C’è crisi, nella carta stampata.
Nel mio giornale per fortuna no.
Penso d’essere stato un buon timoniere.
Tra qualche giorno ci sarà una cena con giornalisti e collaboratori: se sono stato un buon timoniere (o capitano) lo devo anche a loro, che mi hanno seguito e apprezzato.
Non mi frega di sapere se questi collaboratori son di destra, sinistra e centro. Quando fai giornalismo devi “solo” dire le cose come stanno.
Provarci, con onestà.
Chiaro, non piace al potere. Ma la gente poi ti ripaga.
Ho assunto la direzione nel 2005, era il primo di aprile.
Più volte, sul mio giornale, ho scritto: nel caso il giornale dovesse vendere di meno rispetto agli anni precedenti (2004, 2003, 2002) io il alzo i tacchi, perché significa che non sono un buon timoniere.
Bene, nel 2007 il giornale ha registrato il record di vendite.
(Con una leggera riduzione della forza lavoro, perché ho concesso il part time ha una mia collega mamma, che era a tempo pieno).
L’anno scorso, piena crisi dell’editoria, non abbiamo tenuto i livelli del 2007 ma le vendite vanno meglio rispetto al 2004, 2003, 2002.
Ho scritto anche un’altra cosa, sul giornale: ci fossero interferenze degli editori (il padrone in redazione, insomma) io alzerei i tacchi.
Sulle vendite ho rischiato, però, e tanto.
Allora, si sa che – a prescindere di quello che dichiara la gente – è la cronaca nera l’argomento trainante: più morti ci sono, meglio se morti ammazzati, meglio se le morti son cruente, e più un giornale vende.
Bene, io ho ridotto, e tanto, l’impatto con la nera, in prima pagina.
Nell’editoria libraria alcuno sostengono che una buona copertina e un buon titolo siano tutto. Che siano questi due elementi, cioè, a determinare o meno il successo di un libro.
Nell’editoria giornalistica, soprattutto locale, si dice in buona sostanza la stessa cosa: che tutto dipende dalla prima pagina e dai titoli di cronaca nera.
In parte è vero.
Una morte cruenta, un delitto efferato, specie se corredato da fotografie, fanno vendere molto di più: sì, ma quel singolo numero.
Se invece uno punta a fidelizzare più lettori deve fare un discorso basato su tutto il giornale: dalla prima all’ultima pagina.
Se un giornale è solo la prima pagina, e tanti giornali locali sono solo la prima pagina, il giornale vivacchia di speranza: che capiti qualcosa.
Badate bene, però, ché quello che scrivo io, ora, può sembrare una sorta di autocelebrazione o autoincensamento.
In parte lo è, di sicuro è anche qualcosa che non dovrei scrivere: perché quando tu, direttore, dici che vuoi fare un giornale con non sia servile e che racconti e che denunci non sei il massimo della vita per un editore.
Un editore pensa: c’è di meglio.
Il meglio, per un editore è: un direttore che faccia credere di raccontare tutto, ma che poi medi, abbia un occhio di riguardo per esempio col mondo politico-istituzionale che poi ripagherà quest’occhio di riguarda con pagine di pubblicità.
Quando Berlusconi s’incazzò con Repubblica e invitò a non fare pubblicità su Repubblica io feci, tra me e me, i complimenti a Berlusconi: diceva, pubblicamente, quel che il Potere politico fa, da anni.
Un sindaco favorisce l’insediamento di un centro commerciale?
Se tu giornale sarai gentile tanto col sindaco quanto col centro commerciale ti arriverà pubblicità, se fai lo stronzo e dici cose che non piacciono o al sindaco o al centro commerciale, certo, te lo dirà nessuno questo, ma – magicamente – tu vedrai che la pubblicità finirà nelle testate che sanno come va il mondo (è questo, direi, il grande difetto di tanta editoria locale: deve essere “gentile” per sopravvivere).
Così va il mondo, così va il mio giornale per ora.
Che certe volte non mi soddisfa, vorrei maggiori approfondimenti, meno foto stupide di inaugurazioni, e più storie: di gente comune.
E si sbaglia, anche.
Un paio di mesi fa mi scrive una lettrice.
Perché avete scritto quell’articolo in quel modo?
L’articolo raccontava di una signora sposata che aveva avuto un amante bello e giovane ed extracomunitario. E che un giorno questo amante aveva iniziato a ricattarla: o mi dai i soldi o dico tutto a tuo marito. Lei aveva denunciato la cosa in questura, la questura aveva arrestato l’amante ricattatore, la signora vedeva finire la vicenda nel modo migliore: nessuno avrebbe saputo, di lei, nemmeno il marito.
Oddio la questura avrebbe potuto evitare di dire che si trattava di una signora (ora non ricordo bene) se di 43 o 42 anni. E poteva evitare di dire che l’amante-ricattatore era prestante. Ché tanti mariti di signore di 43 (o 42 anni) avran cominciato a farsi domande.
Noi però quel pezzo l’avevamo scritto male: dal momento che la signora sarebbe rimasta anonima il mio giornalista (è molto bravo, molto giovane, molto faccia di culo) si era sbizzarrito un po’ troppo in esercizi, diciamo, di fantasia non erotica, ma quasi.
Avremmo fatto meglio a raccontare in modo secco. E di errori così ne ho da raccontare.
Ma anche di giornate passate a fare bene il nostro mestiere.
Sono del segno della bilancia, quindi soppeso tutto, ogni giorno.
Con i miei editori ho spesso dissapori. Ma riguardano la “logistica” e le cose pratiche del giornale: distribuzione, sistema editoriale, investimenti.
Mai chiesto un centesimo, per me. Per i collaboratori invece sì.
Ciro Paglia, grandissimo giornalista da cui ho solo da imparare, mi dice che io son fortunato.
Io però di notte, a volte, sogno di aprire un giornale: solo mio.
(Anche una casa editrice, ma meno. Oppure sogno di tornare a fare il portiere di notte in un albergo: che è il lavoro più bello che ho fatto, in vita mia).