E quindi?

Uno.
Annotazione, e magari mi aiutate a capire. Se scrivo non dico come una volta, ai tempi d’oro dei blog, ma come ho fatto un paio di mesi fa, il contatore mi dice che mi leggono 40 persone, 50 quando è festa.
Se non scrivo, e lascio il blog senza posto, dai 100 ai 150. Magari ho un contatore malandrino.

Due.
Domenica scorsa ho presentato il mio ultimo libro, La notte del santo, in un paese del circondario, a un quarto d’ora da Vercelli. Una quindicina di persone, 8 libri venduti. Alla fine tè e pasticcini. Hanno un fascino tutto particolare le presentazioni nei paesi piccoli.

Tre.
Ho iniziato a scrivere, non una ma più volte, un nuovo romanzo. Ne ho iniziato uno catastrifico-ambientale (ma devo studiarci su, parecchio anche), ne ho iniziati quattro, cinque, forse sei con due protagonisti di due miei libri: Pietro Dallavita (sostituto commissario de La Notte del santo) e Anna Antichi (La donna che parlava con i morti e Vegan, le città di dio). Scrivo per ore, facendo le ore piccole piccole ma tanto piccole, al punto di dormire tre ore e mezza in una notte (ma quando scrivo un libro è così, da sempre; da quando scrissi la tesi di laurea su Achille Giovanni Cagna). Poi però la voglia di andare avanti e di rileggere non c’è mai. Mai. C’è piuttosto una voce che mi dice: Bene, stai per scrivere il tuo tredicesimo libro? E quindi?
Mi sa che non sono giorni, questi, per scrivere. Da un anno è così, Dall’editing de La notte del santo. Ho un po’ paura e un po’ no di non avere più voglia di scrivere, eppure lo vorrei. Ma so che poi arriverebbe una domanda: e quindi?

Penso spesso a un uomo, che incontrai alla presentazione del mio libro Dicono di Clelia. Avrà avuto settant’anni, portati benissimo (mica come me): non fumava, andava a correre tutti i giorni. Alla fine della presentazione mi disse: Non so cosa darei per scrivere un libro.

Però ci sono stati giorni in cui la scrittura è stata una compagna fedele. Mi ha salvato dalle mie depressioni, dai miei fantasmi. Mi ha fatto vivere meglio. Vorrei incontrarli ancora quei giorni.

6 pensieri su “E quindi?

  1. La scrittura non è e non può essere un fine, bene che vada può essere considerata un mezzo.
    Ma se proprio ci sei così attaccato che bisogno hai di una conferma?
    Che bisogno hai di un pubblico? Se sai – nel tuo profondo – chi sei, non ha alcuna importanza l’applauso. Ma capita a volte di smarrirci: è l’aurora di un nuovo giorno ), il momento cioè, in cui siamo meno preparati ad affrontare la vita, la quotidianità; eppure da ogni abbattimento mattutino nascono e rinascono infiniti anni. E’ la fase del cambiamento, la carne si rinnova, lo spirito albeggia e la guida, l’anima tiene attaccate le due cose. Ispiri fiducia, le tue azioni lo fanno ed è già tanto, credi in questo.
    Quindi? – domandi – . Bello che ti ponga domande. Lo spirito giovane pone domande, quello vecchio dà le risposte.

  2. Perché dovremmo essere sempre forti ed efficienti solo perché abituati a lottare e fare. Abbiamo anche noi momenti di debacle di voglia di far poco. Io 8n questo periodo potessi spegnerei il cervello. Ma non posso. Tiro avanti con le mie piccole cose. Sto tagliando con tanti che mi hanno delusa in modo irreversibile e riprendo il cammino. Sono sicura che potrai fare la stessa cosa con l’appoggio di chi ti vuole bene. Se hai bisogno parliamone. Ti voglio bene
    Elisa

  3. @Rosalia, hai scrtto: “guarda la gente e ascolta le storie che racconta (anche quando non parla”). O sì, è una gran formula, questa. Passerà? Grazie per le belòle parole, un abbraccio.

    @Laura ciao. Mi rimetterò in cammino, forse. Un abbraccio

  4. La cosa che più mi colpisce è il dubbio di non avere più voglia di scrivere. Di non farlo più con quella verve o spinta o senso di necessità, non so come definirlo quell’ingrediente che forse ora scarseggia, forse non tornerà subito, ma tornerà. Almeno, io credo di sì.
    Per il resto, bello vendere otto copie (non sono poche, scrittori di best seller a volte ne vendono tre) e soprattutto bello il clima familiare del piccolo centro.
    Pochi accessi al blog? Mah, Pasqua, ponti di primavera, gite fuori porta, può essere?
    Scrivi. Oppure no, per un po’ leggi soltanto e vai in giro, guarda la gente e ascolta le storie che racconta (anche quando non parla). I lettori sono qui e finché ci sono lettori la scrittura, prima o poi, torna fluviale. Alluvionale. Come dopo la siccità piove per mesi e nevica ad aprile.
    Un abbraccio,
    Rosalia Messina

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