Non ricordo l’anno, non ha importanza. Forse il 1993, ma sto sparando a caso.
Avevo iniziato a fare dei corsi di scrittura nel carcere di Vercelli. Un’ora al maschile, un’ora al femminile.
Al maschile, il primo giorno i detenuti mi dissero che erano felici ma tristi per un loro ex compagno. Felici perché era uscito, tristi perché lo avrebbero voluto con loro a seguire il mio corso.
Parlatemi di lui, dissi.
Mi dissero che era un giovane albanese, e che era rimasto in contatto con loro (non so come, non lo domandai). Avevano avuto sue notizie: anche quando era detenuto aveva una ragazza, che però adesso aveva ricevuto dal padre il divieto di frequentarlo.
Nelle lezioni che seguirono, a volte, mi capitava di parlare di quel ragazzo con qualche detenuto. Ma com’era? Tutti mi davano un’unica risposta: era buono.