di sé e dei libri

E’ giusto che uno scrittore racconti di sé e dei suoi affetti, magari allontanati?
Secondo Donna Laura no.
E io, nel blog di Donna Laura ho scritto che non avrei raccontato e che sono d’accordo con lei.
Ieri però l’ho visto in libreria e ho comperato Prima di sparire, di Mauro Covacich, Einaudi, 16 euro.
In quarta di copertina ho letto:
Sparire dalla vita di un’altra persona significa tradire soprattutto se stessi: alla fine, anche se sei innocente, scopri di aver fatto comunque del male a un sacco di gente.
Questo sì, lo condivido.
Ma non mi racconterei mai, io.
Certo dei brandelli, sì, sono inevitabili i brandelli del sé.
Come Salgari: era lui Yanez, l’uomo delle cento sigarette al giorno.
Comunque leggerò il libro e vedrò se riuscirò a leggerlo o se invece mi dovrò interrompere a pagina 50.

Però son strani i libri, come noi.
Ho provato a rileggere libri che a vent’anni mi piacevano.
Come Papillon, di Henry Charrieère. Mi sono interrotto.
Non ha più lo stesso “sapore”.
Se la vita ti sorride e leggi un libro triste solitamente lo rifiuti.
Se vai di corsa e leggi un libro in fretta magari non lo capisci.
Se, son tanti i se.
Buon lunedì

Se Mondadori ristampasse L’obelisco nero di Remarque penso farebbe cosa gradita a tanti lettori. Ogni tanto qualcuno mi scrive e mi chiede se ce l’ho. Ce l’ho, fotocopiato. L’unico libro fotocopiato della mia libreria. L’avevo, l’ho perso, lo ho voluto riavere. Mi piaceva quando avevo vent’anni, mi è ripiaciuto l’anno scorso.


son qua, adesso

Due anni fa aprii il vecchio blog, quasi per scherzo: avrei preferito un sito, meno grane.
Un sito dove comparissero i miei libri, due stavano per uscire, dove fosse ben evidente la mia mail così da poter dialogare con lettori e non lettori, dove inserire eventuali recensioni, magari foto, magari racconti.
Invece è successo che, nel vecchio blog, mi son raccontato, dicendo di mio fratello, che dall’agosto 2005 non c’è più, dei miei anni in fabbrica, di mio padre e mia madre, figli di quelle generazioni senza nome (come canta Guccini), della mia città, di Cortona, delle mie esperienze editoriali, che son poche e marginali. Sono uno dei tanti che ha pubblicato, sono un giornalista di provincia.
Non dimenticherò mai chi ero, anni fa: un anonimo operaio che timbrava e che magari sembrava un po’ strano, per via di un libro di Remarque sotto il braccio, insieme alla pietanziera.
Ho conosciuto gente, grazie a questo blog.
Bella gente per davvero.
Persone umili. Persone che soffrono. Persone dignitose. Persone di una generosità rara.
L’estate scorsa, che ho trascorso in Salento, ho incontrato blogger, oppure gente che veniva a commentare su Appunti.
Pochi giorni fa sono stato in Sicilia: ospite di amici che non avrei avuto, che non avrei conosciuto se non ci fosse stato questo aggeggio qua, il blog.
E che dire, allora, di Sermide?, dove Colfavoredellebbie è possibile qualsiasi magia?, perché più di 70 persone, in un centro di 6mila abitanti, che intervengono alla presentazione di un libro dal titolo strano e scritto da un autore sconosciuto è, certo, una magia, o forse no.
Ho provato a far di conto: e mi sono impressionato. Perché in due anni ho incontrato almeno una volta una trentina di blog, escludendo i raduni (come il lit camp di Torino) e posso dire d’averne conosciute altre cento di persone, con mail, telefonate anche. Qualcuno mi ha pure scritto, come si usava una volta, usando carta e penna.
Gente lontana, perlopiù, che non mi va di dire di questa cosa qui a vicini di casa o a chi lavora con me.
Tornassi indietro sì, rifarei lo sbaglio: riaprirei il blog. Ne sono certo.
(Anche se i veleni che si annidano nei blog e in certe teste di minchia colossali ti fan passar lavoglia, a volte).
E pensare, pensare che, proprio quando lo aprii, mi dicevo e dicevo a chi mi conosce che ero stufo di parlar di me ed ero stufo di conoscere gente.
Ché i miei colleghi di fabbrica non li voglio dimenticare, o non voglio dimenticare i miei compagni (donne, eran tutte donne a lettere a Torino) d’università.
Questo aggeggio qui è malefico, certo.
E poi.
Si perde tempo, ci si dimentica, spesso, che fuori è una bella giornata e che sarebbe preferibile una passeggiata allo schermo del pc, alle mail e tutto il resto.
O forse no.
Ci vorrebbe, certo, equilibrio. Che non conosco, io, o conosco poco.
Per cui eccomi qua, con Altri appunti, e poi vediamo.
Buona giornata
e benvenuti