Vicolo del precipizio: recensione americana

Sulla rivista semestrale Forum Italicum (New York) è uscita una recensione di Vicolo del precipizio.

Si tratta della prima recensione su carta di un mio libro pubblicata all’estero.

Si tratta anche della prima volta in cui un mio libro viene preso in considerazione da una prestigiosa rivista letteraria, che esce due volte l’anno a cura della Stony Brook University (SUNY)

Eccola:

 
 
C’è un vicolo nel centro di Cortona – una cittadina etrusca arroccata su una collina della Toscana meridionale – che si chiama Vicolo del Precipizio: sono circa 100 scalini di vicolo stretto e ripido. Ogni volta che mi trovo a percorrerlo, in su o in giù, il nome affisso sul muro mi ricorda la scritta che il pellegrino Dante incontra all’entrata dell’Inferno Per me si va ne la città dolente, / … ne l’etterno dolore, / … tra la perduta gente” (III: 1-3), un monito per chiunque decida di varcarne la soglia. Sono dunque rimasta molto sorpresa e incuriosita nell’apprendere che il giornalista e scrittore Remo Bassini, un cortonese che vive a Vercelli, nel 2011 ha pubblicato un romanzo dal titolo Vicolo del Precipizio.
Vicolo del Precipizio racconta la storia di Tiziano, un quarantacinquenne nativo di Cortona che ora abita a Torino, dove lavora come ghostwriter. Tiziano è preda dell’ossessione di scrivere le storie della sua Cortona natìa e raccontare le memorie della sua giovinezza perché si accorge che “A un certo punto della vita, voltandoti indietro, vedi che restano solo i ricordi” (6). I trenta capitoli di Vicolo del Precipizio alternano la voce di Tiziano a quella di un narratore anonimo. Come in una storia nella storia i capitoli del narratore anonimo “Torino, luglio” o “Torino, agosto” commentano, talvolta brevemente in un paio di paragrafi, le esperienze di Tiziano alle prese con il suo romanzo nelle caldi notti d’estate, con l’impulso di scrivere fino all’alba, l’emozione di riscoprire i ricordi, l’ansia e la catarsi del processo creativo – scrivere, cancellare, riscrivere, e via dicendo. E’ ancora Tiziano che si interroga sulla sua identità di ghostwriter e sul suo rapporto con il mondo editoriale. Ma è proprio il narratore anonimo che si palesa come un fantasma (forse il ghostwriter è proprio lui), lontano dalla realtà e dalle passioni come uno spettro. Le sue pagine asciutte si contrappongono alle pagine ricche, vibranti e passionali scritte in prima persona da Tiziano, che mette a fuoco le esperienze chiave della sua giovinezza alla base della sua urgenza di scrivere. Dalle due narrazioni emerge la storia di un uomo che ha rimosso il proprio passato e appiattito la propria vita perché pensava questi atti necessari per sopravvivere, ma che ora si rende conto che il ricordo rimosso rappresenta l’unico modo per sentirsi pienamente vivo.
Quasi come i pirandelliani Sei personaggi in cerca d’autoreTiziano è l’autore e il narratore della propria vita. Raccontare il proprio passato gli consente di creare una versione della sua vita che trascende il tempo e lo spazio. Nel racconto riesce a preservare i primi, importanti ricordi, che teme di veder sparire con il passare del tempo. Con le sue parole.
Quando ripenso alla mia vita mi giro dall’altra parte.
Penso ad altro. Così facendo, rischio di dimenticare persone
e storie che invece vanno ricordate, perché, alla fin fine,
l’hanno resa piú bella, la mia vita. Vanno coltivati i ricordi,
ha ragione il babbo, che si è fatto vecchio.
Già lo so: rincorrendoli, mi farò male. (9)
Rincorrere il passato è un processo dolceamaro per Tiziano: amaro perché riesuma esperienze che hanno reso la sua giovinezza un inferno, riducendo la sua vita in frantumi e costringendolo all’esilio torinese, e al contempo dolce perché gli restituisce i volti e gli oggetti che hanno reso magica la sua giovinezza: la Mimma, la sua insegnante Antonia Moschetti, gli amici Mariano, Battista, Luciano e Andrea; Chirsitna, la sua ragazza; e poi le piazze, il cielo, i colori e le storie di Cortona.
