aquattromani: 4

RACCONTO ‘MBRIAGO (FORSE, NON SO, FATE VOI)

Italia di oggi, Italia di ieri, Italia che viene Italia che vai, vai a quel paese, quale? Prendi l’Alitalia? Boh, intanto la Maria sta cantando mio fratello è figlio unico e la Giuliana si è risposata per la terza volta, mentre Mario ieri – oh sentite a me ha detto così – ieri, dicevo, Mario entra in un cesso di un bar di periferia, che per l’appunto è anche un cesso di bar, gli scappa la pipì ma vuole anche un attimo di intimità, voglia di piangere, niente di che, così sceglie il cesso con la tazza, ché lo sciacquone porta via lacrime e piscio, solo che quando entra, sorpresa: dentro, seduto, “Comodo, comodo, stia comodo”, c’è un vecchio gay, ma garbato, che mostrandogli un pennarello gli dice: “Posso scrivere sul suo ombelico?”, e Mario lo lascia fare, e anche se gli scappano lacrime e pipì scopre la pancia, ma poco, e l’altro, col pennarello, dove c’è l’ombelico gli scrive, Ciao e grazie. Si salutano, poi.
“Io sono Mario”,
“Io sono gay”.
“Ciao”.
“Ciao”.
“Alla prossima”.
“Alla prossima”.

Dicevo poi che la Maria invece, che qui nel punto dove lo stivale è slacciato, si chiama solo Maria, canta ancora una canzone che fa: Mio fratello è figlio unico dimagrito declassato sottomesso disgregato e ti amo Mariù. Lo dice a se stessa, Maria. Dovrebbe forse dire: “Io sono figlia unica crepata coi capelli color melanzana le varici e le rughe che la crema Nivea da euri tre non ci fa mica i miracoli sopra e ti odio, Mariù”. Questo dovrebbe cantare. Ma poi, Maria, Mariù mette cinquantacentesimi nel buchetto del carrello e come la iena va a procacciare il cibo morto per i figli. Ma c’è poco da ridere anche per una iena.

E Giuliana si prova il vestito grigio perla, perlamadonna quanto cazzo costa, però l’ha comprato, ché al terzo matrimonio sembra brutto andare in bianco. E’ l’era, pensa Giuliana, delle famiglie extra large. Gli svedesi da mò che si sono allargati, però il tasso di suicidi in Svezia è altissimo perdio, Giuliana, che ti metti a pensare ora? Non leggi mai i giornali. Spòsati, intanto. Poi ridivorzi. Poi ti riallarghi. Poi ti suicidi pure tu, forse. Auguri!

Vedi, provo a parlare di Berlusconi adesso e mi viene in mente che ci
ha i capelli come il dottor Chierichini, che faceva il dentista davanti a casa mia. Era pazzo. E la moglie pur’essa. Lui si spalmava sulla testa, ogni mattina, un amalgama misterioso. Usciva per strada come sui mattoncini del lego. Tornato a casa, che fungeva, o fingeva fate voi, anche da studio, cavava i denti al pari di uno sciamano, con gli occhi fuori dalle orbite, e la moglie schizofrenica, dal buco della serratura, controllava se per caso qualche femmina avesse l’intenzione di baciarlo, infilandogli la lingua insanguinata in bocca. Non si è mai saputo che fine facessero i denti cavati. Io credo che la moglie li raccogliesse lesta per farsene una collana. Erano altri tempi. Forse era un Italia migliore? A me sembra di si. Chi andava in Vespa mangiava le mele; le mele erano già avvelenate ma facevano bene con la buccia inzuppate nel diserbo, e poi qualcuno che vinceva lo scudetto c’era sempre e morto un Papa ne abebamus subito un altro, e Pippo Baudo, il sabato sera, ci faceva tanto divertire, poi si andava a letto presto e le mogli non davano fastidio ai mariti e i mariti, sognando la Carrà, non si lasciavano dare fastidio ché l’indomani, domenica, prima si distribuiva l’Unità poi si andava al cinema, nell’Italia di allora, altrochecazzi, c’erano cinema che proiettavano due film al prezzo di uno, era già lunedì quando finiva il secondo, così non c’era il trauma del sabato del villaggio, che sarebbe poi domenica, e comunque, proprio bella bella non è mai stata l’Italia, diciamocelo, tre morti sul lavoro al giorno non tolgono nessun medico di torno, ambulanza, stop, condoglianze, stop, rammarico del padrone, incazzati che poi ti passa, c’è Sanremo, c’è Andreotti, e raccomanda tu che raccomando anch’io, però almeno, un attimo, diciamolo, dai, ferma tutti: ci-si-incazzava-ci-si, almeno-no?
Non per nulla il dentista Chierichini, che era pazzo, e la di lui moglie pure, furono sgozzati un giorno dalla donna di servizio, che era di origini francesi e conviveva con un pastore belga, ma allora nessuno disse “via gli stranieri dall’Italia”, “ce l’ho duro“, “ce l’ho così così”, cielo cielo manca, via via, vieni via con me, diciamolo, un po’ meglio era l’Italia dei fantastici anni fate voi fratelli, che dite? Sessanta? Settanta? Ottanta? La paura fa Novanta, basta, fermiamoci, a quando c’era chi vestiva alla marinara e chi con le pezze al culo, però si sperava, almeno, allora. Vedrai vedrai vedrai che cambierà… una cippa. Sì si sperava, sì era meglio, almeno un po’, forse, fate voi. Io, come vedete che ne so?, io, non faccio testo, e non so mica se è vera la storia che mi ha raccontato Mario, la storia siamo noi, quando?, non so, ecco. Quello che so è che Pippo Baudo non morirà mai e questa certezza, nella bufera, è per me fonte di una bizzarra consolazione. Forse.

