di libri e d’altro

Uno.
Racconti a quattro mani, ho fatto poco tam tam, quest’anno. Diciassette, forse sedici coppie (la scadenza è fine luglio). Domenica posto il primo racconto.

Due.
Un mese fa, a Cortona, ripreso a fumare la pipa, solo pipa, quindi, e niente più sigarette.  Ho dodici, tredici pipe. Ognuna di loro è legata a un ricordo, un periodo della mia vita. Tutte meno una: della più vecchia, che avrò preso quando avrò avuto poco più di vent’anni, non ricordo nulla, buio completo. Ho il terrore del non ricordare. Nei giorni scorsi ho continuato a chiedermi ma come si chiama quello scrittore…? Poi mi sono arreso. Era Rigoni Ster.
Tornando alle pipe. Ne ho fatta aggiustare una. E chi ho fatto pure un post.

Tre.
Sulla prima pagina del mio giornale, oggi, ho messo una fotografia e qualcuno, anche un mio giornalista anche un mio collaboratore, ha storto il naso. La foto mostra il sedere di una novantenne con piaghe da decubito. La foto ci è stata consegnata dalla figlia della donna, per un articolo denuncia contro una struttura per anziani. Anni fa non credo avrebbe fatto scalpore questa foto. Anni fa faceva scalpore un arresto per concussione. Oggi no.

Quattro.
Ad aogosto devo leggere un racconto inedito e un manoscritto di altri. Poi, oggi mi son comperato: Dove nessuno ti troverà, di Alicia Gimenéz-Bartlet; Il tempo delle donne, di Elena Cizova; La stella di Ratner, di Don Delillo; La grande sera di Pontiggia (era usato, in offerta a 2,90).Vorrei iniziare stesera – sarei indeciso tra Elena Cizova e Delillo – ma stesera sono impegnato con fonti storiche e giornalistiche sugli scioperi delle mondine del 1906; poi devo scrivere un racconto, per un’antologia, ho pochissimi giorni di tempo. Se avrò però tempo mi metterò a rileggere, come ho fatto ieri sera e l’altro ieri sera, Agota Ktistof. Mi piace leggerla al rallentatore, lentamente. Come si fa con il miglior vino. Leggendo la Trilogia non mi ero reso conto di quanto potente fosse la sua scrittura.

Cinque.
Ho appena finito l’editing di Vicolo del precipizio, che esce il 9 novembre. Il mio editor è stato Antonio Paolacci, direttore di Perdisa Pop. Ho lavorato bene con lui, Paolacci è scrupoloso come un chimico, schietto, ma rispettoso delle scelte altrui. Io mi son trovato bene con lui, lui non so se si è trovato bene con me. Perché è stato come lavorare con due editor: Paolacci e i miei continui ripensamenti. Un libro andrebbe riscritto 1000 volte. Per poi rendersi conto che magari erano meglio le prime stesture.Un libro è come un castello di sabbia. Basta poco per abbellirlo. Basta un niente per farlo crollare…