Il detenuto

Non ricordo l’anno, non ha importanza. Forse il 1993, ma sto sparando a caso.

Avevo iniziato a fare dei corsi di scrittura nel carcere di Vercelli. Un’ora al maschile, un’ora al femminile.

Al maschile, il primo giorno i detenuti mi dissero che erano felici ma tristi per un loro ex compagno. Felici perché era uscito, tristi perché lo avrebbero voluto con loro a seguire il mio corso.

Parlatemi di lui, dissi.

Mi dissero che era un giovane albanese, e che era rimasto in contatto con loro (non so come, non lo domandai). Avevano avuto sue notizie: anche quando era detenuto aveva una ragazza, che però adesso aveva ricevuto dal padre il divieto di frequentarlo.

Nelle lezioni che seguirono, a volte, mi capitava di parlare di quel ragazzo con qualche detenuto. Ma com’era? Tutti mi davano un’unica risposta: era buono.

La vita che cambia

Ho finito di scrivere “La suora” durante i mesi del primo lockdown. In genere, in passati mi succedeva questo: appena terminato un libro ne abbozzavo subito un altro. Che poi magari si perdeva per strada. Ha tanti libri iniziati, lasciati perdere. Oppure avrebbe preso forma, dopo un po’ di tempo.
Dopo “La suora” niente di tutto questo.
Dal 2006 a oggi ho pubblicato 14 libri.
Per due volte, c’è stata una doppia uscita: nel 2006 e, appunto, quest’anno.
Nel 2006 pensavo che sarebbe stato l’inizio di un percorso duro, ma denso di soddisfazioni.
E’ stato solo duro, con poche soddisfazioni.
E’ cambiata la mia percezione del mondo e anche il mio vivEre il mondo, in poco tempo:
Il Covid ha portato odio, il Covid mi ha fatto passare la voglia di scrivere. Poi magari tornerà, chissà.
Comunque, sulla mia pagina facebook ho scritto quanto segue:

La Suora, Golem edizioni.
Dal 2 dicembre in libreria.
9 dicembre, ore 18, presentazione al Circolo dei lettori, Torino
20 gennaio, ore 18, presentazione al Piccolo Studio, Vercelli
Altre presentazioni da definire.
(Le ambientazioni sono tutte piemontesi: Orta nel 2010, poi l’alta Valsesia, le strade deserte di Vercelli nel lockdown del 2020, le strade deserte di notte a Vercelli nel 1945 e 1946; e poi c’è una villa nella periferia di Cuneo, dove è nata lei, “La suora”)

Un giorno bello, ma son giorni strani, questi

… lo sai che siamo tutti morti non ce ne siamo neanche accorti? e continuiamo a dire “così sia”… Claudio Lolli

Ieri è stato un giorno bello per me. Una persona che mi è cara, un’amica, mi ha scritto: l’intervento è andato bene… sto bene, a presto.È stato un bel giorno, una giornata piena, ieri: ho passato il mio tempo a fare dei lavoretti in casa, ho letto un po’, son passato dal mio vecchio, ho lavorato, ho portato mio figlio a basket e poi, dopo il basket, abbiamo studiato insieme spagnolo. E ieri sera mi sono addormentato leggendo “Lesioni personali” della Atwood. Bel libro, mi sembra, ma sono solo a pagina 40.

Ma è stato un giorno bello soprattutto per la mia amica, che affronta la vita e le sue magagne sorridendo e suonando.Però succede anche questo.Ieri, un’altra persona che conosco ha scritto sulla sua bacheca: Non ho più una vita da due anni e so che potrò recuperarne una solo quando me ne andrò… Nel frattempo resto come semplice spettatrice, non me ne frega più niente di nulla.

Queste due persone mi hanno fatto venire in mente un incontro, di qualche mese fa.Un compagno dei miei sette anni di fabbrica, quando di anni ne avevo venti.Mi seguiva nelle mie battaglie sindacali, ma stava in disparte da tutti, perché pensava sempre al suo mondo fatto di musica. La ascoltava, insegnava a suonare, suonava. Vive ancora per la musica, tant’è che l’ho incontrato davanti a un negozio di strumenti, appunto, musicali.Parlava sempre poco, in fabbrica. Quando mi ha visto, due, tre forse quattro mesi fa, invece, ha parlato solo lui. Un breve monologo che non ho dimenticato.«Bassini, hai visto che schifo la nostra bella sinistra? Si salva solo Rizzo, ma Rizzo cosa conta? L’uno per cento? Sai, ieri ho fatto il vaccino. Moderna, boh… tanto…, ci credi che non me ne frega più niente di vivere?». Poi ha preso la bicicletta, che era appoggiata al muro, Ciao, ciao, e se n’è andato.Suonava e suona anche lui, come la mia amica che mi ha scritto. Ma pensa come l’altra: di chi vive senza riuscire più a sentire melodie.

Lettore di me stesso

Con “La suora”, che esce il 2 dicembre, sono arrivato a quota 14 libri pubblicati.

Se mi domandassero: di questi 14 libri quali rileggeresti?, non avrei dubbi.

Bastardo posto, La donna di picche e La suora.

C’è un motivo. Quando scrissi il mio primo libro, capii che sarebbe diventato un libro (mi riferisco a Il bar delle voci rubate) perché mentre lo scrivevo avevo l’impressione di leggere qualcosa di nuovo. Qualcosa che usciva da me, più dalle mia mani che dalla mia testa.

E ho imparato una grande lezione, da allora. Che più ti allontani da te mentre scrivi e meglio è (anche perché, comunque, tu nel libro comunque ci finirai).

Ecco, Bastardo posto e La donna di picche e La suora sono i libri con storie e personaggi che ho saputo tenere alla giusta distanza.

Potrei però farmi un’altra domanda: e dei tuoi personaggi, quel è il tuo preferito? Risposta. Sicuramente Anna Antichi, protagonista di due gialli: La donna che parlava con i morti (Newton Compton e poi Il Vento antico) e Vegan, le città di Dio (Tlon).

Parlo da lettore dei miei libri, insomma.

Da scrittore no, non ho indicazioni. Son tutti figli miei.

Novembre. Torino palazzo nuovo 1983

Inverno del 1983. Lavoravo in fabbrica, ma al contempo avevo ripreso a studiare.

Facoltà di Lettere, Palazzo Nuovo, Torino.
Frequentavo, prendevo il treno ogni mattina alle 7 e 30, forse 7,45, da Vercelli per Torino porta Susa (oggi ridisegnata, irriconoscibile), poi, alle 11 e 50 minuti, dopo le lezioni e gli autobus presi di corsa (numero 56 o 55 non importa, o tram numero 13) salivo sul treno da Porta Susa direzione Vercelli. E alle 14 meno cinque minuti, dopo una mozzarella e mezzo bicchiere di vino, timbravo mentre suonava la prima sirena della fabbrica (la multinazionale giapponese Ykk), turno 14-22.
A Palazzo nuovo seguivo i corsi di geografia economica (professoressa Sereno); storia romana (Cracco Ruggini), psicologia dinamica (Borgogno) e storia della letteratura italiana moderna e contemporanea con Stefano Jacomuzzi.
(A luglio diedi il primo esame: 28, proprio con Jacomuzzi.)
Tra gli altri, con lui, avevo studiato, e bene, Pascoli.
Mi piaceva la poesia Alexander, ma ancor di più Novembre che, va a sapere perché, memorizzai senza nemmeno rendermene conto.
Probabilmente la ripetevo mentre, dal finestrino del treno, guardavo la piana e la nebbia.

Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate
fredda, dei morti.