Eventounico, in un commento sui manoscritti, ha scritto:
a mio avviso, un aspirante forse dovrebbe puntare più in basso. Perché una casa editrice blasonata dovrebbe scegliere un esordiente ? Perché fa vendere ? Ecco questa potrebbe essere una argomentazione convincente, ma cos’è che fa vendere ?
Allora, io non so rispondere.
Ci son tanti luoghi comuni, ci son tante mezze verità.
E’ comunque vero che lo scrittore che non ha mai pubblicato o che è poco noto è più facile che venga prima letto e poi pubblicato da un piccolo editore, ma ci son casi di esordienti pubblicati anche da Mondadori.
A un piccolo, ma… come dire, blasonato (mi sembra un giusto termine, sì: blasonato) editore (uno che scopre sconosciuti che poi passano alla grande editoria) un giorno domandai: qual è la tua linea editoriale, quali sono i libri che scegli?
La sua risposta fu secca, immediata.
Quelli che piacciono a me.
Dopo un attimo di stupore (pensai: tutto qui?) passai alla seconda domanda.
Chiesi (col sospetto che stavo per domandare qualcosa di poco furbo).
Ma pensi anche alle vendite quando scegli di pubblicare un manoscritto?
Anche qui. Secca, immediata e breve, anzi brevissima risposta.
Certo, devo vivere anche io.
La differenza tra il grande e il piccolo editore, alla fin fine, sta solo nel fatto che il grande lavora, appunto, con logiche da grande, lasciando la passione chiusa da qualche parte.
Il piccolo (visto io, toccato con mano anche io) no: lavora con passione.
Come scelgono i manoscritti gli editori grandi e piccoli?
Saperlo.
Poi. Chi legge i manoscritti?
Ecco, mi spiace non trovare il link, ma tempo fa lessi un’intervista interessante, a un addetto ai lavori.
Diceva. La grande contraddizione della grande editoria è che magari chi legge un manoscritto è giovane ed inesperto e magari poco pagato, così è portato a giudicare bene quello che lui conosce; se però dovesse arrivargli tra le mani un buon libro che lui non capisce, o che non è nelle sue corde, chiaro, lo boccia.
Ecco forse la differenza tra grandi e piccoli.
Mondadori boccia L’elenco telefonico di Atlantide di Avoledo, Sironi pubblica L’elenco telefonico di Atlante, il libro va bene e vende, Einaudi (del gruppo Mondadori) acquisisce i diritti (pagando, quindi) di un libro che il gruppo non aveva notato.
Resto a Sironi, che è uno degli editori che ho seguito con maggiore interesse.
Allora, tra i luoghi comuni più diffusi ci son questi due.
Uno, gli editori preferiscono pubblicare autori giovani, magari belli, magari brillanti.
Due, gli editori preferiscono pubblicare libri di 180, 240, 300 pagine al massimo, ma non quelli di 800, 1000.
Allora, cinque sei anni fa Sironi decide di pubblicare La messa dell’uomo disarmato, di Luisito Bianchi. Che è un prete (scomodo per la chiesa e per tante coscienze) vicino agli ottant’anni, che ha scritto un libro di 800 pagine.
Non solo. Quel libro era già stato editato, pubblicato in proprio, anni prima: gli amici di don Luisito, dopo il rifiuto di alcuni editori, avevano fatto stampare un buon numero di copie (mi sembra 1500, ma forse son di più) e poi l’avevano venduto (ma anche regalato).
Sta di fatto che grazie al coraggio di Paola Borgonovo cinque sei anni fa è uscito uno dei libri più belli della letteratura contemporanea (certo, lo penso io, ma non solo io).
Non ci son regole su Cosa vende o cosa non vende, io (e non solo io) però ho una certezza: che un buon titolo e una buona copertina vendono molto di più di un buon libro con un titolo e una copertina infelici.
Mi fermo, ma prima aggiungo un’altra convinzione (una cosa che ho imparato, parlando con un agenzia letteraria, una delle migliori): allora, gli autori son convinti che pubblicando tanto, magari in rete, magari con minuscoli editori, magari con piccolissimi e piccoli editori, si acquisiscano dei meriti sul campo che favoriscono l’ingresso nella grande editoria.
Non è così.
Marco Salvador non ha pubblicato tantissimi libri.
Quattro, cinque?, tra Piemme e Fernandel?
Marco Salvador però è un autore che ha mercato: ha facilità a trovare tanto un agente quanto un editore.
Semplicemente perché ha venduto, e tanto, soprattutto con il romanzo storico Il longobardo.
Marco Salvador ha, grosso modo, pubblicato gli stessi libri che ho pubblicato io; io però su quattro romanzi pubblicati (il primo non conta, ha avuto diffusione solo locale) posso vantare un ottimo esito di vendite (sopra le 5mila copie) solo con La donna che parlava con i morti.
Peggio di me stanno quegli autori che non hanno mai superato le 3mila copie o le 1000 copie. C’è una sorta di memoria, che magari passa per classifiche, inventari, bilanci che sono nei computer dei librai, che non dimentica: chi vende e chi no.
Se ai librai (razza in estinzione, ma il mercato lo fanno ancora loro) piace un autore, quell’autore venderà, perché ordineranno tante copie del suo nuovo libro, perché esporranno in vetrina il suo nuovo libro.
(Magari qualcuno non lo sa, ma le copie che gli editori stampano di un determinato libro sono decise dopo le prenotazioni che fanno i librai: che sono loro, in pratica, a decidere, quante copie verranno stampate di questo o quello).
Sta di fatto che – supponiamo – io pubblichi con Feltrinelli o Longanesi, magari due libri: bene, se i due libri venderanno poco io non avrò più – brutta parola – “mercato”, insomma, davanti alla grande editoria troverei le porte sbarrate.
Stessa cosa se io pubblico sei sette libri con editori piccolissimi: se vendo 100 copie o 400 quando è festa… sarebbe meglio non avessi mai pubblicato.
A questo proposito ricordo che, soprattutto in editoria, tutto è relativo, anche le copie vendute.
Se io vendo 1000 copie con Fernandel è una buona cosa, se ne vendo 3mila con la Newton è quasi un flop.
I librai preferiscono gli editori grandi (Mondadori e Feltrinelli e Longanesi e Rizzoli e Garzanti), poi quelli medi (come è appunto la Newton, che però a livello di copie distribuite è come una grande) e poi, se c’è richiesta, se hanno voglia, danno spazio anche ai piccoli.
Ma il discoso è lungo, credo.
Vediamo come procede.
E non so mica se ho risposto a Eventounico (penso comunque che gli scrittori siano abbastanza inaffidabili nel dire bene o male di questa o quella casa editrice: dicon bene di chi li ha trattati bene, e viceversa).