Nabokov non sopportava Dostoevskij, quindi?

Ho appena letto un post, che è anche un articolo, di Loredana Lipperini sui lettori esigenti che stroncano, usando la rete, autori noti, per esempio Mann, Orwell. E mi è venuto in mente Giuseppe Pontiggia che, durante una trasmissione telefonica, si mise a discutere con un ascoltatore, un insegnante di lettere, sul finale de La Coscienza di Zeno, di Italo Svevo.
Che significava l’esplosione finale?
C’erano nessi con l’incipit?
Con le nevrosi?
Erano domande a cui né l’ascoltatore né Pontiggia sapevano rispondere. Pontiggia fece i complimenti all’ascoltatore, si poteva solo supporre che.
E comunque.
Pontiggia, prima di salutarlo, all’ascoltatore disse: L’insicurezza è pedagogica, lei di sicuro è un buon insegnante.
E gli disse anche, citando Rubbia, che c’è una grande analogia tra letteratura e fisica: più approfondisci e più aumenta il mistero.

Oddio, criticare comunque si deve. C’è chi disse peste e corna di Celine e Dostoevskij. Ma su anobii, sui blog e su facebook c’è un tiro al bersaglio che spesso mi sembra un po’ alla cazzo. Della serie: le sparano gli altri e quindi le sparo pure io.
Torno a Pontiggia: lui argomentava.
Quando diceva che la scrittura di Hemingway è talmente geniale da apparire semplice, ed esaltava il talento di Dostoevskij o Manzoni, proponeva i passaggi, i dialoghi.
Per discuterne, e confrontarsi, poi. Domandarsi.
Perché Nabokov non sopportava Dostoevskij?
Già perché?