Sorrideva, Guido

Lo rivedo in casa sua, che suona e cerca di far suonare il mio bambino.
Era alto e grosso Guido Bosio, e il mio bambino era grande quanto il suo avambraccio. Ma le loro espressioni erano attente e curiose e concentrate sulla tastiera.
Abbiamo passate tante belle serata insieme, a parlar di tutto, io, Guido, Laura, mia moglie Francesca e il piccolo.
Due, tre volte siamo andati anche in un paesino, piccolo come un giocattolo, del basso monferrato, Due sture.
E lo vedevo, spesso, io, a Guido.
Lo vedevo camminare lungo il viale con i suoi amici. Era inconfondibile, lui. Il più grosso, il più sorridente.
E lo vedevo passeggiarre con Laura Bosio, la figlia scrittrice che lo ha reso felice perché gli è stata sempre accanto, fino alla fine.
Uscendo dalla chiesa, Laura ha fatto suonare la musica preferita di Guido (e che ora non ricordo).
Sorrideva, Guido. Perché a volte, morire non fa male.

Senti Guido, voglio fare, ora, qualcosa di irriverente. Qualcosa che non si fa, quando uno muore. Io voglio ridere, ma con te. O meglio: voglio farti ridere.
Ascolta. Al tuo funerale, non lontano da me, c’era un signore composto e attento. Verso la fine della cerimonia ha domandato:
Ma chi è morto?
E’ morto Guido Bosio, gli han detto.
Guido, ma davvero?
E i suoi occhi, che si son fatti tristi, hanno guardato la bara.
Insomma, era lì, lui, per passare un po’ di tempo, mica sapeva. C’è rimasto sai?

Guido grazie: tutte le volte che son stato con te ho riso anche io, contagiavi tu.