“Forse sbaglio”, pensa Viola Rodesi, “a venire qui. Qui si vedono solo i perdenti come Limara”. E di Paolo Limara stasera non c’è traccia.
Magari fra qualche minuto, davanti al manichino, Viola Rodesi vedrà, per un attimo, la sagoma ingobbita del geome- tra, un geometra dipendente del Comune, che, da quando è rimasto solo, certe notti le trascorre a passeggiare nervosa- mente, a testa bassa, avanti e indietro come un ossesso lungo i portici facendo rumore, coi tacchi sembra voler sfondare la pavimentazione di chiara epoca fascista o anche precedente. Era sposato, ha lasciato moglie e tre figli per mettersi con una ragazza giovane, sposata pure lei (non da tanto, però). La loro decisione di andare a stare insieme aveva provocato clamori, scintille e scandalo. Ma era durato niente, perché lei, dopo nemmeno un mese di vita in comune, l’aveva abban- donato per tornare dal marito, costretto su una sedia a rotelle da una malattia degenerativa. Il geometra da allora è dispera- to perché lei, oltre ad abbandonarlo, è arrabbiata con lui. Gli ha detto, urlato, che la deve lasciare in pace, per sempre.
Oppure, da un momento all’altro, può spuntare l’Euge- nio, davanti al manichino; stasera potrebbe passare perché l’Eugenio passa solo se non fa freddo e se non piove; passa e canta, ad alta voce. Una volta faceva l’idraulico, aveva fami- glia. Poi la moglie si è suicidata e i figli l’hanno lasciato solo. Comunque non si sa se la moglie si sia gettata sotto il treno perché lui aveva cominciato a dar di matto o se invece lui ha cominciato a dar di matto e a cantare a squarciagola – ha la fissa del Barbiere di Siviglia – quando è rimasto solo.
Ci sono uomini feriti che passeggiano sotto i portici e le loro crepe. Donne no, non ne ha mai viste. Solo Marina, aveva visto di notte.
Da “Bastardo posto” (Perdisa Pop), estratto