Quelli che non possono dire Andrà tutto bene, o Io resto a casa

Il dato preoccupante: il Covid colpirà tra il 60 e il 70 per cento della popolazione italiana.
Il dato consolatorio: l’80 per cento di questo 60 per cento sarà o asintomatico e avrà un’influenza che andrà via con un po’ di febbre (che è una sorta di automedicazione) e un po’ di riposo.
Il dato estremamente preoccupante: per il 20 per cento che invece avrà problemi respiratori non ci sono abbastanza posti letto e posti nelle rianimazioni, complice una politica che dagli anni 80 a oggi ha favorito il privato a scapito del pubblico.

Dal momento che la risposta della sanità pubblica è insufficiente (in alcuni casi scandalosa: tamponi a politici e calciatori, ma non a medici e infermieri in prima linea) ognuno di noi dovrà cercare di fare in modo di non essere un portatore di virus.
Anche la “normale” influenza miete vittime, complicanze comprese si parla di 8mila morti all’anno. La grande differenza sta – purtroppo – nella facilità con cui il Covid-19 si diffonde.

Non mi piacciono i due slogan (diciamo che sono sempre stato un po’ allergico a tutti gli slogan) che sono invece adottati da tantissimi, e da tanti amici cari che ho. Spiego il perché.
Andrà tutto bene è un’affermazione che trova il tempo che trova. Certo, a mio figlio di 10 anni e a mio padre di 92 anni lo dico anche io, ma non dimentichiamoci che per qualcuno – e non giochiamo per favore con i numeri – il Covid 19 è stato letale. Ai familiari di anziani deceduti per complicanze varie, la formula Andrà tutto bene non può sonare che come una beffa. Ma dov’è finito un altro slogan, un’altra frase fatta, spesso abusata da tanta sinistra, da tanti preti e da tanti giornali che dice che siamo dalla parte dei più deboli?

E poi c’è la catastrofe economica che colpisce precari, partite iva eccetera. Che colpirà il turismo. Altroché le alghe della riviera adriatica. (E da scrittore non posso che pensare alle librerie chiuse per la felicità di Amazon e da giornalista preferisco non pensare alla crisi che si abbatterà su testate on line e cartacee, perché il mercato della pubblicità sicuramente calerà).

Anche la formula Io resto a casa trova il tempo che trova. È giusto restare a casa, ma fare le prediche no. Io resto a casa ma voglio – anzi pretendo – che tu infermiere, tu medico, tu cassiera del supermercato, tu poliziotto, tu postino, tu addetto a pulire le strade non rimanga a casa.
E poi c’è il capitolo delle fabbriche: migliaia di operai che magari vorrebbero stare a casa ma non possono, e magari lavorano gomito a gomito senza le dovute precauzioni.
Insomma, a chi vuole infrangere le regole perché se ne fotte del prossimo la formuletta Io restoa  a casa fa meno di un baffo. E non va bene perché tanti vorrebbero stare a casa (così da non contagiare i propri familiari) ma non possono.

È chiaro che i comportamenti scellerati vanno combattuti. Gli assembramenti alla cazzo sono da evitare, e certo. Ma dare del cafone a un cafone non è mai servito a nulla. Meglio una campagna informativa seria, che per fortuna alcune testate (Il sole 24 ore per esempio) e alcuni singoli nei social fanno. Basta poco: una fotografia mentre si legge, o si gioca con un bimbo, o si racconta del tempi impiegato per riparare, risistemare, rivedere, ripensare anche… Pensare anche ad altro: perché farsi prendere dal panico non fa bene al nostro sistema immunitario (e quindi va bene anche un po’ di ironia, perché l’ironia ha sempre convissuto con altri momenti drammatici. Ogni giorno qualcuno nasce e qualcuno muore, qualcuno sorride qualcuno urla e piange, no? E’ la storia di sempre).

E poi ci sono gli interrogativi, che tutti noi ci poniamo. Su quanto durerà, sulle misure che dovranno essere comunque prese perché pare assodato che il virus tornerà – magari meno aggressivo, si spera – in autunno. Vedremo. Un consiglio: ascoltate tutti ma non sposate nessuna tesi. Nessun predicatore. Il Coronavirus ci ha insegnato che i predicatori, i venditori di certezze sono incerti e confusi pure loro. Però predicano. Ascoltiamo i più seri, che solitamente sono quelli che non hanno certezze. Per poi interrogarsi e continuare ad aggiornarsi, sempre. Ma pensate anche ad altro, se potete.