Cose che dico ai miei corsi di scrittura, nel primo incontro

Una traccia di quello che in genere dico quando tengo dei corsi di scrittura.

Possiamo scrivere tutti un libro e che cosa è il talento?
La mia risposta è: non lo so.
Serve un corso di scrittura? Almeno un po’ sì, può servire.
Nei miei corsi io racconto due cose. In un’intervista mi chiesero:; Dove nasce il talento di Remo Bassini? Risposi così: “Io credo che il talento di Primo Levi sia nato nei campi di concentramento, nel suo vissuto, insomma. Il mio potrebbe essere nato nei campi di concentramento che ho dentro”.
Nei miei corsi cito anche Edoardo De Filippo. Mentre teneva un corso per aspiranti attori fu intervistato dalla Rai. Disse: «Chi frequenta i miei corsi in genere mi chiede: qual è il segreto per diventare attori? E io gli rispondo: la risposta ce l’hai tu, dentro di te».
Penso sia la stessa cosa.
Chi vuole scrivere lo faccia, Mettendoci tutta la volontà che ha, e senza ascoltare i giudizi degli altri, soprattutto all’inizio.
I complimenti di parenti, amici, di blogger (nei blog si legge: Ma come scrivi bene? In genere chi lo scrive vuole essere ripagato da un analogo complimento) sono deleteri. Illudono.
Ma attenti anche alle stroncature.
Sulle stroncature faccio un esempio che mi riguarda.
Anni fa mandai un manoscritto a un piccolo editore, che stimo (anche perché legge i manoscritti).
La sua risposta fu per me un pugno nello stomaco. Non c’era nulla che gli piacesse di quel libro. Uno schifo, insomma.
All’incirca un anno dopo trovai un altro editore che me lo pubblicò, non solo: con quel libro vinsi addirittura un primo premio a un concorso letterario.
Allora, gli insegnamenti che si traggono da questa mia esperienza sono tre.
Uno. Non esistono giudizi infallibili. La storia dell’editoria è piena di bocciature illustri.
Due. Mai fidarsi, nel bene o nel male, di un solo giudizio. Cercatene, possibilmente di più persone che ritenete oneste intellettualmente
Tre. Torno a quella mia esperienza. Avevo già pubblicato undici libri (mi pare). Mi chiedo: Avessi ricevuto una risposta così tranciante quando inviai il primo manoscritto? Non ne sono certo, ma probabilmente avrei smesso di scrivere. O per sempre o per un bel po’.
I consigli, i pareri degli altri servono: il difficile è cercare quelli giusti.
E comunque, dico una cosa nota, trita e ritrita.
Chi vuole scrivere un libro deve esercitarsi quando può e deve soprattutto leggere, magari autori con stili diversi. Se ci si innamora di un solo autore si corre il rischio di scimmiottarlo.
Molti, quando dico che bisogna scrivere e leggere, mi rispondono che manca il tempo. Vero. Il tempo manca a tutti quelli che lavorano, che devo crescere figli, che hanno problemi vari.
Torno a me, alla mia esperienza di vita.
All’età di 26 anni mi iscrissi a Lettere. Lavoravo in fabbrica, avevo famiglia (oggi ho un figlio di 13 anni, allora avevo una figlia di 3 anni), avevo qualche problema di salute (e non era roba da poco).
Tutti i giorni la mia vita era questa: sveglia all’alba, corsa alla stazione per prendere il treno che da Vercelli mi avrebbe portato a Torino, autobus, due ore di lezione a Palazzo Nuovo (Torino), ancora autobus dalla facoltà alla stazione di Torino Porta Susa, quindi treno, quindi arrivo a Vercelli dove avevo il tempo per mangiare un boccone prima di iniziare il turno dalle 2 alle 10 (14-22). Poi ritorno a casa, caffettiera da tre, studio finché non crollavo. Ma ore notturne a parte, in quegli anni imparai che si può studiare (e quindi anche pensare, e quindi anche scrivere mentalmente) in tutte le pause che la vita ci concede. Anche pause piccolissime, di pochi minuti.
Ricordo di fabbrica. Mezz’ora di pausa mensa. Finito di mangiare, mancavano ancora 5, 10 minuti al fischio della sirena; e io tiravo fuori dalla mia tasca il libro di poesie di Pascoli su cui avrei dato il primo esame. Cinque minuti: quello che leggeva restava impresso.
Faccio così anche adesso: i miei libri li penso quando porto a spasso il cane, quando devo fare una coda, quando posso insomma. E se ho appresso un piccolo bloc notes per annotarmi cose che mi passano in mente tanto meglio.
Quando lavoravo e studiavo rinunciavo ad andare al cinema o a teatro (amo tantissimo andarci) o a passeggiate primaverili o quando arrivava la prima neve. Volevo laurearmi. Ora è la stessa cosa quando scrivo un libro. E non è facile facile, perché magari ci si sente in colpa con le persone che ci vivono accanto… Ma si tratta di scegliere e di volere.

Poi aggiungo questo. Non sono un vero docente di scrittura creativa. Ho rubato cose di qua e di là. Da Pontiggia, soprattutto. Poi da Flannery O’ Connor. Da Giulio Mozzi. Dalla mie esperienza.
Vi dico cose che ho imparato in vent’anni e che, se le avessi sapute, mi avrebbero fatto molto comodo quando iniziai a scrivere.

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