Analfabeta, antifascista, fumatore incallito. Insomma, mio nonno

Quando voglio scrivere di mio nonno Giuseppe sono sempre indeciso: come inizio? Antifascista? Analfabeta? Una delle persone più buone che io abbia conosciuto? Buono ma anche folle? Fumatore incallito di sigari toscani girati al contrario e di pipa? Barba bianca? Amante del buon vino e della pastasciutta?

Proviamo a partire dalla sua follia.

Era un piccolo contadino, viveva infatti in un piccolo podere con una casa colonica che era di sua moglie Rosa, mia nonna. Peccato che una sera mio nonno quella casa la giocò a carte e la perse. Cambiando il suo status da povero contadino a poverissimo mezzadro.

Poi, secondo cosa, l’antifascismo di mio nonno che era anche analfabeta e socialista: un analfabeta come fa a diventare socialista? Forse perché vedeva i figli patir la fame, dico io. Ma perché rifiutare la tessera del Fascio e poi essere oggetto di derisione dei camerati che andavano a prenderlo (racconto di mio padre) e deridendolo lo costringevano a indossare una camicia nera e a sfilare con loro.

Sta di fatto che mio nonno (analfabeta) fu uno dei pochi a rifiutare la tessera.

Ma c’è altro. Io di mio nonno ho tanti ricordi, ma sono vaghi. D’estate, per le ferie d’agosto, andavamo a trovarlo. E un giorno mi face arrabbiare, e tanto. Arrivammo con dei regali, lui però adocchiò il barattolo di Nutella che i miei mi avevano comperato, lo aprì, la assaggiò usando il coltellino che ava sempre in tasca, disse buona e poi… e poi la finì tutta. Un barattolo intero, cavolo. Oppure ricordo quando con il bastone minacciava mia cugina che voleva tagliargli barba e capelli.

Comunque, ero troppo piccolo per parlare di politica. Eppure una cosa la so: mio nonno, senza aver letto Marx e nemmeno Gandhi, non tuonava mai contro nessuno. Ascoltava sempre tutti, poi diceva la sua (questo lo ricordo). Mai un insulto a un padrone, a un fascista (mi hanno raccontato). Qualche bestemmia sì, non sarebbe stato un mezzadro toscano.

Quando le ferie finivano, l’ultima sera era sempre la più triste. Andavo sull’aia, c’era lui, da solo, seduto. Vieni qua, mi diceva. Io, con il magone guardavo verso Cortona, lui, invece, guardava oltre, guardava il cielo fumando la sua pipa. Un’immagine forte, che mi ha sempre accompagnato. Voglio invecchiare come il nonno Beppe, penso da tanti e tanti anni. Guardando il cielo.

Volevo scriverne, l’ho fatto. Bene. Dimenticavo. Morì a 89 anni. Attacco di peritonite. Lo caricarono su un’auto per portarlo di corso all’ospedale di Cortona. Troppo di corsa. Disse: Andate piano, altrimenti non crepo solo io.

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