da anni ma che non sapeva che io scrivevo anche libri. Magari ho venduto dieci copie in più.
Poi su face c’è lo scrittore Roberto Cotroneo: lui meriterebbe un capitolo a parte.
Ieri ha scritto: Che argomento vorreste per il mio prossimo romanzo (vi ascolto).
Boh.
Ma la cosa che più mi ha impressionato su Face è l’altissimo numero di coloro che scrivono e che usano la rete per cercare di farsi leggere, notare.
Alcuni mi hanno contattato (chiaro, mi ha fatto piacere) scrivendomi: Leggo i tuoi libri, oppure, Ho letto un tuo libro, oppure, Leggo il tuo blog.
Ma tanti, tanti mi hanno scritto più o meno così. Ho visto che scrivi e che hai pubblicato, ci sto provando anche io, ti andrebbe di leggere questo di mio?
Altri invece mi mandano semplicemente un link: di qualcosa che hanno scritto.
E qualcosa ho letto, anche di buono.
E non ho conclusioni da trarre, ora.
Ma forse, grazie a face, ho avuto una triste conferma: che oggi la figura dello scrittore, anche abbastanza noto (più di me) è comunque inflazionata. Patetica a volte. Perché anche lo scrittore usa internet come usano fare gli ambulanti al mercato: quelli che urlano per attirare l’attenzione.
Segnalo.
Dal tumblr di Aitan, una riflessione di Andrea Bajani appunto su Face.
Alcor, un saluto al blog.
Valter Binaghi, a proposito dello scrittore in vetrina.