aquattromani: 3

LA TELEFONATA

– Uffa, non mi viene uno straccio di idea. Dell’Italia di oggi, dice. Dovremmo saperne qualcosa, no?
– Ci sarebbe da metterci di tutto, dalla politica al lavoro nero, ai barconi che vomitano persone a Lampedusa come se fossero pesci andati a male, alle badanti rumene e polacche, alla prostituzione di ogni colore. Ma che ne sappiamo veramente di queste cose, tranne quello che ci arriva dai giornali, dalla televisione e da qualche sporadica conoscenza di riporto?
– Va bene, la carne al fuoco è molta, forse troppa, ma di buono cosa c’è? La libertà d’informazione no. Ci dicono quello che vogliono e poi dobbiamo immaginare più verità possibili.
– I canali televisivi sono di parte, questo ormai l’abbiamo capito. Ognuno tira l’acqua al suo mulino. Forse potremmo capire qualcosa quando litigano, agli uomini la verità scappa sempre appena gli vengono i nervi.
– Si dice In vino veritas, se mi consenti, traduco in latino maccheronico, tanto al mondo, ormai, è tutto maccheronico: In nervis stat veritas, ti piace?
– Non solo gli uomini, se permetti, si infuriano in diretta televisiva e tutti sparano le rispettive pecche senza riflettere che accusando si accusano.
– Però io continuo a non avere le idee chiare, gli argomenti possibili sono davvero troppi. Che mi dici della condizione femminile?
– Paleolitica, ecco. E devo dirlo a mio svantaggio. Anche se il maschio non trascina più la femmina per i capelli come nelle barzellette tradizionali, siamo ancora lontani secoli da una vera parità.
– Ieri mi è venuta a trovare un’amica e ha pianto, parlava di violenza psicologica del marito.
– Per fortuna tu questo problema non lo hai…
– Già, però questo non è un problema dell’Italia di oggi, è una storia di sempre e del resto non si può generalizzare.
– E chi generalizza? ci sono sempre le eccezioni che confermano la regola, ah, ah, ah.
– Tutto vero. Intanto io sono ancora senza idee per questo racconto a quattro mani.
– E pure io. Ma mica ce l’ha ordinato il medico di partecipare, se non ci va ci cancelliamo e amen.
– Certo che possiamo, però, prima di arrivare a tanto, mi piacerebbe proprio mettere in piedi un bel racconto, di quelli che fanno magari “audience”, tanto per restare in tema.
– Uhm, a me pare che in fondo potremmo anche rimaneggiare quel tuo racconto sul caporeparto e farlo passare per nuovo, in fin dei conti è attuale anche il tema.
– Ma no, dai, è meglio rinunciare. L’argomento va troppo nel particolare.
– Forse hai ragione tu. Vabbé, allora glielo scrivi tu a Remo che ci ritiriamo, per mancanza di idee?
– Senti, che ne diresti di raccontare di quel mio amico che si fa crescere la barba lunghissima per sembrare un islamico?
– Ma a chi vuoi che importi?
– A nessuno. Allora senti queste: i vecchi abbandonati dalla famiglia all’ospizio e i cani scaricati sull’autostrada o comunque sulla strada per farsi la vacanza in pace.
– In pace dici? Ma non senza rimorsi. Quand’ero piccola ho letto sul sussidiario la storia di quel nonno trascurato a cui cade la tazza della colazione e si rompe, allora il nipotino tenta di aggiustarla e, quando il papà gli chiede cosa faccia, risponde: “Voglio riparare la tazza per darla a te quando sarai vecchio”. Altro che Italia di oggi, questa è storia antica e gli animali sono stati sempre abbandonati, però la fissazione della vacanza a tutti i costi per fare crepare d’invidia amici e nemici con le cartoline spedite dall’Egitto o dall’isola esotica, questa sì, potrebbe essere un’idea, tu che hai attraversato il Sahara a dorso di cammello…
– Sì, sì, prendimi in giro. Piuttosto, secondo te il razzismo è veramente superato o cova sotto sotto per riesplodere a luogo e momenti opportuni? Guarda la violenza negli stadi, vanno lì a divertirsi e si ammazzano come niente, ciao mamma, ciao papà, e il figlio non torna mai più .
– Io dico sempre: poveri genitori. E che mi dici delle stragi del sabato sera, di ritorno dalle discoteche? E’ un argomento troppo triste, vedo le famiglie straziate. Ormai è un’abitudine planetaria, come se ci fosse un orgoglio a chi resiste di più al sonno, alle pasticche, ad agitarsi ballando e facendo gli scemi. Intanto i genitori aspettano e sperano senza essere capaci di frenare i figli.
– Potremmo continuare all’infinito, questa è la verità, ma non abbiamo risolto il nostro problema, che ci mettiamo in questo racconto a quattro mani?
– Ho una certa confusione in testa, non mi viene un briciolo d’ispirazione,
– Aspetta, io ho bisogno della tinta, perché non mi accompagni dalla parrucchiera? Lì sì che se ne sentono di storie! Così mentre io mi faccio sistemare la chioma tu aguzzi l’udito e prendi appunti.
– Questa mi sembra proprio buona, anche io dal barbiere ne sento delle belle. L’ultima era di un vecchio che per sposare la badante ha divorziato dalla moglie ottantenne.
– Certo che ormai non ci si meraviglia più di niente!
– Infatti, pensa che la badante ha solo ventisette anni.
– Cose da pazzi!
– Allora cosa gli scriviamo a Remo per dirgli che rinunciamo?
– La verità, che non abbiamo trovato un’idea decente, ecco.