Sto (ri)scrivendo un nuovo libro. L’ho iniziato ad agosto, in ferie. Poi l’ho gettato via, e l’ho ricominciato.
Dimenticavo: sono agnostico, io.
Ecco l’incipit.
Una volta mi disse che se volevo sentire la voce di Dio avrei dovuto restare a dormire lì, nella capanna che aveva costruito tra bosco e fiume. Non gli diedi retta. Ma oggi penso che mio padre avesse ragione. La voce di Dio – basta volerla ascoltare nel silenzio della notte – è l’acqua del fiume che scorre.
Si è svegliata, ha visto che sono le tre passate da quattro minuti, ha pensato che Luca, come succede da un po’ di tempo, si sarà addormentato davanti al computer, e che, quindi, deve andare a svegliarlo.
Luca, però, nello studio non c’è. Non è davanti al computer, non è in bagno, e non è in cucina, né sul balcone a fumare una sigaretta di nascosto, metti che gli sia venuta voglia di ricominciare. Comunque. Non è da lui uscire a quest’ora, senza avvisarla, senza lasciarle un biglietto. Per essere uscito è uscito: mancano i jeans, le scarpe. Ha preso l’ombrello verde, diluvia, adesso. È la prima pioggia di settembre.