appunti su Pontiggia: sorprendere

Ho un po’ di sana (credo) e sincera invidia per tutti coloro che frequentarono e conobbero i discorsi sullo scrivere e sulla letteratura di Giuseppe Pontiggia. E sto recuperando appunti, cose che disse soprattutto: ché un manuale non volle mai scriverlo.
Sulla scrittura e sul talento era al tempo stesso preciso ed evasivo.
Non diceva mai che debbono scrivere quelli che hanno talento.
Diceva, però, che per scrivere occorrono, in particolare, due cose: la tecnica e l’originalità.
Allora, la tecnica si impara. Anche solo leggendo gli scrittori ispirati, diceva Pontiggia. E tra gli scrittori lui citava spesso Proust, Svevo (a cui perdonava gli errori di italiano), Roth, Hemingway, Pessoa, Machiavelli, Freud, naturalmente Shakesperare, e poi Manzoni, Dostoevskijj.
Sulla tecnica si possono fare mille e più ragionamenti, e non si finisce mai di imparare.
Ma mi fermo, ora, sulla originalità.
Pontiggia diceva che un buon scrittore non trascrive mai, scrive, e così facendo si sorprende di quanto scrive, e se si sorprende lui sicuramente si soprenderà anche il lettore.
Diceva, Pontiggia, che la scrittura va oltre lo scrittore, come se si trattasse di un processo inconscio: è la mano che scrive, non il cervello.
(Così succede che alcuni autori abbiano scritto cose più grandi di loro. Chiesero a Marquez: Che significato ha il suo libro Cent’anni di solitudine? Non sapeva rispondere, Marquez, quel libro lo avevano scritto le sua mani, infatti).

E’ per questo motivo – sosteneva Pontiggia – che i cattivi autori quando debbono giustificare alcune pagine mal riuscite dicono: Ma è successo così, veramente. Quello che succede nella vita, realmente, spesso non funziona nei libri.
Una ragazza che frequentava i suoi corsi di scrittura un giorno disse a Pontiggia: Non riesco a capire, io nella vita privata so usare le giuste frasi che si dicono nei momenti intimi, ma quando quelle frasi le riporto sulla pagina bianca non danno lo stesso… risultato.
Pontiggia le disse: Usi le sue parole per la vita privata, i romanzi hanno bisogno di altro.

La parola magica è, dunque, sorprendere?
(Per me sì, lo è. Da mesi e mesi non mi sorprendo più scrivendo, e quindi butto via).

Buona giornata