sorrisi di zingara

La domenica mattina è l’unico giorno che porto io a spasso il cane (ci diamo i turni, causa i miei orari è mio padre che, quasi tutti i giorni, lo porta a spasso).
E son tre domeniche, di seguito, che vedo, davanti a una chiesa, Maria, la zingara. Avrà trent’anni ma ne dimostra di più, ha un bel sorriso, però, nonostante gli manchi qualche dente.
Tre domeniche fa era seduta all’ombra, cullava il suo piccolo bimbo, in braccio. Le sono passato accanto, mi ha detto Buona giornata ma senza porgere la mano, così io, che non do mai nulla agli insistenti ma do qualcosa a chi invece non chiede nulla, le ho dato o uno o due euro, non ricordo. Il signore ti benedica, mi ha detto Maria la zingara, tre domeniche fa.
Due domeniche fa, invece, io ho visto lei ma lei non ha visto me.
Passando, l’ho vista che andava a sedersi sulla scalinata della chiesa. Mi son fermato a vedere, curioso: perché mentre Maria la zingara si stava accomodando è arrivato, stessa messa, stessa chiesa, stessa scalinata, un concorrente, un marocchino credo. Ho pensato, Magari si scannano ora. E invece l’uomo, appena arrivato, dice, a voce alta: Maria, allora, come va? Lei, Maria la zingara, ha risposto nel modo migliore: con una risata bella, sembrava dire quella risata, Come vuoi che vada? Va, ma era anche un saluto, cordiale.
Domenica scorsa, invece, mi ha visto. Era sempre lì, sulla scalinata, quindi io ero all’altro lato della strada. Sapete com’è: si saluta se si conosce e io mica la conosco, Maria la zingara. Lei, però, mi conosce: perché appena mi ha visto mi fa, Ciao, salutandomi anche con la mano.
Ciao le ho detto, pensando: sarà una buona giornata, oggi.

Chissà se Maria legge la mano.
Sarà stato il 1973 o il 1974.
Un mio amico (quante volte abbiamo fatto a botte, quante volte ci siamo presi in giro) improvvisa mente si ammala. Brutta, ma brutta malattia. Non lo vedo per mesi, quando lo rivedo è su una sedia a rotelle. Ha un tumore, è spacciato dicono. In effetti vivrà ancora un anno.
Ecco questo mio amico prima di ammalarsi aveva incontrato una zingara, all’Upim di Vercelli (dove ora ci sono Oracle e la Benetton). Non era solo questo mio amico, ora morto. Era con altri amici che avevamo in comune (ora persi di vista, benchevada ci si vede una volte ogni morte di papa), tutti testimoni, insomma, di quanto ora vado a raccontarvi.
Mentre stanno guadagnando l’uscita una zingara si avvicina a questo mio amico, ora morto.
Gli dice: Dammi la mano.
Lui: Ma non mi rompere.
Lei: Fammi leggere la mano, non voglio soldi.
Lui: Cazzo vuole questa (guardando gli altri, lasciandosi però prendere la mano).
Lei, guardando la mano: Vedo che la fine è vicina, ma dopo la fine vedo il trionfo.
Io questa frase la ricordo bene perché fu lui, già malato, a raccontarmela. Ma gli altri che avevano visto, confermarono.

Altri amici, però, obiettarono (quando lui era già malato): E’ una balla.
Io so solo questo. Una decina d’anni fa chiesi a un testimone. Mi disse, Sì, mi pare di sì.
C’è un pare di troppo.
Però quel mio amico, mentre stava peggiorando, si ricordava della zingara che gli aveva predetto morte e trionfo, e sorrideva, pure lui, un po’ come il marocchino sorride a Maria, la zingara, quando la domenica io passo a portare a spasso il cane e loro son lì, davanti alla chiesa, ad aspettare monete e smorfie.

3 pensieri su “sorrisi di zingara

  1. da noi li chiamiamo zingher ( con la z che è una mezza esse) ma è un termine confuso ormai.
    Gli zingher erano quelli che arrivavano con i carrozzoni, le vesti lunghe e gli orecchini ad anello, le loro donne leggevano la mano e di solito prima di darti la risposta finale ti dicevano di mettere una moneta sulla mano.
    Da anni invece nei nostri paesi vivono in pianta stabile gli stroleck ( credo derivi da astrologi questa parola) e sono quelli che una volta dormivano nei fienili e ora sulle automobili o furgoncini ai margini del paese, sempre sporchi e malvestiti. Praticamente sono stati adottati o meglio si sono fatti adottare facendo sempre lo stesso giro dei negozi e delle famiglie che li aiutano a sopravvivere con elemosine e donazioni di indumenti che dopo l’uso come sempre vengono abbandonati in qualche angolo della campagna.
    Da alcuni anni sono arrivati anche gli “slavi” con tanto di sottane lunghe le donne e visi scuri gli uomini, ma sono di un diverso ceto sociale, vivono in una bellissima casa, con automobili lussuose, sono educati e spendono parecchio nei negozi (non si è ancora capita la loro attività).
    Da noi c’erano molti marocchini e tunisini che facevano i muratori, ma con la crisi edilizia se ne sono andati quasi tutti, lasciando il posto a senegalesi che lavorano delle fabbriche di guarnizioni industriali.
    Chissà perchè ti ho fatto questo resoconto! Lo lascio lo stesso OK?

  2. Queste tue storie Remo… Così come le racconti mi si attaccano addosso, e un po’ le vivo. Io, la mano, non me la faccio leggere. Non ci credo che sulla nostra mano ci sia scritto il destino. Però… però non si sa mai.
    E il trionfo? Lo starà vivendo, il trionfo, il tuo amico?

    Milvia

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...