Giorni fa.
Entro in tabaccheria, ho finito il tabacco per la pipa. Faccio una miscela: tra un tabacco costoso e uno che invece è a buon mercato.
Davanti a me c’è un ragazzo, che riconosco solo quando si gira.
E’ di nazionalità marocchina, può avere 17, 18 anni.
Ho visto bene cosa ha comperato: un pacchetto di sigarette, le più buone, le più costose.
Perché lo conosco: perché ogni tanto mi chiede una moneta.
Non è insistente. Ed è educato.
Non navigo nell’oro, io.
Sono stato povero, due volte.
Quando mio padre era in cassa integrazione, ed eravamo in cinque (babbo, mamma e tre figli, io, il più grande, facevo le superiori) e quando, a ventotto anni, mi licenziai dalla fabbrica per studiare, facendo lavori saltuari e risparmiando su tutto.
Ho sempre fumato.
Oggi la pipa, allora le sigarette.
Fumavo quelle che costavano meno.
Mio padre e mia madre, fin da piccolo, mi hanno insegnato a risparmiare.
Quel marocchino, invece, non sa o non vuole risparmiare.
Ma non lo conosco bene.
Sono anni che lo vedo, solo, per strada.
Credo che nessuno gli abbia mai insegnato.