sbaglio?

Un libro trovato per caso, dimenticato. L’incipit (preceduto dal titolo del primo capitolo, “Come Bonnot piccolo funzionario del crimine andò a Parigi a dar fuoco alle polveri”), l’incipit, dicevo, è questo.
Madame Thollon sobbalzò. Le era parso di udire un leggero rumore contro le imposte della camera: come il fruscio insolito di un ramo o come se fossero stati lanciati dei sassolini. Trattenendo il respirò sollevò la testa e si mise in ascolto. Ma non udì altro che il brusio uniforme della pioggia, interrotto a ratti dal fischio del vento che indovinava gelido tra gli alberi.
Il titolo del libro è La banda Bonnot, la casa editrice è Forum editoriale Milano, 1968, in quarta di copertina non c’è nemmeno una parola, in copertina, sotto il titolo, La banda Bonnot c’è scritto “La rivolta disperata e totale di “banditi tragici dell’anarchico Bonnot. La belle èpoque terrorizzata dal grido “Morte alla borghesia”. Una ricostruzione minuziosa, partecipe, appassionante”.
(Si vede che tirava aria di sessantotto).
L’autore è un certo Bernard Thomas. Cerco di lui in rete: c’è niente.

Il nome di Bernard Thomas mi fa venire in mente (semplice assonanza) il grande Thomas Berhard.
E la sua scrittura: o la ami alla follia oppure non la digerisci, nemmeno col malox.
Incipit di A colpi d’ascia, Adelphi
Mentre tutti aspettavano l’attore che aveva promesso di arrivare alla loro cena nella Getzgasse verso le undici e mezzo, dopo la rappresentazione dell’Anatra selvatica, io osservavo i coniugi Auersberger dalla stessa bergère in cui stavo seduto quasi ogni giorno nei primi anni Cinquanta, e pensavo che accettare l’invito degli Auserberger era stato un errore denso di conseguenze. Ho inontrato al Graben gli
Auserberger, che non vedevo da vent’anni, proprio il giorno della nostra comune amica Joana e ho accettato, senza tante cerimonie, l’invito alla loro cena artistica, come i coniugi Auserberger hanno chiamato quel loro pranzo serale. Per vent’anni non ho più voluto sapere niente dei coniugi Auserberger. e per vent’anni non ho mai più visto i coniugi Auserberger, e in questi vent’anni…

Un editore mi fa, sai perché Il cacciatore di aquiloni ha venduto così tanto?
Perché è scritto semplice, la gente ama le scritture semplici, mi ha detto prima che io rispondessi.
Mentre mi diceva questo io pensavo a Thomas Bernhard, che semplice non è (o a Manchette, che a mio avviso è troppo semplice: preferisco Izzo).
Per cui all’editore non ho detto niente, e non è vero che chi tace acconsente: chi tace a volte riflette.
E comunque: io devo ammettere che col passare del tempo mi faccio sempre più paranoie. Se scrivo qualcosa e vedo che ho usato periodi lunghi cerco conforto: e faccio leggere quel che ho scritto a qualcuno che non è un grande lettore, a qualcuno che legge mettiamo tre, quattro libri l’anno.
Conosco una donna, giovane sulla quarantina, che da qualche anno legge meno.
Legge meno perché oltre a lavorare e badare a casa sua deve, ogni giorno, assistere i suoi vecchi, che non sono più autosufficienti. Leggeva un libro al mese, anni fa, ora ne legge uno ogni due (mesi).
Quando finisco il mio romanzo le farò leggere le bozze e, son sicuro, che se mi dirà che non ha capito qualcosa io le darò ascolto.
Sbaglio?

Sulla scrittura, in particolare, ma non solo: ho appena letto questo post di Solimano, brillante come al solito.