Quelli importanti-indaffarati non hanno mai tempo per rispondere a una mail o al telefono, giustappunto.
Ad A. dissero che aveva un tumore maligno alla tiroide. Pianse disperata. Non è giusto a neanche trent’anni.
Un mese dopo, in un altro centro, ad A. dicono che dovrà operarsi, certo, ma non si tratta di un tumore: è solo un gozzo che va asportato. A. era felice.
Giorni dopo A. è in crisi: e se avessero ragione quelli che mi han fatto la diagnosi peggiore?
E’ ora di cena, A. vorrebbe parlare con qualcuno. Così prova, e telefona a due medici del primo ospedale; è un piccolo ospedale di una città dove tutti si conoscono, fa in fretta a farsi dare i numeri. Ma i due cellulari non rispondono.
Provo a sentire qualcuno dell’Altro Ospedale, dice A. Sa che non sarà facile. L’altro ospedale è un grande ospedale di una grande città. Con l’aiuto di un amico giornalista A. recupera il numero di casa dell’oncologo dell’Altro Ospedale. Lo chiama, risponde il figlio: Mio padre sta mangiando, ma ora glielo chiamo.
A. tenne l’oncologo dell’Altro ospedale più di mezz’ora al telefono, poi sorrise e andò a dormire tranquilla.
Certe storie hanno un lieto fine, e ci insegnano che ci sono quelli importanti che non valgono niente e quelli importanti per davvero.
(E io sono convinto che anche il medico dell’Altro Ospedale andò a dormire sereno quella sera).
PS Questa è una storia vera. Ed è vera anche l’iniziale A.