Altri tempi, altre voci

Per tre anni della mia vita ho fatto il portiere di notte. Di notte potevo studiare e dalle 4 alle 6 anche dormire per un paio d’ore. Poi dormivo in treno, andando in università.

Facendo il portiere di notte o il cameriere ti accorgi che spesso la gente conversa poco lontano da te, dicendo anche cose importanti, delicate. Il mio primo libro si intitola Il bar delle voci rubate: è la storia di un proprietario di un bar che in un quaderno scrive le cose che la gente racconta senza fare caso a lui (nel quaderno, poi, finirà anche lui).

Ho ripensato spesso alle voci rubate ultimamente. Il terreno è poco fertile. Noioso. Virus, vaccinazioni, mascherine eccetera eccetera eccetera.

No, un attimo. Ci fu una voce che mi colpì, appena finito il primo lockdown.

Mentre portavo a spasso il cane sentii una donna che disse: La prossima volta non mi incastrano. Mi compro una bella casa in montagna e appena capiamo che ci rinchiudono ancora ci vado e dico ai miei figli di raggiungermi.

Azzarola.

Anche stamattina, camminando, ho rubata una voce. Diceva più o meno così: Una settimana, dieci giorni al mare me li sono sempre permessi, ma con queste bollette quest’anno come faccio? Ero di corsa, non ne ho sentite altre, di voci.

(E comunque: erano più interessanti le voci che rubai quando scrissi il libro, era il 1996. Due anni fa la casa editrice I buoni cugini lo ha ripubblicato. È una versione riveduta (molto riveduta) della prima edizione che uscì nel 2002 con il titolo Il quaderno delle voci rubate. Altri tempi, altre voci, altri sogni…)

Credere negli spiriti

Il padreterno ognuno se lo immagina come può, e il mio, certamente, non è quello dei preti

(Beppe Fenoglio; frase riportata dalla sorella)

Mi è venuto in mente un gran bel libro, Gli spiriti non dimenticano, di Vittorio Zucconi. Una biografia su Crazy horse (Cavallo pazzo). A un certo punto Zucconi racconta che la chiesa smise di mandare missionari nelle riserve indiane: perché si convertivano alla religione pellerossa. Il grande spirito, che non si vede, e che è dovunque.

C’è dell’altro.
Come mai comprai quel libro? Successe questo. Erano anni, quelli, in cui tutte le sere uscivo. Dopo la laurea (studiando) avevo voglia di alternare al lavoro di giornalista qualcos’altro. Al cinema e al teatro potevo andare poco, il giornale, allora, si chiudeva tardi. Così cominciai a giocare a bowling. Bowling agonistico. Non ero un campione ma me la cavavo.
Una sera rincasai come al solito tardi. Ma il bowling era aperto fino all’una di notte, quindi mangiai con l’intenzione di andare ad allenarmi. Succede però che sento, dall’altra stanza, la voce di Vittorio Zucconi che dice a Maurizio Costanzo: Prima di andare in Arizona a documentarmi su Cavallo Pazzo non credevo agli spiriti. Adesso sì, ci credo.
E’ successo qualcosa di analogo anche a me. Prima di conoscere La donna che parlava con i morti nemmeno io ci credevo. Adesso, invece, sì.
(Attenzione. La donna che parlava con i morti è soprattutto un giallo, e il titolo può trarre in inganno. Le protagoniste sono due: Anna Antichi, che parla con i morti come fa qualcuno, parlando con loro al camposanto oppure dovunque. E poi c’è “la donna che parla con i morti”, che dialoga con loro; ma è un personaggio che sta sullo sfondo).

La suora recensita da Giovanni Agnoloni

Lo scrittore e traduttore Giovanni Agnoloni (LEGGI QUI) ha recensito “La suora” su La poesia e lo spirito.
Sulla sua pagina facebook ha scritto:

La mia recensione di un ottimo giallo, “La suora” di Remo Bassini (Golem Edizioni). Il primo libro che ho letto ambientato durante il lockdown. E’ uscita sul blog “La Poesia e lo Spirito”.

