Myriam, tu non mi conosci e, quando ti scrivo, sembra anche a me di non conoscermi.
Che tu sia per me il coltello, Davide Grossman
Ecco, io (tralasciando ogni giudizio sul libro) penso che se uno si mette a scrivere e, d’un tratto, ha (come) la sensazione di non conoscersi, ecco, io penso che sia una buona cosa, forse una grande cosa, forse la più grande.
Penso anche che in questo momento dell’ottavo giorno di settembre sto per prendere un’aspirina effervescente con vitamina c, e non è una grande cosa, questa.
Penso pure che mi son svegliato nel modo peggiore, stamani: con la sensazione di essere già in ritardo. E nemmeno questo è una bella cosa, anzi diciamocelo, è brutta assai.
E penso infine a quel che mi disse un giorno qualcuno del mio blog. Tu posti e scrivi la prima cosa che ti viene in mente. Più o meno è così: perché tante volte scrivo e poi cancello.
Ora – proseguo pensando e quel che penso scrivo – se ripenso ai cento e più post distrutti non ho nessun rimpianto. Ma se ripenso ai racconti, ai romanzi iniziati e poi distrutti (una volta avevo un caminetto, così scrivevo e poi bruciavo) ecco, non dico di provare del rimpianto (assolutamente no) ma un po’ di curiosità, almeno quella, sì.
Perché di fronte alle cose scritte in passato io, solitamente (nove volte su dieci) ho sensazioni opposte: o me ne vergogno oppure mi stupisco, ché mi sembrano scritte da qualcuno che è meglio di me medesimo.
Ora mi fermo a ingurgito l’aspirina, che sa già di autunno e starnuti.
Bellissimo l’autunno, suggestivo l’inverno, ma io, come Paola Mattiazzo, dell’estate non so proprio che farmene.
Riguardo alla scrittura, io adoro rileggermi a distanza di tempo, proprio per incontrare quella persona che io non conosco, ma che si esprime ogni volta che metto mano alla penna, alla tastiera o qualsiasi altro mezzo di scrittura. Sempre pensato che lo scrivere non mi appartiene, che divento una specie di medium per qualcun’altra. Non necessariamente migliore, solo diversa.
ogni mattina, insieme, si svegliano profumi e amori e voglia di vivere e respirare che son comunque fratelli di pianti, morte, disperazione.
la vita è: né bella né brutta, è bellabrutta insieme.
la vita tira a sorte, da quando nasci: se sei figlio della disperazione sei già segnato.
la vita rimette tutto a posto: alla fine.
non so. gli scritti non sono come i pantaloni che indossavi a 15 anni. quest’ultimi è fatale che oggi ti vadano stretti e non c’è sarto che possa adattarli alle esigenze. con i racconti, con i romanzi forse si possono fare un po’ di taglia-e-cuci e di rovesciamenti. Così possiamo accorgerci che noi stessi siamo ancora da qualche parte, nascosti tra quei fogli. forse, quindi, meglio non buttare.
passando a grossman confesso il mio disagio. di lui ho letto 250 pagine di “a un cerbiatto somiglia il mio amore”, poi l’ho abbandonato pensando che è un libro stupendo, che solo così poteva essere scritto e che grossman è un grande scrittore… che io non posso leggere, però, in quanto lontano da me distanze galattiche. mi rendo conto che è un po’ come il trito luogo comune “venezia è meravigliosa, ma non ci vivrei”. ma tant’è, e grossman saprà farsene una ragione.
quanto al resto, remo, io vivo con una sorta di ottimismo minimale. per cui meglio alzarsi presto per prendere un’aspirina che per andare a fare la chemio.
Di tutte le mie robe scritte in passato, ora che non scrivo più, se le rileggessi me ne vergognerei e me ne stupirei insieme.
Perché mi vergogno di aver tentato la scrittura dell’incanto (inteso sia nel senso di magia e piacere, sia in quello di vendita all’asta) che è la propria vita riflessa nell’osservare il mondo, io che non ne avevo le capacità.
Perché ancora mi stupisco di quanto fosse viva la mia vita allora (e stupidamente/intelligentemente inutile) prima di accorgermi, ormai troppo tardi, che la stavo vivendo a occhi chiusi e che in fondo non stavo guardando altro all’infuori di me stesso.
Per fortuna non rileggo le mie robe :)
Quelle rare rarissime volte che mi è capitato di rileggere un pensiero scritto da me anni prima senza riconoscermi ho pensato che valeva la pena. Scrivere. Anche se poi avrei letto soltanto io.
Un abbraccio caro Remo
Elena
Il profumo dell’autunno, insieme a quello della neve, è uno dei miei preferiti. Quell’aria frizzantina che accompagna le prime foglie rossastre…
Adoro l’autunno. Esattamente come l’inverno. Sono “bastian contrario”, lo so. Eppure sono stagioni che si adattano meglio alla mia personalità e al mio carattere. Io non sono solare. Non lo sarò mai.
Purtroppo i cambiamenti di stagione si accompagnano ad alcuni malesseri.
Attento all’aspirina, però… Provoca mal di stomaco…
Un abbraccio (quello che non sono “riuscita” a darti…. purtroppo sono terribilmente timida e insicura… non sono solare ed estiva, lo so…)
dici il libro i libri, cara cristina?, o intendi altro?
(no che non mi offendo)
Guardarsi dal di fuori è un gran traguardo.
E’ un libro duro, quello che citi, duro e insieme tenero.
(posso chiederti perchè non commenti quasi mai o sono maleducata?)
io, al momento, penso solo che per me è un vero piacere leggerti, che tu scriva “impegnato” o la prima cosa che ti viene in mente.
e non te lo dico in modalità “pigiamino di saliva”,
lo dico perché semplicemente lo penso davvero.
ecco.
Che tu sia per me il coltello mi è piaciuto assai nella prima parte. Meno nel finale.
Il titolo è superbo. Preso da una frase di Kafka in una lettera a Milena. Frase incisiva :-)
e concordo con la Sgnà, che l’autunno ha davvero colori sontuosi. Ed è la mia stagione preferita.
ciao Remo :-)
Lo sto leggendo:) Mi piace molto.
E forse ogni persona che si ama diventa un coltello col quale fare i conti.
Spero che l’aspirina faccia effetto presto.
Tutti a parlare di autunno e di freddo e di raffreddore. Ma no! che ho davanti un bel sole, l’aria frescolina, e il lavorio della vendemmia.
Che porta sagra e festa di pigiatura.
Per poi arrivare piano sì ai colori autunnali.
Così caldi.
Buona giornata remo:)
Sgnà