Questa cosa qua la scrissi nel 2008, mi pare. Non c’è nessuna previsione di quanto accade oggi.
Le Repubbliche della vita nuova hanno mezzo secolo di vita. Stiamo rinascendo, poco a poco. Poco a poco stiamo ricreando semi incontaminati, un’acqua meno impura, l’aria no: anche nelle nostre Repubbliche, tutte in alta montagna, dobbiamo usare la maschera: le chiamiamo maschere, perché ci mascherano il volto sempre, sono il simbolo della maledizione. Sono speciali, bloccano alcuni veleni, non tutti. Una manciata di secondi d’aria impura significherebbe morte. Qualche vecchio racconta ancora di quando si faceva l’amore senza maschere, guardandosi in faccia, baciandosi, lingua contro lingua, lingua contro denti. I denti li abbiamo persi ormai. I nuovi nati nascono e vivono senza, ormai.
Del resto ci servono a poco, ché non possiamo mai – è vietato dalle nostre Leggi – toglierci le maschere.
Per mangiare usiamo delle cannucce sottilissime, che passano sotto. Il cibo, infatti, è solo liquido: quello solido è leggenda, è passato, è storia, è rabbia contro chi ha avvelenato tutto il pianeta, ridendo.
Mio padre fu uno dei primi a scappare. Fuggirono, derisi da tutti. Ora quelli che non credevano che il progresso non era progresso ma la fine di tutto o sono morti o ci assediano. Vivono nelle colline o in bassa montagna, sono destinati a estinguersi. Se si accoppiano nascono mostri.
Sono le repubbliche degli Esclusi: pagano per non aver capito, o per aver capito troppa tardi.
Il Comitato della mia Repubblica ha scelto me, vent’anni fa.
Le missioni di giustizia.
Siamo i missionari, noi. Sì lo so, una volta significava altro, essere missionario.
Oggi significa trovare i colpevoli, rinchiuderli, processarli.
Sono peggio dei nazisti del processo di Norimberga, quelli che cerchiamo noi.
Sono vecchi, hanno i giorni contati, ma si nascondono: non vogliono arrivare al processo; il processo, certo, si svolge in teleconferenza. Tutti vedono. Ma il Comitati hanno deciso, anche, che i comitati si celebrino come una volta. Con i giudici e una giuria: di bambini.
Ho arrestato ministri, un capo di stato, grandi industriali, scienziati e giornalisti prezzolati. Agenti segreti. Soprattutto all’inizio è stato facile: c’era sempre qualcuno che mi diceva dove scovarli, a volte li trovavo già morti o mezzi morti.
Il difficile, ora, è cercare le seconde linee, colpevoli come i primi.
Il mio compito non è facile: devo arrestarli prima che muoiano.
Prima che muoiano devono sopportare lo sguardo dei nostri bambini.
Sguardi. Sguardi uguali a quelli di quei bambini morti, per colpa loro.
Nelle Repubbliche ne abbiamo portati tanti.
Non crediamo alla nemesi, noi.
Crediamo alla Giustizia. La nostra.
La città è deserta. Vedo le ultime automobili. quando si accorsero che i bimbi nascevano con i polmoni malformati e con una trachea piccola come una cannuccia finalmente si fermarono. Solo auto elettriche. Le altre, piangendo, le distrussero. Ma non tutte: con le più belle fecero dei musei. La grande malattia non era ancora arrivata. Cominciarono a distruggere i ripetitori, cominciarono a spaventarsi dei telefonini, cominciarono a ridurre la plastica quando era troppo tardi, prima della grande malattia.
Che stupida che era l’umanità. Beveva acqua e latte in contenitori di plastica, velenosi, puzzolenti. Non si erano accorsi che anche la plastica, per il troppo calore e per i veleni sospesi nell’aria, si stava deteriorando e stava diventando veleno. Gli Esclusi ci chiesero vetro e ferro e terracotta e legno e juta e tutto ciò che noi avevamo da tempo sostituito perché nelle nostre repubbliche la plastica è bandita. Dal primo giorno. Non fu facile realizzare computer di lega leggera.
La città è deserta, ma sacchetti di plastica incancreniti ogni tanto spuntano, e io e i miei uomini dobbiamo fare attenzione a non restare contaminati.
Ecco la biblioteca. Cerchiamo la carta, la carta.
Quando fondammo le nostre Repubbliche cercammo i colpevoli, usando la rete. Ma anche loro erano bravi, così i loro pirati cancellarono le prove di tante malefatte. Pensavano di farla franca.
Quando scendiamo in missione, noi comunque, cerchiamo la carta. La poca rimasta. Certo, si sbriciola, è gialla, ma a volte resiste. I vecchi codici medievali sono ormai una leggenda: perché oggi sono polvere, solo polvere.
A noi basta un vecchio giornale che ha resistito al tempo per trovare una prova. Servono ai nostri giudici bambini che, con la bombola a ossigeno e occhiali spessi spessi, leggono e si informano prima di giudicare i Grandi Colpevoli.
Non sappiamo se ce la faremo a sopravvivere, ancora.
Non sappiamo, ormai, che mondo è questo.
La sera, quando ci troviamo tutti insieme e tutti insieme leggiamo i ricordi di quando gli uomini e le donne potevano correre liberi sulle spiagge e nei boschi, la sera, dicevo, chiudiamo gli occhi, oppure guardiamo intensamente le stelle, perché ci manca il coraggio di guardarci in faccia.
In faccia portiamo, e i nostri figli la portano, appena nati – siamo costretti a fare così – l’ultima maledizione: una maledetta maschera. Lascerà il nostro volto insieme all’ultimo respiro.