Eccone un estratto:

“La penna di Remo Bassini è elegante e leggera anche mentre affonda in questi drammi rimossi e nello spaesamento di un quadro di eventi inusitato come quello verificatosi nella prima metà del 2020. Anzi, è proprio la commistione e il riflettersi reciproco di questa alienazione storico-sociale e delle contraddizioni insite nella sua vita e in quelle di coloro sui quali indaga l’aspetto più interessante di questo avvincente romanzo, capace di condurre, con levità ma anche con un’amarezza che lo imparenta con i migliori libri sui segreti della provincia italiana (penso, tra tutti, a I misteri di Alleghe di Sergio Saviane), in un ambiente intimo e carico di allusioni, capace proprio per questo spiazzare e turbare.”

Leggetela tutta qui: https://www.lapoesiaelospirito.it/…/la-suora-di-remo…/

Richiamata anche sul mio blog: https://giovanniagnoloni.com/2022/02/17/remo-bassini/


Marco Salvador, un amico, un grande scrittore, un grande

Profilo facebook di Marcoi Salvador.

San Lorenzo, 16 febbraio.
In questo giorno, alle due del mattino, è mancato Marco.
Condividiamo con voi questo momento.
Aurora, Matteo e Ottavia

Allora, ne scrivo un po’ io, adesso.
In primo luogo, Marco Salvador: LEGGI QUI

Era impossibile non volergli bene, era impossibile non ridere con lui, era impossibile non litigare con Marco Salvador.
Ci siamo conosciuti un sabato di tanti anni fa. Avevamo entrambi pubblicato con la piccola ma prestigiosa casa editrice Fernandel. Io “Lo scommettitore”, Marco Salvador “La casa del quarto comandamento”. Lo invitai a Vercelli, a presentare il libro. Poi andammo a cena, poi a spasso. C’era vento, andammo a vedere la sinagoga.
Da allora ci siamo sentiti spesso al telefono, ci siamo ripromessi cento volte di ri-vederci , ma alla fine ci siamo solo scritti, sempre meno per la verità: colpoa mia. Negli ultimi anni la mia tendenza a chiudermi in me stesso, si accentua sempre più. Ora mi spiace di non averlo riabbracciato una volta ancora.

Su questo blog, Marco intervenne tante volte, commentando: sull’editoria, ma anche sulla vita. Mi ricordo uno scritto spassosissimo sul letame…
Ho pochi amici tra scrittori e scrittrici. Pochissimi. Lui lo era. Ed era un grande scrittore.

Certi incontri, di notte, in un Bastardo posto

“Forse sbaglio”, pensa Viola Rodesi, “a venire qui. Qui si vedono solo i perdenti come Limara”. E di Paolo Limara stasera non c’è traccia.

Magari fra qualche minuto, davanti al manichino, Viola Rodesi vedrà, per un attimo, la sagoma ingobbita del geome- tra, un geometra dipendente del Comune, che, da quando è rimasto solo, certe notti le trascorre a passeggiare nervosa- mente, a testa bassa, avanti e indietro come un ossesso lungo i portici facendo rumore, coi tacchi sembra voler sfondare la pavimentazione di chiara epoca fascista o anche precedente. Era sposato, ha lasciato moglie e tre figli per mettersi con una ragazza giovane, sposata pure lei (non da tanto, però). La loro decisione di andare a stare insieme aveva provocato clamori, scintille e scandalo. Ma era durato niente, perché lei, dopo nemmeno un mese di vita in comune, l’aveva abban- donato per tornare dal marito, costretto su una sedia a rotelle da una malattia degenerativa. Il geometra da allora è dispera- to perché lei, oltre ad abbandonarlo, è arrabbiata con lui. Gli ha detto, urlato, che la deve lasciare in pace, per sempre.

Oppure, da un momento all’altro, può spuntare l’Euge- nio, davanti al manichino; stasera potrebbe passare perché l’Eugenio passa solo se non fa freddo e se non piove; passa e canta, ad alta voce. Una volta faceva l’idraulico, aveva fami- glia. Poi la moglie si è suicidata e i figli l’hanno lasciato solo. Comunque non si sa se la moglie si sia gettata sotto il treno perché lui aveva cominciato a dar di matto o se invece lui ha cominciato a dar di matto e a cantare a squarciagola – ha la fissa del Barbiere di Siviglia – quando è rimasto solo.
Ci sono uomini feriti che passeggiano sotto i portici e le loro crepe. Donne no, non ne ha mai viste. Solo Marina, aveva visto di notte.

Da “Bastardo posto” (Perdisa Pop), estratto