Salone del libro, ricordi sparsi.
La prima volta, un venerdì sera di una ventina d’anni fa. Si chiamava Fiera del Libro. Vedo una cosa che avevo già visto: a Vercelli, un vecchio professore, andava a teatro dove, tra un atto e l’altro, vendeva i suoi libri. Vedo insomma gente che ha dei libri suoi, da vendere. La cosa mi fa strano.
Due, tre anni dopo. O forse più. Era il 2006, comunque.
Passo due intere giornate al Salone. Ci sono ben due miei libri. “Dicono di Clelia” nello stand di Mursia. E, fresco di stampa, “Lo scommettitore” in quello di Fernandel Penso: una cosa del genere non mi succederà più. Mi sento fortunato, mi sento anche, almeno un po’ scrittore (fino ad allora non mi ero mai definito così).
Nello stand di Fernandel, la gente passa, ogni tanto dà un’occhiata ai libri, a volte gli sguardi si posano anche sul mio libro. Capisco quanto sia importante una copertina bella, giusta. Capisco che un libro è un granellino di sabbia.
O meglio: alcuni libri. Come i miei, per esempio.
Due ricordi tristi, ora.
Il primo. Amaro. Vedo una persona che conosco bene. Ci siamo visti, frequentati, scritti. Ha sempre detto bene dei miei libri. Ora però e per fortuna sua, questa persona ha sfondato. Grande editoria, interviste. Da quando è famosa, questa persona, non ha più scritto nulla di me. Anzi, quello che ha scritto su di me, in rete, non si trova più. E comunque. Quando ci incrociamo io vorrei salutare questa persona, che però svicola. Ogni tanto ci ripenso. Spero di essermi sbagliato, altrimenti sarebbe triste. Per la persona, mica per me.
Secondo episodio triste.
«Venga, venga, così parliamo del suo manoscritto.» Sto passeggiando, quando sento questa frase. Mi incuriosisco. E osservo. Un signore attempato e mogio mogio, ascolta a testa bassa il verdetto di una signora che dice «Non ci siamo» «Così non va.» Lui suda, la signora, invece, sta godendo. Orgasmi facili, insomma. Ma tristi.
Incontri politici.
Lo stesso anno mi succede di incontrare tre politici. Buttiglione, seguito dalla guardie del corpo. Camminava stanco, camminava senza voglia di essere lì. Poi vedo Fassino (non era ancora sindaco). Solo solissimo. Infine vedo Fausto Bertinotti. È accerchiato dai giornalisti, spiega cosa va e cosa non va della sinistra. E si compiace, tanto, dell’ascolto.
Primo episodio carino.
Sono fuori, fumo il mio mezzo toscano. A un certo punto vedo del movimento. Gente che si spinge per vedere. Sarà Coelho, penso. Mi alzo, voglio vedere anche io. Macchè. Solo la splendida schiena molto ma molto nuda di una bella ragazza. Faceva caldo, del resto.
Secondo episodio carino.
Vado in bagno a fare pipì. La coda degli uomini è lunga ma accettabile, quella delle donne è… una colonna infame. Qualcuna corre il rischia di farsela addosso. E infatti. All’improvviso una donna sui quaranta, elegante (vestiva di nero), abbandona la colonna delle donne, entra nel bagno degli uomini, supera tutti e va a fare pipì, tra gli sguardi ammirati del presenti. «Però».
Dimenticavo. Sabato 16 dalle ore 16 sono al Salone del Libro, Torino (firmacopie di “Forse non morirò di giovedì”). Padiglione 2, stand G66 – Golem edizioni