Rivisitare le proprie memorie può anche costituire un viaggio sconcertante nella parte più oscura dell’io, viaggio che tuttavia, al pari della dantesca discesa agli inferi, si rivela necessario e profondamente risolutivo poiché permette di affrontare i propri fantasmi: le relazioni fallite, le gelosie, i tradimenti, le umiliazioni, i sensi di colpa, le paure – segnali di frammentazione e perdita dell’io che determinano un senso di identità incerta. Scrivere dei demoni rinchiusi nel suo animo lo aiuta ad esorcizzarli per poter creare la tanto agognata rinascita (31).
L’esilio è dunque il tema principale del romanzo. Tiziano spiega di aver “iniziato a scrivere questo libro alla ricerca di ricordi” (149); ricostruirli è un modo di liberarsi dalla condizione di autoesilio determinatasi con il trasferimento a Torino dopo le umilianti esperienze con Magda, il suo primo amore, seguite dall’abbandono degli studi all’università di Firenze. Sentendo la mancanza della sua Cortona, a Torino sente un profondo senso di perdita. Viaggiare nel passato e raccontare le storie che descrivono le esperienze sue e di altri è un atto che conforta, diletta e insegna, come le narrazioni che aiutano Dante il pellegrino, i narratori di Boccaccio e Chaucer e Sheherazade, narratore delle Mille e una notte. E soprattutto terapeutico: nel processo scopre le origini del dolore che si porta dentro, ammette le proprie mancanze e le proprie colpe e si libera dai tormenti passati.
Remo Bassini sceglie la metanarrazione per evidenziare il carattere fittizio della vita e delle storie che sta costruendo: “Quello che scrivo è tutto inventato ed è tutto vero” (164). Ciò che Tiziano scrive è vero nel senso che questo è il modo in cui immagina (o ricorda) ciò che descrive. Ma è anche finzione perché la doppia narrazione del romanzo è filtrata dalla memoria dalla percezione e dalle emozioni – o dalla loro mancanza. Tutti strati che creano distanza ed artificio, riportandoci alla platonica constatazione che l’arte si allontana tre volte dalla realtà.
Ciò che trovo straordinario in Vicolo del Precipizio è la passione che anima le storie di Bassini. Il linguaggio vivido e le immagini evocative con cui Tiziano descrive i propri traumi, il senso di perdita, la nostalgia del passato e il desiderio per la città natale imprimono nero su bianco una storia difficile. Vicolo del precipizio tocca nel profondo anche perché esprime sensibilità e rispetto verso il passato e verso l’antica arte del narrare. Raccontare il passato, osserva Petrarca, è anche atto di umanità. Se non teniamo vivo il dialogo con i protagonisti della nostra giovinezza il tempo ne consumerà la memoria, e da italo-americana che vive lontano dall’Italia che lasciò riluttante a tredici anni ho trovato in Vicolo del Precipizio una fresca ventata di ispirazione. Credo che le memorie del passato – e per molti della terra natìa – formino gran parte di ciò su cui dobbiamo contare via via che costruiamo la nostra identità. Soprattutto gli artisti, sembra suggerire Bassini, devono al passato un posto speciale nelle loro memorie e nelle loro creazioni.
Rosa Amatulli,
Comparative Literature,
Queens College, CUNY,
March 2012.

15 pensieri su “Vicolo del precipizio: recensione americana

  1. Ho letto solo ora, Remo caro. La recensione è bella, davvero molto bella, ma il tuo libro la merita. E poi… che cosa grande se davvero venisse tradotto. Anche se non so l’inglese me ne procurerei subito una copia.
    Non mi faccio viva da tempo, Remo… ma ti (vi) penso con tanto affetto.
    Un abbraccio.

  2. E’ che visto dall’esterno sembra la cosa più normale del mondo: il logico risultato di un autore che ha lavorato bene e con umiltà per lungo tempo. Sappiamo che invece è un fatto fuori dal comune. Grande Remo.
    massimocassani

  3. @ Librini, sì.
    Una traduttrice che vive a El Paso (e che si è messa in contatto con la professoressa Amatulli) si è offerta di tradurre Vicolo del precipizio. Poi vediamo cosa accadrà. Ciao

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